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Under 15 A-B

Fa il fenomeno in finale e commuove l'Italia: vince lo Scudetto e lo dedica al nonno che non c'è più

Saverio Vanacore è il gioiello dell'Inter Campine d'Italia

Saverio Vanacore, Inter

Saverio Vanacore, Inter

Ci sono cose che non si possono imparare. Non le insegni e non ci sono appunti che tengano: semplicemente, ce le hai nel DNA. Una di queste? Lo stile. Cappellino storto sulla testa, occhiali da sole, medaglia tra i denti e quella maglia bianca scritta con il pennarello nero che ha fatto discutere tutta l'Italia. No, non tutto si può insegnare. Ma se mai voleste tentare di copiare, a lezione di “Come si vince uno scudetto" andateci pure da Saverio Vanacore.

«Core napuletan'», di quelli purissimi. Che batte all'impazzata per le strade di Milano, che colora le vie del centro, che passa per Interello e porta con sé quel guizzo in più, quello che serviva per arrivare al tetto d'Italia. Di nuovo. I classe 2010 sono i più forti del Paese già da due anni, con Saverio - arrivato quest'anno dopo la parentesi romana - sono anche i più social (sprint_lombardia su instagram per la prova definitiva). Occhio però a concentrarsi solo sul post gara: tutto bellissimo, ma il vero spettacolo è a misura di rettangolo verde. Perché Saverio Vanacore, signore e signori, nel DNA ha innanzitutto chili e chili di calcio.

SULLA SINISTRA

Che fosse lui l'uomo della finale si era capito già dai primi 30 secondi dopo il fischio d'inizio. I compagni lo cercano come si cerca la stella polare nel mezzo della navigazione, nel pieno della tempesta lui è il ramoscello d'ulivo che porta ordine, pace e mette tutto al suo posto. Visto il tipo, sembra quasi un ossimoro. Eppure è tutto vero. È il pacificatore della fascia sinistra, quello che si prende il pallone sotto braccio - metaforicamente - e gli sussurra qualche incantesimo da film fantasy per fargli fare esattamente quello che vuole lui. Certi scatti per recuperare la sfera magica non si possono proprio spiegare: o eri lì a vederli, oppure li hai persi per sempre. E poi, tutto viene ripagato dal gol che - con il senno di poi - decide la partita (2-1 finale contro la Fiorentina). È quasi un marchio di fabbrica ormai: accentrarsi per andare a raccogliere il pallone in mezzo al campo, nasconderlo alle grinfie dei difensori e - quando nessuno davvero si aspetta il tiro - calciare con una forza inaudita verso la porta. Detto fatto. Con buona pace dei recenti avvenimenti della prima squadra, c'è anche un pezzo di Napoli in questo scudetto nerazzurro. 

PER IL NONNO

Un saggio una volta disse che le radici profonde non gelano. Anzi, più affondano nel terreno, più i frutti che regalano in superficie sono meravigliosi. L'inizio a Napoli, l'anno scorso alla Roma con 15 gol e 22 assist in Under 14, e nelle orecchie sempre una voce che lo richiamava verso Milano. È quella di nonno, interista fino al midollo, un uomo con un sogno nel cassetto: vedere il nipotino vestire la maglia con il Biscione sulla trama. Per Saverio il sogno nel cassetto del nonno si è trasformato in una promessa da mantenere. Anche adesso che non c'è più, anche ora che lo guarda affacciato dalla sua postazione privilegiata tra le stelle: un vero fuoriclasse mantiene sempre la parola data. E allora, quella maglietta di cui ha parlato tutta l'Italia? La dimostrazione vivente che il pegno è stato pagato: «Nonno, da te ho ereditato l'amore per l'Inter. Oggi lo porto in campo da Campione». Una dedica, un patto di sangue, il patrimonio delle radici. Nella notte di Rieti, Saverio Vanacore guarda le stelle e sorride: da qualche parte, il nonno ha avverato il suo sogno più grande. 

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