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Lutto

Addio ad una bandiera amatissima dai tifosi, 404 presenze con la stessa maglia e 2 Coppe Italia vinte

Vasto cordoglio nel mondo del calcio dei bei tempi per la scomparsa di un giocatore esemplare, mai sopra le righe

BOLOGNA SERIE A - FRANCO CRESCI

BOLOGNA SERIE A - Franco Cresci, classe 1945, con la maglia rossoblù ha giocato dal 1968 al 1979 per poi chiudere la carriera nel Modena nelle categorie inferiori

Chi non ha mai canticchiato «Buso, Roversi, Cresci…»? È il ritornello che profuma di scarpini di cuoio e domeniche allo stadio, un’eco di calcio vero, ben lontano da quello attuale dove non sempre viene premiato il merito. Oggi Bologna piange Franco Cresci, terzino di ferro rossoblù degli anni ’70, scomparso nella mattinata di mercoledì 13 dopo una lunga malattia. Un combattente inossidabile, 7° per presenze nella storia rossoblù con 404 gettoni in 11 stagioni dal 1968 al 1979: numeri da totem, non da comprimario.

MILANO, VARESE, BOLOGNA: LA SCALATA DI UN TERZINO D’ACCIAIO
Nato a Milano nel 1945, Cresci dopo un inizio nelle giovanili dell'Inter e una prima esperienza tra i Dilettanti con il Rapallo, si mette in mostra nel Varese, appena salito dalla B alla A accanto a un giovane Pietro Anastasi. Arriva a Bologna nel 1968, nel post scudetto, in un gruppo con reduci del calibro di Giacomo Bulgarelli, Marino Perani e Romano Janich. Lì entra dritto nella memoria collettiva dei tifosi felsinei: «Buso, Roversi, Cresci…». Il portiere cambiava, ma lui e Tazio Roversi (più giovane di 2 anni ma già scomparso da molto tempo, nel 1999) no: coppia fissa in campo e amici anche fuori, fino alle vacanze in famiglia. Quando la fascia era una frontiera, Cresci era il doganiere.

VERSATILE, RUVIDO, VINCENTE: IL SUO CALCIO
Terzino o stopper, all’occorrenza mediano «ruvido»: Cresci interpretava il ruolo con essenzialità operaia e tempi giusti d’inserimento. Tiro dalla distanza discreto, marcature serrate come morsi: così ha messo il sigillo su trionfi e salvezze. Nel suo palmarès spiccano due Coppe Italia (1970 e 1974) e una Coppa Italo Inglese, oltre a tre salvezze al cardiopalma in anni in cui Bologna lottava spesso con il coltello tra i denti. Per lui il calcio era pane quotidiano, sudore e disciplina. Come d'altronde dovrebbe essere anche in tempi attuali.



UNDICI STAGIONI DA COLONNA, POI LA PANCHINA E I DERBY DI PROVINCIA
Dal 1968 al 1979 Cresci è colonna rossoblù, poi il trasferimento a Modena (per seguire l'amico Bruno Pace), dove conquista una promozione in C1 nella stagione 1979-1980. Quindi la panchina come allenatore: prima Modena, Carpi e San Lazzaro, poi nel 1993 affronta da avversario il Bologna (nel frattempo rotolato in basso) in un derby di terza serie con il suo Crevalcore, club che aveva guidato dai dilettanti alla Serie C1. Prosegue quindi in Emilia Romagna nelle serie inferiori, fino al Progresso. Una carriera vissuta con passione viscerale, senza perdere l’umiltà di chi conosce i campi veri e l’odore dell’erba bagnata.



L’EREDITÀ DI UN DIFENSORE CHE NON MOLLAVA MAI
Restano negli occhi dei tifosi le sue scivolate pulite, i duelli vinti, le botte date e prese con onestà di mestiere. Restano i gol pesanti arrivati di rincorsa, i tempi d’inserimento perfetti come un cross al bacio, e soprattutto la serietà di un professionista che ha amato il Bologna fino all’ultimo fischio. Perché certi terzini non passano: restano, come strisce d’erba più verdi sulla memoria. La città si stringe attorno al ricordo di un difensore taciturno e concreto, «uno di quelli su cui fare affidamento ad occhi chiusi». I funerali si terranno sabato 16 alle 10.30, alla chiesa di San Disma e San Carlo in Via Seminario, 2, alla Pulce di San Lazzaro. L’ultimo applauso a chi ha difeso quella maglia come una seconda pelle.

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