Capita che un’eliminazione sappia di futuro più che di rimpianto. A Pontedera hanno appena salutato la Coppa Italia, ma nel giorno in cui il risultato brucia arriva anche una luce granata potente: le 200 presenze di Gabriele Perretta. Un traguardo che non si mette in bacheca come una Coppa, ma che pesa come un capitano che regge il timone nella burrasca. Sì, perché certe cifre raccontano appartenenza, fatica, chilometri macinati e una professionalità che non conosce pause, come quelle diagonali difensive fatte d’istinto e mestiere.
PERRETTA, 200 VOLTE GRANATA: IL PESO DI UNA CIFRA
Duecento. Un numero tondo, da regista rigoroso della propria storia. Perretta, classe 2000, ci è arrivato senza fuochi d’artificio, ma con la sostanza di chi, maglia granata addosso, ha visto passare stagioni, sistemi di gioco e avversari. In conferenza stampa, dopo la sconfitta in Coppa Italia contro il Perugia, il difensore ha messo insieme emozione e lucidità: «Sono felice di aver raggiunto un traguardo prestigioso con il Pontedera». Un attestato senza fronzoli, la stretta di mano al club e al pubblico. Perché il calcio è anche memoria, ed è giusto sottolinearlo quando l’ennesima domenica (o mercoledì) di campo lascia il segno, nel bene e nel male.
L’ANALISI DEL MATCH: COMPATTEZZA, RIPARTENZE E QUEL MALEDETTO ULTIMO PASSAGGIO Nella stessa dichiarazione,
Perretta ha spalancato la finestra su una prestazione collettiva da parte della squadra di
Leonardo Menichini che non merita il timbro esclusivo della
delusione. «Abbiamo preparato la gara al meglio e siamo stati anche compatti e rapidi nelle
ripartenze». Tradotto: partita studiata, baricentro ordinato, linee corte e gamba pronta a ribaltare il fronte. Il vocabolario tattico è tipico di chi sa che, contro avversari organizzati, bisogna saper soffrire e pungere. È andata così? A tratti sì. La chiave, però, è racchiusa in un dettaglio che sposta le montagne: «Forse ci è mancato l’
ultimo passaggio». Ecco l’ago della bilancia. Perché nelle gare a
eliminazione diretta, quando la coperta è corta e i margini d’errore si assottigliano come una linea laterale scolorita, il tocco finale è l’assist che cambia il destino, la giocata che trasforma un’azione ben costruita in un gol.
L’ESTREMO DIFENSORE DEL PERUGIA PARA LA SERATA Se poi dall’altra parte c’è un portiere in giornata, la strada si fa sterrata.
Perretta è netto: «Il portiere del
Perugia è stato bravo a salvare almeno 3-4 situazioni». Il che significa che le occasioni ci sono state, non solo le intenzioni. E quando un portiere «sceglie» la partita per diventare protagonista, bisogna riconoscere il merito e incassare la lezione. È la crudeltà romantica del calcio: puoi fare tutto bene fino a quel metro conclusivo, ma se il numero uno avversario si allunga come un gatto o chiude lo specchio con timing perfetto, la rete resta inviolata e la tua serata prende un’altra piega.
MENTALITÀ GRANATA: RIALZARSI È NEL DNA La parte più interessante, però, arriva nella chiosa del difensore granata, che suona come un manifesto programmatico: «Ora dobbiamo tuffarci di testa nel
campionato: sarà un'altra storia e dovremo farci trovare all'altezza delle situazioni». Parole pesanti, da spogliatoio e da campo. «Tuffarsi di testa»: immagine potente, il colpo di reni che serve per cambiare marcia. «Un’altra storia»: tradotto, nuovi capitoli, altri avversari, una classifica che si scrive settimana dopo settimana. «Farsi trovare all’altezza»:
identità, organizzazione, fame. Si riparte da qui, dal cemento armato della mentalità.
DALLA DELUSIONE ALLA COSTRUZIONE: IL PONTE PER IL FUTURO
Il bello del calcio è la sua memoria corta e lunga insieme. Corta, perché il prossimo fischio d’inizio cancellerà molte delle scorie della Coppa. Lunga, perché le 200 presenze di Perretta resteranno una pietra miliare, un punto fermo attorno a cui costruire. Il Pontedera ha appena ricevuto un promemoria tecnico (lavorare sull’ultimo passaggio) e un’iniezione di identità (compattezza e ripartenze). La somma fa una squadra che sa chi è e che cosa vuole diventare. E adesso? Adesso si gioca davvero, perché «sarà un'altra storia» e i granata hanno già messo l’elmetto.