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Confusione Italia: uniche certezze ora in attacco, c'è una generazione da ricreare al di là del risultato

La vena realizzativa ritrovata non nasconde gli evidenti problemi difensivi degli Azzurri e la mancanza di spessore delle alternative

Confusione Italia: le uniche certezze ore sembrano essere in attacco, al di là del risultato c'è una generazione da ricreare

Moise kean, senza dubbio la nota più lieta, insieme a Mateo Retegui, delle prime due uscite della gestione Gattuso sulla panchina della Nazionale italiana

Non bisogna nascondersi: dopo l'esonero di Luciano Spalletti avvenuto quest'estate, la missione unica del Team Italia è quella di portare la barca in porto, senza badare alla forma. Si è optato dunque per una scelta pragmatica e allo stesso tempo "populista" come quella di Gennaro Gattuso, coadiuvato da Gigi Buffon e Leonardo Bonucci, senza dimenticare l'inserimento di Cesare Prandelli nei quadri dirigenziali della Federazione. Un ritorno al "glorioso" passato che per molti era doveroso, dettato dalla necessità di trasmettere a questo gruppo valori come l'appartenenza, il sacrificio e la forza del collettivo, temi fondanti che hanno portato Gattuso e compagni al successo nel 2006. Il carisma e lo status hanno avuto la meglio sul "pedigree" da allenatore non propriamente esaltante dell'ex centrocampista azzurro, chiamato ad un riscatto personale a tutti gli effetti. Si può dire che sia una sorta di "ultima spiaggia" per entrambe le parti e, proprio per questo motivo, una missione da non fallire. Ma se la prima uscita con l'Estonia sembrava aver restituito una minima parvenza di tranquillità, il match con Israele ha fatto riemergere con prepotenza una serie di lacune che il gruppo si porta dietro da diverso tempo ormai. Leggerezza mentale, fragilità difensiva, centrocampo ancora troppo confusionario.

IN ATTACCO LE UNICHE CERTEZZE?

Da circa 10 anni a questa parte la nazionale è afflitta da una vera e propria "carenza di bomber": dal post mondiale brasiliano molti attaccanti hanno occupato la casella del centravanti titolare, ma nessuno è mai riuscito a convincere a pieno. Nemmeno un bomber come Ciro Immobile, capace di gonfiare le reti di tutta Italia in Serie A, è riuscito a instaurare un buon feeling con la maglia azzurra. Gennaro Gattuso ha ovviato a questo problema con la soluzione delle due punte: un discorso che va chiaramente applicato tenendo in considerazione il livello (modesto) degli avversari, ma Mateo Retegui e Moise Kean hanno dato segnali di ripresa e di un'intesa crescente. Tre gol in due partite per la punta viola, due reti e tre assist per l'ex Atalanta. Un tandem d'attacco che si completa molto bene, Retegui è stato chiamato a fare tanto lavoro sporco per i compagni, Kean ha sfruttato alla perfezione gli spazi e la profondità che è chiamato ad attaccare. Menzione onorevole anche per quello che è a tutti gli effetti il terzo attaccante nelle gerarchie, un vero e proprio dodicesimo uomo, Giacomo Raspadori: 4 gol nelle ultime 5 partite, 3 consecutivi e 3 di questi arrivati da subentrato. L'ex Napoli è un jolly che per caratteristiche è un unicum in questo gruppo, capace di segnare gol pesanti con un tempismo perfetto. Aspettando i rientri di Gianluca Scamacca e Lorenzo Lucca e monitorando la crescita di Francesco Pio Esposito, l'Italia ha il suo attacco titolare.

DIFESA BALLERINA, CENTROCAMPO A INTERMITTENZA

I due match appena conclusi hanno evidenziato come la difesa sia ancora un tallone d'Achille per la nazionale: ottimi interpreti nei rispettivi club, ma ancora troppo insicuri quando si tratta di uscire dal seminato. Contro l'Estonia le occasioni avversarie erano state nulle, complice il livello molto modesto dell'attacco estone. L'Israele invece, con scambi a terra e triangolazioni veloci, è riuscito a mettere in seria difficoltà gli azzurri che sono parsi troppo lenti e spaesati. Bastoni e Di Lorenzo non convincono da braccetti, costantemente infilati sugli esterni, Mancini non è sembrato sicuro come quando indossa la maglia giallorossa. I due grossolani autogol inquadrano alla perfezione la situazione della difesa, con lo stesso Donnarumma che è sembrato meno sicuro del solito. Che sia a tre o a quattro, la quadra sembra ancora essere lontana, starà al CT cercare di trovare l'equilibrio tra esuberanza offensiva e solidità difensiva, provando a coinvolgere maggiormente il centrocampo nel contenimento degli avversari. Centrocampo che contro Israele è tornato ad essere a 3 con l'inserimento di Locatelli a discapito dell'acciaccato Zaccagni. Il capitano della Juventus è parso decisamente compassato e fuori fase, così come Nicolò Barella, troppo falloso e precipitoso nelle scelte. Sandro Tonali si è preso la scena non solo per la rete decisiva, ma per una condizione di forma smagliante di gran lunga superiore a tutti i suoi compagni. In attesa del miglior Barella, il centrocampista del Newcastle sembra essere una delle poche certezze di questo gruppo, che si tratti di difendere, attaccare o impostare. Nel caso il centrocampo a 3 venisse riproposto in futuro si potrebbe pensare al coinvolgimento di interpreti come Fagioli, Ricci, Rovella o Nicolussi Caviglia, forse più congeniali al ruolo di regista davanti alla difesa.

ESISTE UN PROGETTO ITALIA A LUNGO TERMINE?

Bisogna chiudere con un quesito tanto doveroso quanto spinoso. In questo preciso istante è chiaro che sia difficile parlare di progetto: Gennaro Gattuso è stato ingaggiato per provare ad acciuffare l'ultimo treno disponibile per il Mondiale e per mettere fine ad un digiuno che dura da 11 anni. Saltare il terzo mondiale di fila sarebbe un dramma, soprattutto per la nuova formula che consente l'accesso a ben 48 squadre. Questa necessità del "tutto e subito" ha progressivamente spostato il focus sui risultati e non sulla crescita dei giovani. Interpreti come Politano e Di Lorenzo (32 anni), Mancini e Barella (29 e 28 anni) non sembrano avere alle spalle alternative giovani che possano prendere in consegna la torcia una volta finito il ciclo. Il rischio è quello di arrivare al Mondiale in modo rocambolesco e non riuscire poi a reggere il ritmo di nazionali giovani ed esuberanti per assenza di alternative fresche e di livello. Non ci si può permettere una visione così miope e poco lungimirante coi tempi che corrono, e non è certo colpa di Gennaro Gattuso, che si è trovato dentro una situazione complicata da gestire. L'auspicio è quello di riuscire a disputare il Mondiale 2026 per poi concentrare tutte le energie sulla costruzione di una nuova generazione di calciatori che possa guidare la nazionale a traguardi importanti.

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