Un derby senza casa e senza pubblica sarebbe davvero un derby monco. A Rimini il pallone rotola già con il fiato corto, e non è colpa del cronometro. Il club biancorosso torna a tremare sulla questione stadio, una matassa che sembrava allentata dopo il via libera ottenuto in extremis per la sfida con la Ternana grazie al TAR. Ma ora la partita più attesa — il derby con il Forlì del 19 settembre — è di nuovo sul filo del rasoio. Sospensiva o non sospensiva? Il copione, stavolta, rischia di essere diverso. E di pesare come un gol preso al 90’.
IL CONTESTO: UN EQUILIBRIO PRECARIO TRA COMUNE E CAMPO Il cuore del problema è semplice e spinoso insieme: il diniego di concessione dello
stadio da parte del Comune, già aggirato per la
Ternana con una sospensiva del
TAR, potrebbe non essere «replicabile» per il
Forlì. Nella pronuncia di domenica scorsa, infatti, il tribunale amministrativo ha dato il semaforo verde perché la gara era stata classificata come a basso profilo di
rischio. Una sfida piatta sul piano dell’ordine
pubblico, almeno sulla carta. Il
derby, invece, è un’altra musica:
rivalità, attese, flussi più consistenti, un’atmosfera che accende le curve e alza la temperatura intorno all’impianto.
PERCHÉ IL PRECEDENTE CON LA TERNANA NON FA TESTO La chiave è tutta nella valutazione del
rischio. Quella con la
Ternana è stata considerata «gara non a rischio», e su quel presupposto il
TAR ha concesso la sospensiva del diniego comunale. Con il
Forlì la storia cambia. Un
derby richiede un potenziamento del servizio
steward e dei servizi di
prefiltraggio e
filtraggio. Tradotto: più uomini, più controlli, più procedure. È la differenza tra un’amichevole d’agosto e una sfida da dentro o fuori sul piano dell’ordine
pubblico. E quel «fattore» che ha sbloccato la precedente partita, stavolta non può essere utilizzato.
LA CORSA CONTRO IL TEMPO E L’OMBRA DEL 3-0 A TAVOLINO E se non si gioca a
Rimini? Lo scenario è scritto nero su bianco. Il club dovrà cercare rapidamente un altro
stadio. Rapidità vera, da contropiede: perché le ore pesano, la logistica morde e i margini si assottigliano come una difesa stanca. Altrimenti, sullo sfondo, incombe il
3-0 a tavolino. La sconfitta che non arriva dal campo ma dalle carte, la più indigesta per chi vive di sudore, tattica e coraggio. È un
rischio concreto, che trasforma una settimana normale in una settimana da brividi.
LA CITTÀ, I TIFOSI, LA RIVALITÀ: QUANDO IL DERBY VALE PIÙ DI UNA PARTITA Rimini-
Forlì non è un incrocio qualsiasi. È un
derby, parola che in Italia manda il sangue in circolo a qualsiasi livello. E che torna dopo qualche anno di assenza. Una sfida che mette faccia a faccia comunità, memorie, orgoglio territoriale. Per questo la questione
stadio pesa doppio: non si tratta solo di giocare o non giocare, ma di dare un palcoscenico all’appartenenza. Il
club biancorosso è stretto tra
prudenza istituzionale e voglia di normalità sportiva, con i
tifosi che aspettano una risposta chiara: si potrà andare allo
stadio il 19 settembre?
UNA DOMANDA APERTA CHE VALE UNA STAGIONE
La posta in gioco? Non solo tre punti, ma la credibilità di un percorso, l’affidabilità di un’organizzazione, il dialogo tra chi tutela la sicurezza e chi vive di pallone. Il 19 settembre si avvicina a grandi falcate. Riuscirà il Rimini a imbucare la palla giusta tra i corridoi dell’amministrazione e le maglie dei regolamenti? Oppure il derby con il Forlì diventerà una partita senza pallone, decisa dalla burocrazia? Il campo, quello vero, aspetta soltanto il fischio dell’arbitro. Il resto è una corsa contro il cronometro.