Un rigore nei minuti di recupero pesa davvero tanto. A volte pesa come un'intera stagione, altre come un debito d’onore da saldare con la propria gente. Stavolta, per la Salernitana, è stato un colpo da 3 punti timbrato da Antonio Donnarumma, guantoni caldi e nervi d’acciaio, contro il Sorrento nella partita terminata 2-1 nel Girone C di Serie C. Un attimo sospeso, l’aria che si fa densa, il dischetto che brucia. Santini di fronte, la porta alle spalle, la Curva Sud a spingere come un vento di maestrale. E il portiere granata classe 1990 che si stende e blinda la vittoria: parata nel recupero, palcoscenico perfetto per un capitano di serata senza fascia ma con il cuore grande così.
LA SCINTILLA NEL MOMENTO DECISIVO È la classica sliding door di cui parlano i tecnici: si apre la porta dei rimpianti o si spalanca quella della gioia.
Donnarumma, protagonista assoluto nel finale, nel post partita lo racconta con la lucidità di chi ci è stato dentro fino all’ultimo respiro: «Grande emozione parare un
rigore con la curva dietro. Abbiamo reagito bene dopo essere andati sotto e nel finale abbiamo saputo soffrire». È un manifesto di calcio operaio e romantico, insieme. Si va sotto, non ci si sfilaccia, si rimette palla al centro e si risale la corrente come un salmone di acciaio. La
Salernitana ha ribaltato la partita e, quando il match ha chiesto il conto, al minuto numero 92, il suo portiere ha firmato la ricevuta.
ERRORI, CARATTERE E IL MANTRA DEL GRUPPO «Ci sono stati alcuni errori, ma siamo stati bravi a non mollare e a ribaltare la partita. Sono contento della mia prestazione ma l’importante erano i
3 punti». Una frase che vale un corso accelerato di
leadership in spogliatoio: si riconoscono le sbavature, si esalta il collettivo, si mette il risultato sopra la gloria personale. In un calcio che spesso si perde tra grafici e percentuali, il messaggio è chiaro: c’è un
gruppo che rema, c’è una rotta condivisa. «Sappiamo di avere un
gruppo forte e unito, dobbiamo continuare a lavorare e migliorare in fretta». Tradotto in gergo: baricentro mentale alto, compattezza tra reparti, testa leggera e piedi pesanti quando serve.
LA CURVA SUD COME DODICESIMO UOMO Il passaggio che vibra nell’aria è quello che lega campo e gradoni, sudore e voce. «Quel
rigore l’ho parato insieme alla
Curva Sud, bellissimo l’abbraccio finale con la squadra e la gente». In quelle parole c’è la fotografia dell’istante: le mani che volano, il boato che esplode, l’abbraccio che scioglie la tensione. La
Curva Sud non è semplicemente un pubblico: è il metronomo emotivo, il tamburo che detta i battiti. Parare «insieme» significa trasformare una parata in un gesto collettivo, un assist del tifo che diventa salvataggio di squadra. Quante volte il calcio ci ricorda che i centimetri si guadagnano anche con il cuore?
DAL SOTTO AL SOPRA: IL PESO DELLA RIMONTA Il copione della partita parla chiaro nelle parole del portiere: la
Salernitana «è andata sotto» e poi ha «saputo soffrire» fino a «ribaltare la partita». Nessun dettaglio da romanzo d’appendice, solo l’essenziale. Ma basta per leggere la mappa mentale: reazione, gestione, strappo. È la sequenza tipica delle squadre che non muoiono mai, che si tengono in partita e aspettano il varco giusto. E quando l’avversario punta al colpo finale, arriva la mano sulla spalla: non oggi. Il
rigore di
Santini nel recupero diventa così l’ultimo assalto del Sorrento respinto, la cassaforte che resta chiusa quando il ladro è già sulla maniglia.
LA FAMIGLIA DEI PORTIERI: LA PARENTESI “GIGIO” Nella sala stampa, tra un respiro ancora corto e un sorriso largo, spunta anche la nota di casa, quasi una carezza familiare. «Gigio? Ho saputo che anche lui è andato bene col
Manchester City: una soddisfazione in più per la nostra
famiglia». Il cognome,
Donnarumma, suona come una scuola di specializzazione tra i pali. Stessa posizione, stesso mestiere: fermare il tempo in un secondo. E nel giorno in cui
Antonio blinda i
3 punti contro il Sorrento, la menzione al fratello che «va bene» contro il
Manchester City diventa un piccolo specchio di orgoglio condiviso. Passaggi di testimone emotivi, da un campo all’altro.