CROTONE SERIE C - Gianni Vrenna, presidente del club calabrese, pronto a collaborare con gli amministratori giudiziari
Chi l’avrebbe detto che una delle partite più impegnative del Crotone non si sarebbe giocata sull’erba, ma tra faldoni e verbali? Eppure è così: un pressing alto, altissimo, quello messo in campo da Procura Nazionale Antimafia, Procura distrettuale di Catanzaro e Questura di Crotone ha portato a un fischio che fa rumore. Il tribunale di Catanzaro, seconda sezione penale – misure di prevenzione, ha disposto l’amministrazione giudiziaria per 12 mesi dell’FC Crotone, club del girone C di Serie C. Una decisione che pesa come una traversa scheggiata al 90’, e che nasce da una proposta congiunta degli inquirenti dopo un’indagine che ha frugato tra i meandri del pallone di provincia e le ombre più lunghe del territorio.
COSA È SUCCESSO E PERCHÉ CONTA Secondo una nota della Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro, il procedimento «Glicine-Acheronte» ha fatto emergere indizi pesanti come un difensore di categoria: per oltre un decennio, la gestione del club sarebbe stata sottoposta a un'attenzione «asfissiante» da parte di esponenti delle cosche locali di ’ndrangheta. Non un raddoppio di marcatura qualsiasi, ma una pressione capillare sull’attività economica della società, considerata «rilevante e appetibile». Il calcio, lo sappiamo, non è solo gol e coreografie: è anche un crocevia di «importanti e non sempre tracciabili flussi monetari» e una vetrina di visibilità sociale che, per chi cerca riflettori, vale più di una fascia da capitano.
IL CUORE DELL’INDAGINE: «GLICINE-ACHERONTE» Il nome in codice suona come un dribbling tra profumi e mitologia, ma il campo è reale: Polizia e Carabinieri del ROS hanno messo in fila prove investigative che, messe una accanto all’altra, compongono un mosaico inquietante. Al centro, scrivono gli inquirenti, il libero esercizio delle attività della società sarebbe stato difficoltoso, in particolare nei settori della security e della gestione degli ingressi allo stadio. Zone nevralgiche, veri cancelli del fortino: chi controlla varchi e sicurezza, in uno stadio, spesso decide chi entra e come, con quali servizi e a quali condizioni. È lì che l’«assoggettamento» ipotizzato avrebbe agevolato attività illecite di soggetti legati a contesti ’ndranghetistici locali.
UN CALCIO CHE FA GOLA: FLUSSI E VISIBILITÀ Perché il pallone attira? Perché una squadra di calcio è un megafono e un bancomat: genera denaro, attenzioni, appartenenza. La stessa nota della DDA catanzarese lo mette nero su bianco: il calcio produce «importanti e non sempre tracciabili flussi monetari» e concede una grande visibilità sociale. Tradotto nel nostro gergo: può essere una zona calda di campo, una trequarti dove si può rifinire la manovra con l’ultimo passaggio che fa male. Se poi le maglie della legalità si allargano, è un attimo finire in fuorigioco di sistema.
IL PROVVEDIMENTO: DODICI MESI PER TORNARE A GIOCARE PALLA A TERRA L’amministrazione giudiziaria, disposta dal tribunale di Catanzaro, non è un cartellino rosso che manda tutti negli spogliatoi, come ha precisato la stessa società in una nota: «Esamineremo con cura il provvedimento provvisorio del Tribunale di Catanzaro e ci prepareremo per l’udienza prevista per la sua discussione in programma il 13 ottobre. Registriamo che non si tratta affatto di un provvedimento punitivo: la misura è stata adottata perché l’autorità giudiziaria ritiene che l’FC Crotone abbia subito il potere di intimidazione della 'ndrangheta e non ipotizza, neanche lontanamente, complicità o connivenze della società, dei suoi soci o dei suoi dirigenti e collaboratori. L’Fc Crotone collaborerà attivamente con gli amministratori giudiziari nominati dal Tribunale per proseguire le proprie attività nell’interesse della società, dei tifosi e in generale dello sport» è il pensiero societario espresso dall'avvocato Francesco Verri.
CROTONEE IL TERRITORIO: QUANDO IL PALLONE ÈIDENTITÀ Crotone non è solo una maglia e uno stadio: è una comunità. E quando una squadra finisce nel mirino per ragioni che superano il terreno di gioco, il colpo risuona nelle strade, nei bar, nei settori dello stadio. La misura di amministrazione giudiziaria non punisce la passione: prova a difenderla, a proteggerla da interferenze che nulla hanno a che vedere con i cori e le bandiere. Dodici mesi sono un girone intero, più recupero: tempo sufficiente per rimettere in ordine la linea difensiva, togliere la ruggine dai meccanismi e ridare fiducia a chi vive il calcio come rito e appartenenza.
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