Una serata amara, un punteggio che pesa e, tra le pieghe di un’altra sconfitta, quel «piccolo sorriso» che spunta come un raggio di sole tra le nuvole. A Como finisce 2-1 e la Fiorentina resta a caccia della prima vittoria in campionato. Ma la notizia che scalda Firenze non sta solo nel tabellino: è l’esordio in Serie A di Niccolò Fortini, classe 2006, rientrato dal prestito alla Juve Stabia in Serie B. Un battesimo in acque agitate, certo. Eppure, proprio lì, dove la palla scotta e i punti pesano come macigni, il ragazzo si è presentato con la faccia giusta.
UN KO CHE BRUCIA, UN SEGNALE CHE RESTA Domenica sera contro il
Como la
Fiorentina ha incassato la seconda
sconfitta in campionato. Una gara in chiaroscuro per la squadra di
Stefano Pioli, di quelle che ti lasciano in bocca il sapore del rammarico. Il 2-1 non è un dettaglio, è un macigno: la
classifica chiama, l’autostima barcolla e la prima vittoria continua a sfuggire. Ma tra le righe di un risultato a sfavore, s’intravede una traccia, un indizio di
futuro che non va ignorato. Non è forse dalle serate complicate che si misurano le fibre morali di una squadra?
FORTINI, 2006, E LA FACCIA TOSTA DEI PREDESTINATI Niccolò Fortini entra al 22’ al posto d
i Lamptey e il cronometro segna l’inizio di qualcosa. Fascia destra, nuovo
4-4-2 disegnato da
Pioli, compiti chiari: correre, accorciare, spingere, raddoppiare. Il ragazzo non ci pensa due volte: prende l’autostrada della corsia e mette subito sul tavolo personalità e intraprendenza, in entrambe le fasi. Non è un dettaglio: quando esordisci in
Serie A in una gara delicata e lo fai senza tremare, significa che la
testa è già al piano di sopra. E la
testa, in questo sport, è metà dell’opera.
IL 4-4-2 DI PIOLI: ORDINE, AMPIEZZA E CORAGGIO SULLE FASCE Il nuovo vestito tattico cucito da
Pioli parla un linguaggio semplice e esigente: blocco compatto, linee corte, esterni pronti a dare profondità e coperture intelligenti.
Fortini si inserisce in questo spartito con naturalezza, mostrando quanto un esterno moderno debba essere bidirezionale: spazzola la linea laterale, si abbassa a chiudere, riparte in conduzione, offre una traccia per il cambio gioco. Non è il numero di giocate riuscite a fare la differenza in una notte così, ma il tono: la
disponibilità al
sacrificio, la velocità nel pensiero, la fame di prendersi il pallone anche quando scotta.
UNA GARA IN CHIAROSCURO: TRA ATTESE, STRAPPI E RIMPIANTI La partita resta un mosaico di pezzi mancanti. La
Fiorentina costruisce trame ma si smarrisce quando si tratta di affondare il colpo, mentre il
Como interpreta la serata con lucidità e cinismo sufficienti a portare a casa i tre punti. Finale amaro, sì, e la Viola che deve masticare ancora la parola «occasione». Ma l’impressione è che questo percorso, tortuoso e faticoso, stia chiedendo alla squadra di consolidare automatismi e gerarchie. Serve tempo? Forse. Serve soprattutto concretezza nelle zone che decidono le partite.
IL CONTESTO CONTA: ESORDIRE QUANDO LA PALLA PESA Debuttare quando il vento è contro vale doppio. L’onda emotiva non è quella di un successo largo che ti permette di gestire col pilota automatico; è il contrario. E in questo contesto l’ingresso di
Fortini al 22’, con la
Fiorentina a inseguire equilibri e certezze, diventa una cartina al tornasole. Perché l’intraprendenza, in serate come questa, non si simula: o ce l’hai, o si vede che manca. E il ragazzo del vivaio gigliato ha dimostrato di volerci stare, di volerci provare, di non avere paura di sporcarsi i parastinchi. Vedere un 2006 gettarsi nella mischia e tenere la posizione riduce la distanza tra presente e
futuro. Parla alla curva e parla ai compagni, perché dice una cosa chiara: dentro questa rosa c’è materiale su cui lavorare, c’è energia giovane pronta a prendere posto nel motore.