Quante volte un pallone messo giù a 20 metri dalla porta può pesare come un macigno? E quante volte serve aspettare, sudare, rifare il gesto mille volte in allenamento prima che il boato arrivi davvero, come una stretta allo stomaco? Fabio Morselli, attaccante dell’Alcione Milano, quella stretta l’ha sentita sul serio: nel pari contro il Renate ha timbrato su punizione e, parole sue, «dopo 5 anni ci sono finalmente riuscito». Una frase che profuma di liberazione, di perseveranza, di quelle che raccontano più di mille statistiche.
LA CAREZZA (O LA FRUSTATA) CHE ROMPE L’INCANTESIMO Non è stato un
gol qualunque. È stato il
gol cercato, il pezzo mancante in un puzzle personale che
Morselli ha rimontato con la pazienza dell’artigiano. In conferenza stampa nel post partita l’attaccante orange ha sorriso e scherzato, ma il messaggio era chiarissimo: tornare a segnare su piazzato non è un episodio, è il frutto di una costruzione. «Il
gol su
punizione? Dopo 5 anni ci sono finalmente riuscito. A parte gli scherzi, ci stiamo allenando tanto su questo tipo di soluzioni, ogni
sabato facciamo una sessione apposta». Non c’è improvvisazione quando il pallone oltrepassa la barriera e si infila dove il portiere non arriva: c’è il mestiere, c’è l’ossessione di ripetere il gesto, c'è quell'«ogni sabato» che suona come un mantra.
IL PARI COL RENATE E QUEI TRE PUNTI RIMASTI LÌ La partita? Finita in parità sull'1-1, con il rammarico nelle parole e nei volti dei protagonisti.
Morselli non si è nascosto: «Per com’è andata la partita probabilmente meritavamo i 3 punti, abbiamo avuto parecchie occasioni che non siamo riusciti a sfruttare, ma il calcio è anche questo». Ecco la doppia faccia del pallone: crea e punisce, dà e toglie, lascia la sensazione di aver fatto quasi tutto bene e ti ricorda che «quasi» non basta. Quante volte l’abbiamo visto? Occasioni a grappoli, la palla che balla sulla linea, una deviazione che cambia il destino. Ma se sei squadra, se resti dentro la partita, anche un pari può diventare una pietra angolare: perché porta consapevolezza, perché certifica che la strada intrapresa è quella giusta. E quando a firmare la partita è un attaccante che sblocca un conto aperto da anni sul tema punizioni, il segnale nello spogliatoio passa forte e chiaro.
L’OFFICINA DEL SABATO: QUANDO I PIAZZATI DIVENTANO SCIENZA«Ogni
sabato facciamo una sessione apposta». È la frase che accende un faro sul
lavoro dell’
Alcione Milano. Non è un dettaglio, è una filosofia: i
calci piazzati come
laboratorio settimanale, un’officina dove si miscelano scelta del piede, rincorsa, tempo, lettura della barriera. Ci si sporca le mani, si sbagliano dieci volte per entrare una volta nel sette la domenica. Perché le partite si vincono (o non si perdono) anche da fermo: punizioni come chirurgia, angoli come ingegneria, rimesse come tattica spicciola ma decisiva.
Morselli lo ha trasformato in un racconto personale, l’Alcione lo ha reso un patrimonio collettivo. E il risultato, al netto del
pareggio con il
Renate, è un biglietto da visita che dice: attenti, da qui in avanti ogni
punizione è una minaccia.
IL FILO INTERROTTO E RIANNODATO: DALL’INFORTUNIO ALLA CONTINUITÀ C’è un’altra parte della storia che non va persa, ed è quella più umana. «Sto cercando di riprendermi quello che ho perso all’avvio della passata stagione per l’
infortunio. Sono contento per lo spazio che sto trovando». L’attaccante non usa giri di parole: l’
infortunio è stato il fuorigioco della vita, il momento in cui la linea del tempo si è alzata al momento sbagliato, cancellando un inizio che poteva essere diverso. Adesso, però, quella linea si è raddrizzata. Lo «spazio» non è solo un dato di cronometro, è fiducia, è peso specifico dentro le rotazioni, è sentirsi parte nella costruzione del risultato, dal primo all’ultimo minuto. È, soprattutto, ritrovare il ritmo, la
continuità del gesto, la leggerezza del corpo che accompagna il talento.
UNA PROMESSA SCRITTA SULL’ERBA Da qui si riparte: da un pari che pizzica l’orgoglio e da un calcio piazzato che profuma di
promessa mantenuta. La promessa è doppia: personale, con
Morselli che riaccende il legame con la specialità del marchio; e collettiva, con l’
Alcione che vede premiato il
lavoro dei sabati, la cura dei dettagli, la voglia di spingere sull’acceleratore anche quando l’inerzia della gara sembra non voler girare. Che cosa resta al triplice fischio? La consapevolezza che le occasioni andranno colte con più cattiveria sotto porta, certo. Ma resta anche un segno, netto: la scintilla del
gol su
punizione può diventare il grimaldello nelle partite bloccate. E quando un attaccante parla così, con sincerità e
fame, lo spogliatoio ascolta, si specchia e rilancia.