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Il figlio del Campione del Mondo debutta in Serie A nella città che ha consacrato il padre, è un destino da cinema

Ruolo opposto a quello dell'illustre genitore, ma identica passione di entusiasmare sul campo: l'obiettivo è riscrivere il copione

TORINO-PISA COPPA ITALIA SERIE A - LOUIS THOMAS BUFFON

TORINO-PISA COPPA ITALIA SERIE A - Louis Thomas Buffon, attaccante classe 2007, ha giocato in Coppa nello stadio Grande Torino giovedì 25 subentrando al 23' della ripresa

Chi l’avrebbe mai scritto meglio del destino? A Torino, in una sera di Coppa Italia, quando il cronometro dice 68’ e lo stadio frizza come le notti da brividi, un Buffon torna in scena. Ma non tra i pali. Louis Thomas Buffon, classe 2007, entra dalla panchina e calpesta l’erba «nemica» con la naturalezza di chi conosce il copione ma vuole riscriverlo. Il cognome è da dinastia, il palcoscenico è la città che ha consacrato suo padre Gigi, eppure la melodia è diversa: qui non si costruiscono muri, si cercano spiragli. E allora, domanda retorica: poteva esserci teatro migliore per il primo ciak tra i professionisti?



UN DEBUTTO CHE SA DI DESTINO
Minuto 68, il cambio scelto dal tecnico nerazzurro Alberto Gilardino che sposta l’inerzia simbolica: «dentro al posto di Albiol», recita la cronaca, maglia numero 16 addosso e un corpo da attaccante moderno. Louis Buffon si presenta senza timori reverenziali. Gioca semplice, ma non in punta di piedi. Tocchi puliti, movimenti tra le linee, scambi intelligenti: niente fuochi d’artificio, tutto ciò che serve per farsi capire dai compagni e rispettare dai difensori. Il contesto? Torino, Coppa Italia, una partita tirata e piena di significati, con gli stessi spalti che un tempo ruggivano per Gigi. Ora gli occhi sono su di lui. Curiosità, attesa, rispetto: la triade perfetta per il primo passo di una storia che promette parentesi importanti.

IL RIBALTAMENTO DEI RUOLI: DOVE IL PADRE PARAVA, IL FIGLIO SEGNA
Se il calcio fosse un romanzo di famiglia, qui saremmo al plot twist. Buffon Junior non fa il portiere: fa l’attaccante. Segna, non para. Va in verticale, non si tuffa. Dove il padre alzava barricate, lui cerca la fessura giusta per infilarsi. È una scelta che profuma di libertà e personalità: non imitare, ma distinguersi. In un mondo che adora i paragoni, il classe 2007 prova la giocata più difficile, uscire dalla gabbia dell’eredità. 



IDENTITÀ EUROPEA: LA MAGLIA CECA E IL RICHIAMO DI CASA
Altro strappo ai copioni preconfezionati: tra le giovanili, il giovane Buffon ha scelto la maglia della Repubblica Ceca, il Paese della madre Alena Šeredová, che ha celebrato l’esordio del figlio sui social. Cresciuto tra Milano e Praga, figlio di due mondi e di una famiglia sempre sotto i riflettori, Louis indossa con naturalezza un’identità europea. È una decisione che dice molto: preferire, per ora, la via meno scontata delle proprie radici. Le porte, si sa, nel calcio restano aperte finché non chiami la Nazionale maggiore. L’Italia un giorno ci proverà? Lui tornerà «a casa» oppure continuerà sulla strada ceca? La palla è al futuro, e ha il rimbalzo giusto per tenere tutti sulla corda. Intanto, negli azzurri contemporanei c’è un dettaglio che chiude il cerchio: Gigi Buffon svolge il ruolo di capo delegazione. Dinamiche incrociate, destini che si sfiorano.

TORINO, LA CITTÀ DEI SIMBOLI
Torino non è solo uno scenario: è un personaggio. Qui Gigi ha scritto pagine da leggenda, qui Louis Thomas ha messo il primo segnalibro tra i professionisti. Stadio «nemico», certo, ma città di famiglia. Il pubblico lo sa, lo percepisce: l’eco dei guantoni del padre si mescola con i passi rapidi del figlio. Che effetto fa? È come rivedere un numero storico, ma su spartito nuovo. Buffon Junior entra, si muove tra le linee, chiede palla, sbaglia poco e non si nasconde. Non è il giorno delle sentenze, è quello dei segnali. E i segnali, per chi sa leggerli, parlano chiaro: personalità, pulizia tecnica, voglia di prendersi il campo senza strafare. La prima, quella che non si scorda più.



L’ORIZZONTE, TRA RADICI E LIBERTÀ
La narrazione spesso pretende il remake: il figlio che calza i guanti del padre, il déjà vu che fa comodo a tutti. Louis Thomas ha scelto l’inversione a U: non una ribellione, una liberazione. Togliersi di dosso il paragone come una marcatura asfissiante e andare a prendersi il corridoio buono. Succede ai grandi giocatori, succede alle storie che meritano di essere raccontate. E allora la fotografia di Torino vale doppio: la città dei ricordi di Gigi, il tappeto rosso del primo passo di Louis. Il resto, tutto il resto, sarà campo, lavoro, chilometri nelle gambe e centimetri guadagnati di fiducia. Perché a volte basta un ingresso al 68’ per capire che una saga continua, cambiando musica ma restando fedelissima al suo tema principale: il calcio come eredità, il calcio come scelta.

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