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Serie A

È il classe 2008 più costoso di sempre, ha già conquistato tutti nella storica piazza nerazzurra

Ahanor brilla nei tre di Juric: Bergamo è già incantata e la Nazionale un sogno a lungo termine

Honest Ahanor; ATALANTA

HONEST AHANOR

Chi l’ha detto che per emozionare serve un curriculum lungo così? A volte bastano “poco più di una partita e mezza” per scatenare un’ovazione da stadio e un tam-tam nazionale. Honest Ahanor, classe 2008, sta facendo sobbalzare l'AtalantaBergamo dal seggiolino: è nato in Italia, veste l’Atalanta, e in un lampo è diventato il profilo del momento. A tal punto che qualcuno ha già imbastito una sorta di “class action”: Ahanor in azzurro con la Nazionale, subito, magari già a ottobre contro Estonia e Israele. E allora perché non farlo? Perché, allo stato attuale delle cose, non si può. Il commissario tecnico Gennaro Gattuso, infatti, non può ancora convocarlo. Punto. La burocrazia va al piccolo trotto, il campo corre come un centometrista: nel mezzo, un talento che ha acceso il dibattito.



UN CLASSE 2008 CHE NON TREMA


Schierato da Ivan Juric come braccetto nei tre di difesa, il prodigio ex Genoa ha dato subito l’impressione di chi sa stare in campo come un veterano,. Non ha soltanto retto l’urto, ha convinto “davvero tutti” nonostante i ben 14 milioni di euro spesi dai nerazzurri - che lo rendono il 2008 più costoso di sempre - per prelevarlo da Genova: negli occhi dei tifosi dell’Atalanta e non solo c’è la sicurezza delle sue giocate, la personalità con cui ha messo il piede dove brucia, la naturalezza nel prendersi responsabilità che, a quell’età, spaventano molti. Quante volte lo abbiamo visto? Un ragazzo che entra, non fa una piega, e in due uscite cambia la temperatura emotiva dell’ambiente.



Il dato tecnico è chiaro e semplice: nel sistema a tre, un giovane difensore deve leggere più linee contemporaneamente, accorciare senza perdere l’uomo, aprirsi per costruire pulito e richiudersi in diagonale quando la palla scappa alle spalle. Se “poco più di una partita e mezza” sono bastate per far dire che Ahanor ha “dimostrato le proprie qualità”, vuol dire che nei fondamentali della struttura c’è già sostanza. Quando la catena regge, di solito è perché ogni anello fa il suo mestiere.



IL SOGNO AZZURRO E COSA CI DICE BERGAMO


La marea del consenso è salita in fretta. L’idea: Ahanor in Nazionale, subito, ad arricchire la lista per gli impegni di ottobre contro Estonia e Israele. L’entusiasmo è comprensibile, anzi pienamente giustificabile: quando un ragazzo nato in Italia emerge così, la voglia di vederlo con l’azzurro addosso è naturale come un gol sotto la Curva. Però c’è un cartello d’alt: al momento, il CT Gennaro Gattuso non può convocarlo. Non è una questione tecnica, non è una sentenza sul suo talento, è semplicemente un “non attuabile” allo stato dei fatti. E allora? Allora si aspetta, si mastica la frenesia e si custodisce la voglia. Il pallone insegna: tempi e tempi, il cronometro non è sempre quello che vorremmo.



Bergamo fiuta i prospetti come pochi. “Casa bergamasca” è laboratorio di crescita, officina dove si lima il talento fino a farlo brillare. Che Ahanor abbia rapito gli applausi così presto non sorprende chi conosce la fame e la cura del dettaglio che qui si respirano. Nel mezzo c’è un allenatore, Juric, che l’ha messo dentro con lucidità, e un contesto che lo ha protetto nella maniera giusta: niente riflettori gratuiti, solo campo, compiti chiari, responsabilità condivise. Eppure, quando un 2008 entra e sembra a suo agio nei tre dietro, è difficile tenere bassa la voce. La tentazione di accelerare è forte. Ma si vince anche sapendo rallentare.



ASPETTANDO L’AZZURRO: IL VALORE DEL PRESENTE


Che cosa si fa mentre l’azzurro aspetta? Si gioca, si cresce, si consolida. Per Ahanor significa continuare a farsi strada nei tre di Juric, maneggiare la palla come un metronomo e la marcatura come un guanto, annusare i tempi dell’anticipo, stare dentro la linea quando serve e uscirne con coraggio quando l’azione lo pretende. Significa trasformare la fiammata in brace viva, quella che dura. E per l’Atalanta, significa avere tra le mani un difensore che non solo intercetta passaggi e applausi, ma accende l’immaginazione del pubblico. Perché la fantasia, nel calcio, è benzina quanto la tattica.



Gli impegni di ottobre contro Estonia e Israele rimangono lo sfondo del discorso, il calendario che scandisce l’attesa. La “class action” dei tifosi per vederlo in azzurro è un segnale forte: il Paese ha voglia di volti nuovi, di storie fresche, di calciatori che scavalcano le gerarchie con il coraggio e il merito. Ma il conto alla rovescia, qui, non lo decide la piazza. E forse è un bene: ogni minuto in più speso a Bergamo è un mattoncino in più nella costruzione del calciatore. La Nazionale arriverà quando si potrà, e quando succederà, sarà con un bagaglio più pesante di quello che gli abbiamo messo sulle spalle oggi.

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