LECCE SERIE A - Pantaleo Corvino, dirigente di lungo corso nel calcio italiano, attuale responsabile dell'area tecnica del Lecce
Chi l’ha detto che per sognare serva il palcoscenico delle grandi? A volte basta una giocata al momento giusto, un lampo in area e il nome giusto: Francesco Camarda. Diciassette anni appena compiuti, la freddezza del nove vero e un timbro da copertina in Serie A con la maglia del Lecce, contro il Bologna nell'ultima giornata di campionato. Una rete che non è solo un gol: è un biglietto da visita, un colpo di tacco al destino, un gettone che vale un punto prezioso e accende un riflettore grande così sul futuro del calcio italiano. E, come spesso capita quando si parla di talenti che sanno farsi sentire, a battezzarlo è una voce autorevole: Pantaleo Corvino.
«CAVALLO DI RAZZA, DESTINATO A VINCERE» Quando Pantaleo Corvino, responsabile dell’area tecnica del Lecce e decano dei dirigenti italiani, si sbilancia, conviene drizzare le antenne. Ai microfoni di Radio Rai GR Parlamento, non ha usato giri di parole su Camarda: «Credo che sia uno destinato a vincere, perché sembra un cavallo di razza. È italiano, e gli italiani bravi ci sono, anche se non quanti ne servirebbero in un campionato come la Serie A. Francesco è un attaccante completo: pur essendo strutturato, cosa che fa pensare a un centravanti d’area di rigore, la sua mobilità e lo strappo gli permettono anche di partire da lontano. Ha senso del gol, colpisce bene di testa e ha i tempi giusti». Parole pesanti come una traversa, che definiscono un profilo già maturo: fisico da area, gamba per attaccare la profondità, colpo di testa, tempi d’inserimento e fame. Il pacchetto completo, verrebbe da dire. Di quelli che trasformano un pallone sporco in oro colato.
UN GOL CHE VALE DOPPIO (ANCHE IN CASSA) Quanto pesa quel gol contro il Bologna? Tatticamente è un’iniezione di fiducia per un gruppo che misura ogni punto come fosse acqua nel deserto; simbolicamente è la scintilla che fa scattare l’immaginario collettivo attorno a un ragazzo di 17 anni; economicamente – lo dice il campo e lo confermano i sorrisi – è un asset che si valorizza in diretta. Lo sanno a Lecce, lo sanno a Milano, lo sa il ragazzo. Non a caso Corvino allarga la visuale all’operazione con il Milan: «Se Francesco farà bene saremo tutti premiati. Il Lecce, che ha creduto fortemente in lui, il Milan, che ha mandato a valorizzare un suo patrimonio, e il ragazzo, che si misura in un campionato importante». È la classica triangolazione perfetta: chi costruisce, chi investe, chi esegue. E alla fine il tabellone segna un ritorno per tutti.
BOJINOV, IL RECORD E L’ORGOGLIO DEL TALENT SCOUT Aggiungiamo un dettaglio che profuma di déjà-vu. Corvino ha evocato un nome che a Lecce conoscono benissimo: Bojinov. «Mi sento orgoglioso perché Camarda ha battuto il record di Bojinov. È un altro giovane che ho scoperto io, che debuttò e segnò sempre contro il Bologna. Quando vedi un ragazzo di 17 anni che fa gol in Serie A, provi tanta soddisfazione». Il filo rosso è lì, teso tra presente e passato: stesso palcoscenico, stessa avversaria, stesso brivido. E la sensazione che certe storie, nel Salento, trovino il terreno fertile per nascere e farsi ricordare.
LECCE, IL PROGETTO E IL SENSO DI APPARTENENZA Dietro al gol c’è un club che ha costruito, stagione dopo stagione, una casa e un’identità. Lo sottolinea lo stesso Corvino, aprendo il sipario su un cantiere diventato realtà: «Con gli utili delle campagne acquisti siamo riusciti a fare un centro sportivo tutto nostro. Il Salento si identifica nella squadra, che è un patrimonio sociale e un simbolo del territorio. Sulle nostre spalle ricade questa responsabilità». Non è solo calcio, è un manifesto. Significa investire i proventi sul mattone buono, quello che resta: infrastrutture, metodo, visione. Ecco perché un gol di un 17enne è anche la bandierina piantata su una filosofia: si cresce dentro casa, si migliora il capitale tecnico, si restituisce al territorio in orgoglio e identità.
L’EFFETTO CAMARDA: ENERGIA, FIDUCIA, ORIZZONTI Il primo gol in Serie A è una soglia. Da una parte l’attesa, dall’altra la realtà. È un tunnel che si attraversa con personalità, soprattutto se il colpo arriva in una partita che pesa e regala un punto in cassaforte. Da qui in poi, la domanda è una sola: quanto velocemente può crescere? Corvino ha già messo il timbro: «destinato a vincere». La definizione impegnativa, certo, ma l’etichetta della qualità non arriva per caso. Dentro c’è l’italianità di cui il campionato ha fame, c’è la completezza tecnica, c’è la mobilità intelligente. E c’è l’effetto placebo sul gruppo: vedere un ragazzo impattare così sul palcoscenico più alto infonde coraggio, alza il livello dell’allenamento, crea competizione sana.
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