Non sta scritto da nessuna parte che la fascia appartenga solo ai «senatori». E se il nuovo leader nasce nel vivaio e ha ancora l’odore dell’erba di Sant’Andrea addosso? Il Perugia ha appena mandato un messaggio che rimbomba come un tiro all’incrocio: il nuovo capitano della prima squadra è Giovanni Giunti, centrocampista classe 2005. Una scelta forte, di quelle che spaccano la partita in due e disegnano una linea a centrocampo tra passato e futuro. Non un gesto cosmetico, ma un cambio di paradigma: via la polvere dall’armadietto delle gerarchie, dentro aria fresca, coraggio e meritocrazia. Tutto questo in un momento difficile della stagione, che vede il Grifone penultimo in classifica con soli 3 punti in 7 partite e con l'esperto allenatore Piero Braglia arrivato da un paio di settimane per invertire la rotta.
IL SEGNALE DEL CLUB: LA FASCIA COME MANIFESTO Lo ha annunciato la società biancorossa tramite i propri canali ufficiali con parole chiare, che sembrano incollare la fascia direttamente sul braccio di un’idea prima ancora che su quello di un ragazzo: «Dopo tanti anni nel nostro settore giovanile, il suo percorso continuerà con la fascia al braccio». Tradotto dal gergo societario al linguaggio del campo: crediamo nel nostro vivaio, ci mettiamo la faccia, anzi la fascia. Non è solo un premio alla crescita di un giocatore, è la dichiarazione d’intenti di un progetto. E arriva con il sostegno compatto di tutte le componenti tecniche: «La società, con l’appoggio dello staff tecnico e del direttore area tecnica, ha deciso che
Giovanni Giunti è il nuovo capitano della prima squadra, guiderà i compagni con orgoglio e determinazione». Sono parole pesanti come una diagonale fatta bene al novantesimo.
GIUNTI, IL PRODOTTO DEL VIVAIO CHE DIVENTA RIFERIMENTO Giovanni Giunti non è un nome atterrato a
Perugia con il paracadute del mercato: è un prodotto del settore giovanile, cresciuto dentro le mura biancorosse, nelle stesse corsie dove si forgiano abitudini, ritmo e identità. Classe 2005, quindi giovanissimo in termini anagrafici, ma evidentemente già maturo nelle letture da campo. Perché la fascia, nel calcio, non è una sciarpa celebrativa: è un peso specifico, una responsabilità, un microfono aperto nello spogliatoio e in campo. Se il
Perugia gliel’affida, significa che in allenamento e nelle partite la sua voce si sente, il suo rendimento si vede, la sua personalità si percepisce. E allora la domanda diventa: non è proprio questo il momento di scommettere su chi il futuro lo rappresenta, anziché su chi il passato lo ha già scritto?
Giovanni Giunti nell'elenco dei capitani del Grifone succede a giocatori di grande calibro come ad esempio il difensore dell'Italia Campione del Mondo 2006
Marco Materazzi (capitano nelle stagioni 1997-1998 e 2000-2001) e il centrocampista
Federico Giunti (capitano dal 1994 al 1997), curiosamente suo omonimo.
LE GERARCHIE RIBALTATE: OLTRE L’ANZIANITÀ, CONTA IL RENDIMENTO La scelta di
Giunti acquista ancora più valore se confrontata con il contesto della rosa. La fascia scavalca profili di esperienza e militanza come
Gabriele Angella e
Cristiano Dell’Orco, giocatori che hanno scritto pagine importanti in biancorosso. Eppure il messaggio è netto, senza bisogno del VAR: l’anzianità non basta. La direzione imboccata dal club è verso la meritocrazia pura, verso la leadership misurata in pressing, letture, coraggio palla al piede, capacità di tenere il baricentro alto anche quando la partita rischia di scivolare. È una puntata sul presente che guarda al domani, una scelta che chiama tutti alla massima accountability: vuoi comandare? Fallo con le prestazioni, non con il curriculum.
IDENTITÀ, SPOGLIATOIO E PIAZZA: UN PATTO NUOVO Nel calcio, la fascia è anche un patto con la piazza. E
Perugia, quando si parla di identità, ha la memoria lunga. Puntare su un capitano cresciuto in casa significa alimentare un filo diretto tra tribuna e campo, tra settore giovanile e prima squadra. È come mandare in campo la filosofia del club: lavoriamo «in casa», valorizziamo i nostri, creiamo leadership interne. Sul piano dello spogliatoio, significa alzare l’asticella del coinvolgimento: chi meglio di uno che ha fatto tutta la trafila può tenere insieme i blocchi, interpretare il DNA biancorosso nelle notti complicate e trasformarlo in benzina? La fascia, così, diventa bussola, non medaglia.
LA MOSSA TATTICA FUORI DAL CAMPO Si parla spesso di tattica con palla, ma questo è un movimento senza palla da manuale: abbreviamento delle distanze tra club e campo, copertura preventiva rispetto al futuro, attacco degli spazi lasciati liberi dall’inerzia. Affidare la fascia a un classe 2005 è come scegliere di giocare in verticale: si rischia qualcosa, ma si può guadagnare in intensità e profondità. E se qualcuno teme il contraccolpo dell’inesperienza, la risposta è già nelle parole ufficiali: «Guiderà i compagni con orgoglio e determinazione». Non è retorica, è la cornice dentro cui inserire la crescita di un leader in divenire. È una rivoluzione gentile ma irreversibile: si vince e si cresce con l’idea, non con il timbro sul passaporto. La fascia pesa, certo. Ma può diventare la molla che fa scattare un gruppo, l’innesco di un ciclo in cui ogni minuto conta, ogni dettaglio pesa, ogni simbolo significa. E la fascia, adesso, significa futuro.