Cerca

Serie C

Ha 19 anni, Fabregas lo ha portato in prima squadra e ora ha fatto il suo 1° gol tra i Prof: l'attaccante è un vero asso

Il classe 2005 segna e si emoziona, ma la sua squadra dal 2-0 si fa raggiungere sul pari dagli avversari: parole e segnali

TRENTO SERIE C - FEDERICO CHINETTI

TRENTO SERIE C - Federico Chinetti, attaccante classe 2005, veste i colori gialloblù in prestito dal Como di Serie A

Che cos’è più tagliente nel calcio: la lama della gioia o il contraccolpo del rammarico? A volte arrivano insieme, come una scivolata pulita che ruba palla e lascia però il segno sull’erba. È la fotografia perfetta della giornata di Federico Chinetti con la maglia del Trento nell'ultima giornata di campionato:  gol tra i Professionisti, rete che spingeva sul 2-0, e poi il colpo di scena, la rimonta dell’Arzignano Valchiampo fino al 2-2. Un’altalena emotiva da manuale, la versione calcistica di un film che sembrava scritto e invece si riscrive nel finale. E che vive di altre tappe dopo le convocazioni della passata stagione in Serie A con il Como, voluto da Cesc Fabregas.



LA GIOIA DEL PRIMO COLPO
Per un attaccante, il  gol tra i Professionisti è come aprire per la prima volta una porta che hai sognato mille volte. Conta il tocco, certo, ma conta ancor più il peso emotivo di quel pallone che gonfia la rete. E Chinetti l’ha raccontato senza filtri, con parole che odorano di verità: «Sicuramente segnare il primo gol tra i professionisti è un’emozione unica qualcosa che ricorderò per sempre». Non c’è bisogno di aggiungere altro: è la frase che ogni bomber conserva in un cassetto personale, la prova che il talento si è trasformato in sostanza.

IL VANTAGGIO PIÙ INSIDIOSO
Eppure, nel calcio, sappiamo bene che il 2-0 può essere il più subdolo dei vantaggi. È un paradosso che si ripete come un ritornello: ti senti con una mano sulla partita e proprio lì, quando alzi lo sguardo, ti accorgi che l’avversario ha ancora benzina nelle gambe e orgoglio nel petto. L’Arzignano non ha mollato, ha riaperto la sfida e l’ha rimessa in equilibrio fino al 2-2. Per il Trento di Luca Tabbiani, la rete di Chinetti è diventata «momentanea», un aggettivo che sa di occasione sospesa, di felicità interrotta sul più bello. È il fascino crudele del gioco: ti premia e, un attimo dopo, ti mette alla prova.



LA SINCERITÀ DEL DOPO GARA
La maturità di un calciatore si misura anche dal modo in cui vive l’onda lunga del post-partita. E qui Chinetti ha regalato un assist alla propria crescita, scegliendo l’onestà sopra la retorica. A fine gara l’attaccante ha detto tali parole tramite i canali ufficiali del club: «Però non posso essere felice al 100%, perché la partita purtroppo non è finita come speravamo». Parole chiare, senza giri di campo: la rete resta, la memoria pure, ma la classifica e l’inerzia della gara pretendono qualcos’altro. È la coscienza di chi sa che il tabellino non racconta tutto, e che segnare è importante, ma più importante ancora è saper mettere il lucchetto quando il punteggio ti sorride.

TRA IDENTITÀ E GESTIONE: IL BIVIO DEL TRENTO
Cosa ci racconta, allora, questo 2-2? Che il Trento ha saputo costruire, spingere, colpire fino al doppio vantaggio. E che, contemporaneamente, ha lasciato aperta una porta a corrente alternata, permettendo all’Arzignano di rientrare in partita. Qui la partita si sposta dalla tecnica alla testa: gestione dei ritmi, distanze tra i reparti, scelte nei momenti caldi. Non servono nomi e numeri per capire l’essenza: in queste pieghe si vincono e si perdono i dettagli che, alla lunga, fanno la differenza. Quando vai 2-0, la partita diventa una prova di lucidità. La palla scotta, i minuti si dilatano, la tentazione è di abbassarsi di qualche metro. È lì che un episodio cambia il vento. E se l’Arzignano ha saputo rimontare, è perché ha trovato la fessura, il varco in cui infilare la propria corsa.



CHINETTI, UN GOL COME PROMESSA
Per Federico Chinetti, la rete è una promessa a sé stesso e al gruppo. Primo timbro tra i Professionisti significa superare una soglia mentale: ora la porta non è più un confine, ma un obiettivo raggiungibile, una routine da costruire. Il suo messaggio post-partita, però, illumina un altro aspetto: non basta segnare se la squadra non porta a casa ciò che merita. È l’istinto dell’attaccante che si allarga alla visione del collettivo. E questo, a lungo andare, fa la differenza: i bomber che contano sono quelli che misurano la propria gioia con il metro del risultato. 

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Sprint e Sport

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter