TORINO UNDER 18 • Riccardo Leon Bianchi: ex Chisola, Alpignano e Sisport
Quante volte vi è capitato di vedere un centrale difensivo trasformarsi in uomo-copertina, prendersi la scena e ribaltare da solo una partita contro l’Inter? Nel calcio giovanile certe storie ti piombano addosso come un cross teso all’ultimo minuto: se hai il tempo e il coraggio di prenderle in acrobazia, restano negli occhi per anni. È il caso di Riccardo Bianchi, classe 2008 del Torino, che nell’ultimo turno del campionato Under 18 ha firmato una doppietta dal peso specifico di tre punti e dal valore simbolico di un manifesto. Perché non è solo il “quanto”, è soprattutto il “come”: dentro quella rimonta granata c’è una rovesciata da stropicciarsi gli occhi, un gesto tecnico da cinema, capace di zittire i mormorii e accendere gli applausi di compagni, avversari e pubblico. E c’è, soprattutto, la firma inattesa di chi per mestiere chiude porte e linee di passaggio: un centrale difensivo che, per una domenica da ricordare, ha vestito i panni del bomber con naturalezza disarmante.
UN DIFENSORE CON L’ISTINTO DEL NOVE Riccardo Bianchi - talento che lo scouting del Torino ha pescato dal Chisola, ma cresciuto tra Alpignano e Sisport - non è un trequartista estroso né un attaccante di razza: è un centrale, uno di quelli che leggono il gioco alle spalle, che fanno della posizione, del tempismo e dell’anticipo un’arte. Eppure, contro l’Inter, ha acceso i riflettori sul suo lato più inatteso. La doppietta è già notizia; farla dentro una rimonta contro i nerazzurri è titolo; impreziosirla con una rovesciata è copertina. Il ragazzo granata ha ribaltato una gara che sembrava indirizzata, ha capovolto l’inerzia con il coraggio e la tecnica di chi non si accontenta della prestazione “pulita” ma vuole lasciare un segno. Che cos’è la personalità, nel calcio, se non questo? Prendersi la responsabilità di un colpo che può cambiare la storia di un pomeriggio.
La rovesciata è un gesto che non ammette mezze misure: o la prendi piena e la inchiodi all’album dei ricordi, oppure finisce nell’archivio delle occasioni mancate. Quella di Bianchi è della prima specie. È un calcio che si fa teatro: coordinazione, lettura del tempo, coraggio fisico e mentale. È l’istante in cui un centrale difensivo smette per un attimo di preoccuparsi di chiudere gli spazi e decide di aprirli, di spalancarli, trasformando un pallone vagante in un manifesto granata. A chi appartiene un gol così? Un po’ a tutti: a chi costruisce l’azione, a chi rifinisce il cross, a chi riempie l’area. Ma il marchio di fabbrica è di Bianchi, che fa quello che nessuno si aspetta da lui e lo fa nel modo più appariscente possibile.
IL PESO DEI TRE PUNTI E LA SPINTA ALLA CLASSIFICA Questa vittoria, dal sapore di rimonta e di maturità, vale oro per i granata di Vegliato. Non solo perché arrivata contro un’avversaria come l’Inter, simbolo di solidità e talento nel panorama giovanile, ma perché restituisce al Torino l’inerzia giusta per continuare a inseguire con determinazione nella parte alta della classifica. I tre punti pesantissimi raccontano di una squadra che sa soffrire e sa colpire, che non si scompone quando la partita diventa scivolosa e che trova nel carattere dei suoi ragazzi la leva per spostare gli equilibri. E raccontano anche di un gruppo che riconosce, alimenta e valorizza l’istinto di chi, come Bianchi, sa leggere il momento e farsi trovare nel posto giusto.
RIMONTA COME PAROLA CHIAVE: MENTALITÀ, NON CASUALITÀ Ribaltare una partita che sembrava “indirizzata” (dal gol di D'Agostino a inizio ripresa) non è solo questione di episodi. È mentalità, gestione delle emozioni, lettura degli snodi. Il Torino lo ha fatto trovando nell’impeto e nella lucidità la propria bussola. Bianchi ha messo la firma, ma dietro c’è un’orchestra che non stona: compattezza senza palla, ritmo nel ribaltare il fronte, occupazione dell’area con convinzione. E quando un centrale si iscrive al tabellino due volte, vuol dire che la squadra lo ha accompagnato con fiducia, che ha interpretato le palle inattive e i cross come occasioni da attaccare in massa. È un indizio forte: questa è una squadra che crede nei propri strumenti.
IL VALORE SIMBOLICO PER IL SETTORE GIOVANILE C’è un insegnamento potente nelle giocate di Riccardo Bianchi: i ruoli sono fondamentali, ma non sono gabbie. Un centrale difensivo moderno non è solo marcatura e intercetto; è anche lettura della profondità, coraggio nelle uscite palla al piede, presenza sulle seconde palle. La rovesciata è il sigillo romantico, la doppietta è il conto in banca. Ma la sostanza è nella personalità con cui un ragazzo del 2008 ha interpretato il momento, prendendosi la scena in una partita che contava. Per i coetanei è un faro: si può essere determinanti anche partendo da dietro, si può far male agli avversari senza snaturarsi, aggiungendo un colpo al proprio repertorio.
TORINO IN CORSA, BIANCHI IN CRESCITA Nella domenica che non dimenticherà facilmente, Bianchi ha messo giù il biglietto da visita del giocatore che vuole diventare: affidabile dietro, protagonista quando il pallone chiama. Il Torino, dal canto suo, si gode un talento che sembra avere tutto per andare lontano: testa, timing, fame. È così che si alimenta una rincorsa nella parte alta della classifica: con vittorie che fanno rumore, con gesti che scaldano gli spogliatoi e con ragazzi che alzano l’asticella del possibile. E allora la domanda resta sospesa nell’aria, come quel pallone prima della rovesciata: quante altre volte vedremo un centrale cambiare il destino di una partita con la naturalezza di un nove?
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