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Nuova avventura per il Pallone d'Oro e campione del Mondo? C'è una Nazionale a caccia della storia

Cannavaro verso l'Uzbekistan: dalla salvezza con l'Udinese alla Dinamo Zagabria e l'occasione Mondiali da CT

FABIO CANNAVARO

FABBIO CANNAVARO (CREDIT FOTO: GOAL.COM)

Sei Fabio Cannavaro e ti bussa alla porta una Nazionale reduce da una storica qualificazione ai Mondiali del 2026: che fai, apri? La domanda rimbalza come un pallone impazzito tra panchine e corridoi federali, perché l’orizzonte che si apre per l’ex capitano della Nazionale Azzurra ha il fascino delle grandi partite giocate in notturna, quelle in cui il respiro del pubblico si sente anche a chilometri di distanza. Sì, perché all’orizzonte potrebbe esserci l’Uzbekistan: non un club, ma una Nazionale che ha appena scritto una pagina importante della propria storia sportiva qualificandosi per la prima volta nella sua storia. E per Cannavaro, reduce dall’esperienza alla Dinamo Zagabria chiusa con un esonero, si tratterebbe di tornare in panchina con una nuova veste, quella da commissario tecnico, ruolo che conosce già, avendo guidato in passato la Cina.



UNA CHIAMATA CHE PROFUMA DI MONDIALE


L’ipotesi è suggestiva: Fabio Cannavaro vicino al ritorno in panchina, con l’Uzbekistan interessato ad affidargli la rotta tecnica in vista del grande appuntamento del 2026. Lo scenario è chiaro: dall’altra parte non c’è un club alla ricerca di punti nel weekend, ma una Nazionale che si allena a finestre, lavora di selezioni, identità e dettagli. E se la parola “storica” non è scelta a caso, è perché l’Uzbekistan nei mesi scorsi ha compiuto un’impresa pesante come un gol al novantesimo: la qualificazione ai Mondiali del 2026. Un traguardo che cambia il perimetro delle ambizioni e, soprattutto, la mappa delle responsabilità di chi siede in panchina.



IL BAGAGLIO DEL CAMPIONE AZZURRO

Cannavaro ha un pedigree che non ha bisogno di presentazioni: ex capitano della Nazionale Azzurra, simbolo di leadership in campo, oggi tecnico con un vissuto internazionale. E non è un dettaglio il fatto che abbia già indossato la giacca da ct, avendo guidato la Cina. Quel passaggio gli ha consegnato gli attrezzi del mestiere da selezionatore: la gestione di finestre brevi, la costruzione di un’idea di gioco che dev’essere chiara come una lavagna pulita, la capacità di cucire in poco tempo una squadra che competa, regga l’urto e sappia leggere le partite. È un ruolo diverso da quello di club, dove la continuità quotidiana consente fino a tre prove d’orchestra a settimana. In Nazionale, ogni convocazione è come una finale secca: pochi giorni, tante scelte, zero alibi.



LA PARENTESI ALLA DINAMO ZAGABRIA


La recentissima cronologia dice così: salvezza con l'Udinese all'ultima giornata nel 2024, esperienza alla Dinamo Zagabria e l'epilogo con esonero lo scorso 9 aprile in un'esperienza tutto fuorché positiva, ma in cui si è tolto lo sfizio di battere per 2-1 il Milan, nell'ultima giornata della League Phase di Champions League, lo scorso 29 gennaio. Una scivolata? Forse. Ma nel calcio, più che le cadute, contano i rimbalzi. E la possibilità di ripartire da una panchina che mette il Mondiale nel mirino è il tipo di sfida che può rimettere pressione buona nelle gambe e nelle idee.

L’ambiente Dinamo, per tradizione e aspettative, è un banco di prova tosto. Portarlo in Nazionale significa trasformarli in anticorpi: pragmatismo nelle scelte, lucidità nei momenti caldi, attenzione maniacale ai dettagli che, nelle partite da dentro o fuori, pesano come macigni.



PERCHÉ L’UZBEKISTAN 


C’è una differenza sostanziale tra prendere in mano un ciclo che comincia e salire su un treno che ha già guadagnato velocità. L’Uzbekistan è esattamente questo: una squadra che ha centrato una qualificazione mondiale — definita storica — e che ora ha bisogno di un ct capace di tenere ferma la barra, consolidare i punti di forza e colmare le lacune.

Tradotto: fase difensiva corta e aggressiva, transizioni pulite, gestione delle energie nel calendario delle finestre internazionali. Poi c’è la dimensione mentale: una Nazionale che arriva al Mondiale con la spinta dell’impresa deve evitare la trappola dell’appagamento. Serve un tecnico che sappia alimentare la fame, trasformando l’orgoglio in benzina e non in zavorra.

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