Premier League
07 Ottobre 2025
KYRIL LOUIS-DREYFYS (CREDIT FOTO, WATSON)
Chi l’ha detto che i gatti neri portano sfortuna? A Sunderland lo sanno da più di un secolo: quando il Black Cat graffia, fa male agli avversari e accende una città intera. Le note di Sunderland ’Til I Die sono ancora nell’aria, ma oggi raccontano un nuovo capitolo: non più lacrime e polvere, bensì progettualità, coraggio e una scalata che profuma di futuro. Dopo otto lunghi anni tra Championship e League One, i Black Cats sono tornati in Premier League. E non per caso: dietro c’è una regia lucida, quasi scientifica, con un obiettivo chiaro come una lavagna tattica ben disegnata. E il campo dice che, almeno per il momento, tutto sta funzionando alla perfezione.
Nel 2021 Kyril Louis-Dreyfus si è preso un Sunderland barcamenante nelle tempestose acque della League One, la terza serie professionistica inglese, dopo la doppia retrocessione dalla Premier League nel 2017 prima e dalla Championship nel 2018 poi, e ha cambiato marcia all’intero club. Uomo di poche parole e idee chiarissime, ha piantato paletti e scadenze: dieci anni per trasformare i Black Cats in una presenza stabile ai massimi livelli. Figlio di Robert Louis-Dreyfus, proprietario del Marsiglia negli anni '90 che acquisì il club francese a cavallo tra la vicenda scommesse e la conseguente retrocessione in Ligue 2, è diventato il più giovane presidente di una società inglese ed è l'erede della famiglia Louis-Dreyfus, il cui patrimonio è stimato da Forbes in 5 miliardi di dollari.
Non slogan, non fumo: struttura, metodo, sostenibilità. Oggi, al termine del primo grande ciclo, il lavoro inizia a presentare il conto agli avversari. Dopo 7 giornate la squadra ha 11 punti, naviga in zona Europa e gioca un calcio moderno, aggressivo, identitario. Domanda retorica: non è questo il manifesto di una rinascita?
LE BRIS, L’ALLENATORE-LABORATORIO
Régis Le Bris è il tecnico ideale per mettere il progetto su rotaie ad alta velocità. Francese, ex Lorient, background da formatore e scienza dello sport in tasca, ha centrato la promozione in Premier League al primo tentativo, vincendo i playoff battendo in finale il ben più quotato Sheffield United. In campo, il suo Sunderland è un laboratorio a cielo aperto: analisi biomeccaniche, carichi controllati, sessioni ad alta intensità, lavoro cognitivo. Il tutto al servizio di un’idea semplice e rivoluzionaria: crescere, sempre.
Sviluppare talenti, costruire principi riconoscibili, far girare la palla con la testa prima che con i piedi. Il risultato? Un’identità che non si improvvisa e una squadra che sembra sapere sempre dove andare, come una mezzala che attacca lo spazio un attimo prima del passaggio.
Se l’allenatore è il direttore d’orchestra, dietro la vetrina c’è una dirigenza che lavora con cacciavite e livello a bolla. Kristjaan Speakman ha rifondato l’academy e impostato la nuova filosofia tecnica: giovani da valorizzare, dati come bussola, coerenza nelle scelte. Florent Ghisolfi, ex Nizza e Roma, è il Director of football chiamato a inserire visione e coraggio sul mercato. Il principio è chiaro: trasformare le cessioni in opportunità. E così le partenze di Jobe Bellingham (volato al Borussia Dortmund) e Tom Watson (finito al Brighton) hanno generato circa 50 milioni di euro, reinvestiti con logica e ambizione.
Il Sunderland non compra figurine: seleziona ingranaggi. Brian Brobbey è arrivato dall’Ajax per 20 milioni: centravanti fisico, potente, capace di tenere su la squadra e attaccare l’area con fame. Simon Adingra è costato 24,4 milioni dal Brighton: esterno verticale, moderno, già protagonista con gol e assist. Habib Diarra è sbarcato dallo Strasburgo per 31,5 milioni: centrocampista box-to-box, dinamico e completo. Enzo Le Fée è arrivato dalla Roma per 24 milioni: cervello fino da regista offensivo, quel piede che detta ritmo e tempi.
A fare da chioccia, e a mettere ordine nello spogliatoio, è atterrato Granit Xhaka: ex Arsenal, reduce dalla Bundesliga vinta con il Bayer Leverkusen e cercato in estate anche dal Milan di Allegri. Il profilo perfetto per guidare con carisma una banda che ha fame, qualità e zero paura. Insomma, tutti investimenti su profilo che per certi versi avrebbero fatto comodo anche a diverse big del nostro campionato, resi possibili anche dall'incasso di oltre 200 milioni - 226 per la precisione - come premio per la promozione in massima serie. Numeri fantascientifici, così come tutti quelli relativi al sistema calcio inglese, soprattutto se si pensa che il Napoli - campione d'Italia - di milioni per la vittoria del campionato ne ha percepiti solamente 16.
Con un’età media di 24,1 anni tra gli undici titolari, il Sunderland è – insieme al Chelsea di Maresca – la squadra più giovane della Premier League. Scelta consapevole, non scommessa. Un pilastro strategico. La gioventù qui è benzina, non freno. Simon Adingra incarna la nuova generazione che strappa in fascia e punge con lucidità. Ayman Sadiki, centrale belga classe 2004 ex Union Saint-Gilloise, sorprende per maturità tattica e piede educato in impostazione. Chris Rigg, nato nel 2007 e cresciuto a due passi dallo Stadium of Light, è una mezzala moderna con personalità da veterano. Mohamed Talbi, tunisino del 2005 prelevato dal Club Bruges, orchestra la manovra con intelligenza silenziosa. La parola d’ordine? Formare, valorizzare, e – quando serve – monetizzare, alimentando un ciclo virtuoso che ricrea risorse senza snaturare l’idea di squadra.
Undici punti in sette giornate dicono tanto più di mille dichiarazioni. Il Sunderland pressa alto, accorcia tra le linee, occupa gli half-spaces come chi sa muoversi tra i corridoi del potere calcistico. È una squadra che corre con la testa, seleziona i momenti, verticalizza quando deve, palleggia quando serve. Non c’è improvvisazione: c’è un piano partita che vive nei piedi di Le Fée, nella gamba di Diarra, nelle tracce interne di Adingra e nelle sponde muscolari di Brobbey. E quando bisogna mettere la faccia nella tempesta, ecco il capitano di fatto: Granit Xhaka, il metronomo che non perde mai la misura del campo.
Nella cultura popolare il gatto nero porta sfortuna. A Sunderland, dal 1910, è un talismano. La leggenda racconta che nel 1913, anno della prima finale di FA Cup del club, un gatto nero si aggirasse regolarmente attorno allo stadio. Fu adottato dalla squadra, diventando un portafortuna. Da lì il soprannome “Black Cats”. Oggi quel gatto è tornato a graffiare, con gli artigli dei giovani e la mente di chi pianifica. Impossibile non sentire il richiamo della docuserie Sunderland ’Til I Die, ma adesso le immagini scorrono al ritmo di un progetto che ha messo radici: dati, metodo, coraggio. Altro che maledizioni: qui ci sono idee, visione e una città che spinge come una curva in pieno recupero.