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07 Ottobre 2025
DEAN HUIJSEN
Chi ha detto che nel calcio le separazioni si consumano sempre in punta di piedi? Qui, più che a un saluto, sembra di assistere a un tackle deciso a centrocampo, di quelli che fanno rumore. Donald Caspar Huijsen, per tutti Donny, padre e agente di Dean, non ha usato guanti di velluto nel ricordare l’estate 2024, quando la Juventus ha salutato il difensore olandese con destinazione Bournemouth. E lo ha fatto tirando una vera e propria sciabolata contro due figure centrali del mondo bianconero: Cristiano Giuntoli e Thiago Motta. “Giuntoli e Motta non sono da annoverare tra i miei migliori amici”, ha dichiarato in un’intervista a Tuttosport. Parole pesanti, pronunciate mentre il percorso del ragazzo schizzava dall’anonimato della Serie C al bagliore del Real Madrid nel giro di un paio d’anni. Coincidenza o sliding door perfetta?
C’era una volta un virgulto della Juventus Next Gen, uno di quei ragazzi cresciuti tra trasferte in campi tosti di Serie C e sogni che fanno rima con grandi stadi. Dean Huijsen ha fatto proprio quel percorso, passo dopo passo. Ha sfiorato un prestito al Frosinone, si è poi fatto valere nella Roma giallorossa, ha messo in bacheca la chiamata della Premier League e, quando il treno Merengues ha fischiato alla stazione, non ci ha pensato due volte a salirci. Dall’ombra alla luce, dalla provincia alle luci di un club universale: la sua corsa è stata un coast-to-coast, palla al piede, senza mai abbassare lo sguardo.
Le frecce lanciate da Donny hanno due bersagli ben definiti. Il primo è Cristiano Giuntoli, allora il direttore sportivo dei bianconeri. Il secondo è Thiago Motta, «divenuto da poco l’allenatore della Juventus a quei tempi». Parole e contesto collegano l’addio di Dean a una scelta tecnica e societaria precisa. E quando Donny definisce “brutale” il trattamento ricevuto dal tecnico italo-brasiliano, il messaggio entra in area senza bisogno di ulteriori tocchi: “Brutale”, appunto. Una parola che pesa come un cartellino rosso. È stata una decisione di sistema? Una valutazione tecnica? O semplicemente una sincronia mancata tra progetto del club e traiettoria del ragazzo?
La carriera di Dean, intanto, ha preso velocità da una serie di incroci. L’ipotesi Frosinone è rimasta lì, sul taccuino, sfiorata ma non imboccata. La Roma giallorossa, invece, è stata un passaggio reale, un ponte per mostrare di poter reggere il palcoscenico. Spesso le carriere nascono negli interstizi: un allenatore che ti crede, un sistema che ti esalta, una porta che si apre al momento giusto. E mentre a Torino si archiviava il suo dossier, il ragazzo allungava la falcata verso altri orizzonti.
«Si è guadagnato la Premier League», si dice spesso come fosse un distintivo. Per Dean è stata la vetrina decisiva, la ribalta dove dimostrare di saper stare al ritmo di uno dei campionati più intensi. Poi, quel “treno chiamato Merengues” che passa una volta sola e che, se non sali, rischi di rimpiangere per anni. Dall’anonimato al Real Madrid in un paio d’anni: è un titolo che si scrive da solo, ma che dietro di sé porta allenamenti, scelte, salite e strappi. E anche l’addio doloroso a una Juventus che, stando alle parole di Donny, non avrebbe fatto ponti d’oro.
TORINO, RIMPIANTI O LUCIDITÀ?
A Torino, qualcuno si domanderà se quell’uscita non sia stata un autogol. Oppure la lettura sarà opposta: valorizzazione, percorso, plusvalenza, riprogrammazione. Dipende da che lato del campo si guarda. Certo è che, quando la palla passa ai protagonisti, il tono fa la differenza. “Brutale” non è parola casuale; è una sentenza emotiva. E “non sono da annoverare tra i miei migliori amici” suona come una barriera piazzata a protezione della propria area. Il resto lo racconterà il campo, come sempre. Ma intanto la cronaca ci consegna un fatto: la voce di Donny Huijsen, l’eco dei nomi di Cristiano Giuntoli e Thiago Motta, e il viaggio di Dean che dal gradino della Juventus Next Gen ha scalato fino al piano nobile, quello in cui il Real Madrid non è un poster, ma un binario su cui correre.