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11 Ottobre 2025
NEWELL'S-TIGRE • A sinistra Romero che esulta di fianco ad un commosso Nacho Fernandez, a destra lo stesso Nacho che mostra il tatuaggio con la frase del padre [credit foto: IG @catigreoficial]
Il fútbol non smette mai di sorprende. Quando la vita ti colpisce al cuore, un calcio a una sfera di cuoio può cambiare tutto. A Rosario, venerdì 10 ottobre 2025, Ignacio Nacho Russo ha trasformato il dolore in gol: Newell’s Old Boys-Tigre finisce 1-1, ma la serata resta sua, tra lacrime, tatuaggi e la dedica al papà Miguel Ángel Russo, venuto a mancare due giorni prima.
Giovedì, alla Bombonera (lo stadio del Boca Juniors), Nacho Russo ha assistito alla veglia funebre per il papà insieme alla famiglia. Un fiume umano — tifosi, giocatori, allenatori, dirigenti — ha salutato Miguelo come si saluta un gigante del calcio sudamericano. Venerdì, Ignacio deve invece scendere in campo con la maglia del Tigre, nella trasferta di Rosario in casa del Newell's Old Boys. Poteva fermarsi, invece ha scelto di giocare. Perché? Lo aveva anticipato lui stesso: «Si no juego, se levanta y me ca*a a pu*eadas», ovvero «Se non gioco, si sveglia e viene a prendermi a parole». Una frase figlia di un rapporto vero, di quelli che il pallone non spegne, semmai accende.
La AFA (Asociación del Fútbol Argentino) ha disposto un minuto di silenzio in tutte le categorie, in tutto il Paese. A Rosario, appena l’arbitro porta la mano al fischietto, Nacho cede: piange, guarda il cielo, riceve l’abbraccio dei compagni. Dall’altra parte, Cristian El Ogro Fabbiani — oggi tecnico del Newell’s — lo stringe forte: aveva già salutato Miguelo con parole speciali sui social. È il calcio che mette giù la visiera, si toglie il cappello e fa squadra oltre i colori.
Minuto 21. José David Romero parte in campo aperto, la difesa del Newell’s è sbilanciata: palla rasoterra, sul secondo palo arriva Nacho, piattone e rete. Semplice? Solo per chi guarda. Per chi segna, è una montagna scalata senza ossigeno. Russo si inginocchia, scoppia di nuovo in lacrime, i compagni lo sommergono. Poi la telecamera: lui la cerca, alza la maglia e mostra il tatuaggio sulle costole, la frase iconica di Miguel Ángel Russo quando allenava il Millionarios nel periodo in cui gli venne diagnosticata la malattia. Una frase che adesso è pelle e sangue: «Todo se cura con amor». Un bacio alla fascia nera e via, perché il calcio a volte è poesia che corre.
Dopo il triplice fischio (1-1 il finale), la voce trema, ma le idee sono chiarissime: «Sono state settimane, mesi e giorni molto difficili. Il club ha rispettato la mia decisione di voler giocare e Diego — Diego Dabove, allenatore del Tigre — era consapevole di cosa stessi passando. Oggi è un giorno da ricordare con il sorriso, che era una delle sue caratteristiche. Gli mando un bacio in cielo». E ancora «Non mi rendevo conto della grandezza di ciò che rappresentava; per me era semplicemente Miguel, mio padre, con cui chiacchieravo, discutevo, prendevo un caffè e con cui, quando litigavamo, smettevamo di parlarci. L’ho goduto tantissimo, continuerà a sostenermi e ad accompagnarmi. Questo lo dedico a lui. L’insegnamento che mi lascia è che ci provava sempre. A volte gli riusciva, altre no, ma non smetteva mai di insistere. Era attento a tutto, e questo è qualcosa da valorizzare. Ringrazio la gente del calcio e di tutta la vita. Persone che non lo conoscevano e club stranieri lo hanno salutato.»