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Il Pungiglione

Giocare in 11 come se fossimo in 13

Ercole Rabitti, l'allenatore silenzioso con un grande impatto sul calcio italiano

Giocare in 11 come se fossimo in 13

IL PUNGIGLIONE • Ercole Rabitti, l'allenatore silenzioso con un grande impatto sul calcio italiano

Questa settimana parto sintetizzando la storia di un grande personaggio del calcio: Ercole Rabitti. Ercole nasce a Torino nel 1921, come calciatore raggiunge la Serie A con la Juventus, diventa primo allenatore di due settori giovanili, Juventus prima, e Torino dopo, vince un campionato Italiano Juniores (attuale Primavera) nel 1962/63 (facevo parte di quella squadra) e identico risultato lo ottiene nel 1976/77 con il Torino. Allena in Serie A la Juventus nel 1969/70 ottenendo un terzo posto, sempre in Serie A allena il Torino dal 1979 al 1981 raggiungendo due finali consecutive di Coppa Italia - entrambe perse contro la Roma-. Fu docente nei corsi per allenatore professionista di prima categoria a Coverciano.
Nella old era del calcio, come allenatore, già in giovane età, nel guardare una qualsiasi gara di football di settore giovanile o di professionisti mi dicevo: il calcio è fatto di tante piccole partite dentro la grande partita. La chiave del successo sta nel vincere in ogni zona del campo le situazioni di gioco, una diversa dall'altra, contro uno o più avversari, da solo, o con l'aiuto di un compagno di squadra, a volte con le conoscenze tecniche che si possiedono, a volte con l'esuberanza atletica, oppure col fraseggio tra compagni di reparto, dominare nei duelli aerei, insomma tutte le difficoltà che si presentano dentro ad un match di calcio. Questa mia convinzione che una partita non è altro che il risultato di ciò che avviene in ogni porzione di campo, mi ha portato a proporre ai ragazzi di un certo livello tecnico, un menù di esercitazioni giornaliere che simulassero le stesse situazioni e le identiche difficoltà di una partita (per giovani meno bravi, tecnica analitica ed esercitazioni senza avversari). Ed ecco che già da allora nasceva per me l'allenamento che oggi viene chiamato “situazionale”.
Le mie riflessioni sul calcio le esposi molti anni dopo al mio ex allenatore, Ercole Rabitti appunto, approfittando di un pranzo a casa di un comune amico. Ricordo come fosse ora, dopo aver sentito quanto sopra scritto, mi guardò con attenzione, e mi disse: «Se analizzi questi particolari, allora avrai notato che il campo non è mai totalmente occupato e suddiviso in spazi uguali dai giocatori. Per poterlo occupare tutto e distribuire il terreno di gioco in parti uguali dovremmo giocare con un modulo 1 4 4 4 ma il regolamento non prevede 2 giocatori in più, ed è qui che un bravo allenatore deve giocare in 11 come se fosse in 13». Lo guardai stupito, lui girò la sua borsa di pelle nera con cerniera - la solita da una vita - e la adoperò a mo' di lavagna, e  con entusiasmo aggiunse: «Se vuoi giocare in 11 come se tu fossi in 13, devi sempre avere in zona palla, nelle tre parti del campo, difesa-centrocampo-attacco, 4 calciatori che si dividono il campo in larghezza in spazi uguali, sempre vicini  pronti ad aiutarsi». Con tutte le cinque dita delle due mani rivolte verso il basso a pugno quasi chiuso, spostava sulla sua borsa nera delle pedine che non aveva, facendomi vedere la sua soluzione tattica e dicendomi: «Vedi, il modulo è uno solo, il più semplice, il più facile, il più veloce da attuare, quello che è impossibile non capire, e che non ho mai abbandonato nella mia carriera: il 1 4 4 2, che ti permette con un veloce spostamento di due giocatori  in avanti di avere in attacco in zona gol 4 attaccanti, in caso di perdita del pallone, con l'arretramento immediato dei due calciatori (chiamati dal Sig. allenatore “vai e vieni”) un ripristino a metà campo dei 4 centrocampisti».
Infine ha sfoderato la sua grande competenza e conoscenza della professione dicendomi: «Mattei, io ti ho parlato dei calciatori professionisti, tu nel settore giovanile (in quel periodo ero allenatore nella Juventus) devi contribuire a creare, perfezionare, velocizzare le capacità tecniche individuali dei bravi calciatori che hai a disposizione». Fai la tua parte, consegna la tua squadra a fine anno ad altri allenatori i quali a loro volta  faranno lo stesso fino al raggiungimento della categoria Primavera dove, saltando l'ultimo fosso, si intravede il professionismo. Questo è il tuo ruolo». L’allenatore silenzioso, con il  suo consiglio finale, ha “fatto gol" nei miei confronti e ha dimostrato di conoscere il calcio a 360 gradi. Questo suo concetto dovrebbe essere un vangelo per tutti coloro che lavorano nelle scuole calcio e nei settori giovanili. Grazie signor Rabitti, e per vederlo contento e sorridere come nei bei tempi passati, ho risposto: «Mister, non si preoccupi, io conosco solo i moduli per la dichiarazione dei redditi». Che risate! Quando Ercole Rabitt è morto nel 2009 a Ferrara all'età di 88 anni, invece confesso che ho pianto.
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