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Il figlio del boss non gioca e protesta col padre al 41bis: interviene la camorra

Shock in Serie B, coinvolto anche il settore giovanile. Gratteri «servizi in mano alla criminalità organizzata»

Gratteri e la procura di Napoli nella sede della Juve Stabia  «I calciatori dovevano solo giocare, al resto pensava la camorra»

Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli

Tra gli episodi finiti sotto la lente d'ingrandimento della magistratura nell’ambito dell’inchiesta che ha portato al commissariamento giudiziario della Juve Stabia, ce n’è uno che ha destato particolare preoccupazione. Si tratta della vicenda di un giovane calciatore, minorenne, che messo ai margini delle scelte tecniche avrebbe chiesto aiuto al padre, detenuto al 41 bis e indicato come figura di rilievo della camorra stabiese, pur di ottenere maggiore spazio in squadra.
L'episodio, riportato nel decreto della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Napoli, risale ad agosto scorso. Secondo quanto ricostruito, il padre avrebbe indicato al figlio un dirigente della società da contattare, suggerendogli di presentarsi «dicendo di chi fosse figlio».
Un fatto grave, che si inserisce in un quadro ancora più ampio: secondo l’accusa, all’interno del club sarebbero emerse presunte infiltrazioni mafiose in diversi ambiti della gestione, dal servizio ambulanze al trasporto dei giocatori, fino alla sicurezza e alla gestione del beveraggio.

LA CRONACA

Dopo la vittoria contro l'Avellino sarebbe dovuta essere una settimana tranquilla per i tifosi della Juve Stabia, ma l'odierna mattinata si è tramutata in un incubo, quando gli agenti della Questura di Napoli hanno raggiunto la sede del club gialloblù con un provvedimento pesante: l’amministrazione giudiziaria per violazione del Codice antimafia, disposta dalla Direzione Nazionale Antimafia (DNA). Ciò che emerge da questo intervento straordinario è un quadro inquietante, in cui la squadra che milita nel campionato di Serie B, ora in zona playoff, viene sospettata di essere stata usata come bene strumentale di un clan mafioso radicato nel territorio, quello dei D'Alessandro, storico gruppo criminale di Castellammare di Stabia.

L'INCHIESTA E LE IMPLICAZIONI GIUDIZIARIE
Il provvedimento rappresenta un importante e deciso colpo contro le infiltrazioni della criminalità organizzata nello sport. La misura giunge dopo mesi di indagini approfondite coordinate da figure di spicco del sistema giudiziario antimafia, tra cui il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo e il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, che nella conferenza stampa ha utilizzato un'espressione che non lascia spazio a fraintendimenti «I calciatori dovevano solo giocare, al resto pensava la camorra». Parole che sottolineano come la gestione del club abbia superato la dimensione sportiva per diventare un veicolo di potere e controllo mafioso.
Secondo l'accusa, la società sarebbe stata utilizzata come uno degli strumenti economici e sociali della cosca D'Alessandro, una sorta di «bene strumentale» per consolidare il consenso e il dominio sul territorio, un modus operandi tipico di chi si serve del tessuto sportivo come schermo per attività illecite di riciclaggio o pressioni economiche. Il decreto di amministrazione giudiziaria, basato sull’articolo 34 del Codice antimafia, è quindi volto a garantire la gestione del club sotto controllo giudiziario, evitando che l’attività possa continuare ad agevolare la mafia.

LA SQUADRA, LA CITTÁ, IL FUTURO 
La Juve Stabia si trova in una posizione di rilievo nel campionato di Serie B, che la vede per il secondo anno consecutivo tra le squadre di vertice con ambizioni playoff; un risultato fondamentale anche per l'intera comunità locale che da sempre vive un legame profondo con il club, spazio dove si intrecciano passioni sportive e identità territoriale.
Per la tifoseria e la città di Castellammare di Stabia, la notizia rappresenta un durissimo colpo, che rischia di minare non solo il presente calcistico, ma anche la credibilità e la tranquillità di un ambiente sportivo che si era guadagnato anni di rispetto sul campo. Ora, il club rimarrà sotto l'amministrazione controllata di un pool di professionisti nominati dal tribunale, incaricati di garantirne la continuità sportiva e amministrativa sotto rigorosa sorveglianza.
L’ingresso dell’amministratore giudiziario suscita numerosi interrogativi, a cominciare dalla programmazione della stagione: è atteso infatti il possibile rinvio della prossima partita contro il Bari, mentre il club e gli appassionati si preparano a una lunga e complessa fase di transizione.

UN SEGNALE FORTE CONTRO LE MAFIE NELLO SPORT
Questa vicenda si inserisce nel più ampio contesto della lotta alle infiltrazioni mafiose in settori economici strategici, con lo sport che negli ultimi anni è stato riconosciuto come un terreno fertile per questi fenomeni: dal riciclaggio di denaro al controllo sociale, la criminalità organizzata trova nello sport non solo un passaggio finanziario, ma anche un mezzo per legittimarsi agli occhi della comunità.
L’azione della Direzione Nazionale Antimafia, eseguita dalla Questura di Napoli, segna dunque un momento storico, dimostrando la volontà di interrompere questo legame perverso che aveva orientato la gestione del club. Il messaggio è chiaro: lo sport non deve diventare un luogo di conquista mafiosa.

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