Non lo sapevo, mi sono informato ed è vero! Gli allenatori dopo la partita possono decidere di non concedere interviste ai giornalisti negli studi televisivi della RAI, ma solo a chi è presente in campo o nei corridoi degli spogliatoi. Questa notizia della loro facoltà di decidere l'ho saputa solo la scorsa domenica sera dopo Milan-Fiorentina. Ciccio Graziani, ospite fisso come opinionista televisivo della Domenica Sportiva, si è lamentato perché non è riuscito a fare una domanda a Massimiliano Allegri il quale ha risposto solo all'intervista del giornalista presente nel corridoio degli spogliatoi. Finalmente! Questa pratica penso che verrà piano piano imitata da tutti gli allenatori professionisti, soprattutto dopo partite importanti e quando l'allenatore è ancora sotto la tensione del match. Essi così facendo possono verificare meglio l'ambiente, vedere in faccia i giornalisti e controllare meglio il contesto dell'intervista. Inoltre possono evitare così di essere messi sotto pressione da domande inutili, troppo aggressive o imbarazzanti, ed evitare di essere fraintesi o di dire qualcosa che non vorrebbero dire.
Renzo Ulivieri ex bravo trainer, e presidente degli allenatori dovrebbe far togliere l'obbligo di intervista in tutte le televisioni dagli studi televisivi, e dare la possibilità ai suoi iscritti di poter decidere liberamente di concedere tali interviste le quali devono esclusivamente dipendere dalle preferenze e dalle strategie di comunicazione del singolo. Fabio Capello anche lui opinionista fisso, ex grande coach vincente in Italia e in Spagna, è l'unico che può capire cosa vuol dire fare l'allenatore a certi livelli ed essere intervistato da colleghi negli studi televisivi dopo una partita andata male - i vari Bergomi, Costacurta, Graziani, Tacchinardi, Di Canio, hanno provato a fare i tecnici, poi si sono arresi passando dall'altra parte della barricata dove a risultato conosciuto si diventa sempre allenatori vincenti.
Ci sono poi i conduttori, e i giornalisti sportivi, seduti negli studi televisivi, mai faccia a faccia, i quali utilizzano un linguaggio astuto e provocatorio per catturare l'attenzione dei telespettatori e aumentare l'audience con domande taglienti e insidiose cercano di mettere alle strette i tecnici recitando la parte del consulenti tecnico-tattici. Antonio Conte, a una domanda di Paolo Condò su Sky dopo il 6-2 contro il PSV, il quale gli chiedeva se non era il caso di rivedere tatticamente la squadra, ha dato come risposta un sorriso ironico, spostando l’attenzione a un’altra domanda. Solo chi conosce l'ansia e le preoccupazioni quotidiane degli allenatori sa che possono essere devastanti sotto l'aspetto mentale e il fatto di non poter veramente staccare la spina può portare a un esaurimento emotivo e fisico. Sì è vero, guadagnano tanto, forse troppo, ma il calcio è uno sport che richiede una dedizione totale, e gli allenatori sono sotto i riflettori 24 ore su 24 con la responsabilità di gestire una squadra e di ottenere i risultati. La salute della mente è importante come quella fisica, e gli allenatori non sono immuni da questi problemi.
Due grandi personaggi del nostro sport sono stati aggrediti dal male oscuro della depressione: Aldo Agroppi, mancato da poco, e Arrigo Sacchi, tutti e due sono usciti allo scoperto. Parlarne, dicono che sia una terapia efficace, altri la vivono in silenzio per la paura di essere giudicati deboli, senza carattere, e quindi non idonei a diventare i trascinatori di una squadra. Ricordo le parole di Aldo Agroppi: «Ho tutto per fare l'allenatore, lo sapevo fare bene, ma sentivo che il mio motore si sarebbe fermato, non dormivo mai, i troppi pensieri hanno fatto accomodare dentro di me un demonio che non sono riuscito a sconfiggere, la depressione. Lo stress, l'ansia da risultato, in questo mondo di pazzi, i rapporti con il presidente, i giornalisti, gli opinionisti, i tifosi, con la maggior parte dei giocatori che sono dei deficienti, mi facevano saltare dalla rabbia, e infatti sono saltato. Sembravo spavaldo, polemico, ero bravo con le parole, nascondevo bene i miei limiti, ma ho dovuto dire basta. La depressione per un allenatore innamorato del calcio e del suo mestiere è un male dell'umore, ti fa capire che la vita è bella, ma un depresso non lo ricorda, per un depresso la libertà è la morte, non la vita. Basta, ho detto basta, adesso vivo nell'anonimato ma almeno dormo notti serene». Arrogo Sacchi. Il suo male oscuro è stato silenziato per diversi anni, lo domava con i risultati straordinari con il Milan di Berlusconi, ma più di un giocatore parlava di un allenatore con occhi spiritati prima di una partita, poi la Nazionale, la Spagna, meno successi, ed ecco che il male dell'umore è saltato fuori e a Parma, ultima sua squadra, il grande Arrigo ha detto come Aldo Agroppi: basta!
A Ciccio Graziani, il quale in diretta diceva che avrebbe telefonato a Max Allegri per manifestare la sua delusione nel non potergli chiedere dei chiarimenti in merito al suo Milan, consiglierei di lasciare lo studio televisivo e insieme ai colleghi Lele Adani, Stefano Sorrentino, l'ottimo Adriano Panatta, opinionisti fissi della Rai, insieme alla brava conduttrice Simona Rolandi, di trasferirsi tutte le domeniche nei corridoi degli spogliatoi dei principali campi della Serie A per intervistare e confrontarsi lì, subito dopo, sul posto, in diretta a tu per tu con i tecnici perdenti o vincenti. Penso che lo spettacolo del dopo partita diventerebbe più appassionante della partita stessa. Immaginate Lele Adani che si aggira per i corridoi dello stadio, pronto a colpire la sua preda preferita, Max Allegri, magari dopo una sconfitta: tra i due lo scontro verbale sarebbe epico, batterebbe tutti i record di ascolti. Sono dalla parte di tutti gli allenatori, al loro posto parlerei solo in conferenza stampa, o in presenza fisica del giornalista dentro allo stadio evitando le interviste in tutti gli studi televisivi e mi sottrarrei dalle interviste di chi con l’1/X/2 in tasca s'inventa allenatore, o da chi solo con esperienze teoriche si atteggia a professore.
Credo che nessun allenatore professionista leggerà questo mio articolo, ma a loro direi di conoscere a fondo il percorso di Aldo Agroppi e Arrigo Sacchi, grandi appassionati del loro lavoro e che per la paura, l'ansia di non soddisfare sempre i tifosi delle squadre per cui lavorano, hanno vissuto notti agitate, preoccupazioni quotidiane, con la squadra sempre in testa che non ti abbandona mai, anche a discapito della famiglia e senza che te ne accorgi accomoda dentro di te il male oscuro della depressione quando è ormai troppo tardi. Meno le interviste senza senso, quelle pungenti e invidiose, meno giornali, meno social, meno apparizioni televisive, più vita ritirata, più famiglia significano più personalità, più risultati, più salute mentale e fisica, più vita.