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28 Ottobre 2025
Boxing Day: la storia di una tradizione inglese a rischio
La nebbia di dicembre risale dalla Mersey e si infila tra i vicoli di Anfield Road. È la mattina del 26 dicembre, qualcuno ha ancora il cappello da Babbo Natale, i pub aprono prima del solito e i cori rimbalzano sulle facciate in mattoni. Per generazioni di tifosi inglesi questa scena ha avuto un nome semplice e potente: Boxing Day. Ma il prossimo calendario promette un copione diverso: nel 2025, in Premier League, il 26 dicembre potrebbe offrire una sola partita. Una sola. Un piccolo, grande strappo in una stoffa che tiene insieme memoria popolare, logistica, TV e potere economico.
Per capire perché quell’unico fischio d’inizio pesa così tanto, bisogna tornare indietro. Nel calcio britannico di fine Ottocento il pallone rotolava sia a Natale sia a Santo Stefano. Il doppio appuntamento era quasi un patto sociale: il giorno di Christmas Day e il successivo Boxing Day garantivano a operai e famiglie la possibilità di vedere la squadra locale, spesso contro rivali a breve distanza per ridurre gli spostamenti – un’idea di “calcio di prossimità” che è parte dell’anima del gioco. Con il passare dei decenni, però, il 25 dicembre in Inghilterra smette di essere giorno di calcio: l’ultimo “programma pieno” di gare a Natale risale al 1957, e l’anno dopo il testimone passa in modo definitivo al 26 dicembre, che diventa la nuova, amatissima tradizione del pallone d’Oltremanica. Da lì si cristallizza un rito che attraversa il XX secolo e sopravvive anche alla nascita della Premier League nel 1992.
Eppure, il 2025 segna una frizione. Secondo anticipazioni e ricostruzioni convergenti di testate autorevoli, la Premier League prevede per il 26 dicembre 2025 la disputa di una sola gara di campionato, con il grosso del turno spostato al 27-29 dicembre. Lo scorso anno, 2024, erano state giocate sul 26 ben otto partite su dieci; nel 2023 furono cinque, nel 2022 sette. L’ultima volta in cui l’intera giornata di Premier League si è giocata nel giorno di Boxing Day risale alla stagione 2015/16. È un cambio di scala, non un dettaglio. Le ragioni? Una somma di vincoli: l’espansione delle competizioni UEFA, la riforma della FA Cup con finestre “esclusive” nel weekend e, soprattutto, gli impegni contrattuali con i broadcaster domestici che impongono alla Premier di garantire 33 weekend di partite e solo cinque turni infrasettimanali. Con il 26 dicembre 2025 che cade di venerdì, l’organizzazione si comporta come per un normale “Friday Night”: un solo slot televisivo di cartello, la vetrina perfetta ma solitaria.
Il contesto è cambiato anche per la coppa nazionale. Dal 2024/25 la FA Cup non prevede più i replay dal primo turno “proper” e ha spostato tutte le fasi al weekend, con quarti e quinto turno esclusivi da sovrapposizioni con la Premier League. La finale si gioca nel penultimo weekend del campionato, senza altre gare di massima serie nello stesso giorno. Si tratta di un accordo FA–Premier League di sei anni, con la Lega che aumenta i contributi al sistema (circa +33 milioni di sterline annui destinati alla base) ma, di fatto, occupa finestre che prima consentivano maggiore flessibilità per i turni natalizi.
Nelle comunicazioni ufficiali, il tono è pragmatico. Il chief executive della FA, Mark Bullingham, ha spiegato che le modifiche “proteggono e rafforzano” la competizione in un calendario sempre più compresso, garantendo weekend dedicati e maggiore coerenza all’evento-clou della stagione. Dal lato Premier League, Richard Masters ha sottolineato l’impegno a sostenere la piramide calcistica e a alleggerire la congestione di gare, pur preservando la qualità del prodotto. È la grammatica di un compromesso: più risorse e una narrativa di efficienza in cambio di elasticità sulle abitudini. [FA; Sky Sports]
Gli storici del calcio inglese ricordano che giocare a Boxing Day nasce come gesto di vicinanza alle comunità: partite a corto raggio per favorire i tifosi, stadi pieni nell’unico ponte festivo davvero popolare, quando, prima dell’era TV, il calcio era soprattutto presenza fisica. Le cronache di fine Ottocento raccontano doppie sfide Natale/Boxing Day, con folle gremite e ritorni il giorno dopo contro lo stesso avversario per bilanciare le trasferte. I rappresentanti dei club invece, pur non parlando all’unisono, hanno spesso ribadito nelle ultime stagioni la necessità di rispettare il criterio delle 48 ore minime tra due partite nel periodo festivo, un vincolo che complica le giornate “spezzate” quando il 26 non cade nel weekend. La Premier League l’ha rimarcato esplicitamente nel pubblicare il quadro provvisorio: nessun club sarà chiamato a giocare due volte entro 48 ore tra 27 e 30 dicembre.
Dal fronte tifosi, le reazioni raccolte dalle testate di riferimento oscillano tra la delusione e il sollievo. C’è chi parla di “sacrilegio” per l’assenza del programma pieno il 26, e chi, soprattutto fuori dalle grandi città, riconosce che senza trasporti pubblici adeguati rientrare da un posticipo di Boxing Day può trasformarsi in un’odissea. Ma quasi tutti convergono su un punto: cancellare o ridurre la giornata simbolo erode un pezzo di identità. Perché il 2025 è diverso dagli altri anni “difficili” Il 26 dicembre 2025 cade di venerdì. Nella pratica televisiva inglese un venerdì di Premier significa un “solo” anticipo serale. Se porti più gare al 26, quelle partite devono contare come “weekend” e consumano la riserva di giornate da distribuire a broadcaster, comprimendo gli slot di sabato 27 e domenica 28 proprio nel cuore delle feste. Si aggiunge un vincolo operativo: il venerdì di festa ha un solo spazio “premium” in prima serata e trasporti ridotti, con evidenti problemi per la sicurezza e il rientro del pubblico. Risultato: il 26 diventa una vetrina singola, mentre la quasi totalità del turno scivola su 27-29.
Resta molto, ma non tutto. Resta la liturgia sociale che fa del 26 dicembre un secondo Natale: famiglie allo stadio, maglioni kitsch, cori a tema, il pub di quartiere che fa più incassi che in qualunque altro giorno dell’anno, i mezzi busti degli opinionisti TV che sfogliano “il giro di boa” della stagione. Resta la narrazione epica – da Old Trafford a Anfield, da Villa Park al St James’ Park – di partite che spesso diventano snodi psicologici più che tecnici. Ma un Boxing Day senza il “tutto in un giorno” perde quella qualità immersiva che lo rende unico nel panorama europeo: altrove si stacca, in Inghilterra si corre.
Nel Regno Unito il Boxing Day ha origini che precedono il calcio: era il giorno dei “Christmas boxes”, le mance o i doni ai lavoratori e ai servizi, con radici sociali e religiose che toccano San Stefano. Il fatto che il calcio, lo sport più popolare, si sia incastonato proprio in quella data non è un caso. La partita del 26 è un gesto culturale: mette in campo comunità, prossimità, rituali. Quando la Premier League nacque nel 1992, portò con sé sponsor, diritti, globalizzazione, ma tenne in agenda il Boxing Day. È il punto d’incontro tra memoria locale e industria globale.
I contratti domestici con Sky Sports e TNT Sports (e, fino al 2024, anche con Amazon per il pacchetto di dicembre) hanno raffinato la griglia: il valore si crea distribuendo finestre, non ingolfandole. Da qui l’enfasi sui 33 weekend e sui cinque infrasettimanali, il tetto dei “no back-to-back under 48 hours” durante le feste, e una maggiore prudenza quando il 26 cade fuori da sabato o domenica. È un equilibrio che nel 2026 – quando il 26 sarà sabato – dovrebbe tornare a favorire il rito “pieno”. Ma i nodi strutturali (Europa più ampia, FA Cup “protetta”, Mondiali e tornei FIFA che “incorniciano” le stagioni) resteranno.