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28 Ottobre 2025
Gerry Cardinale, proprietario di RedBird Capital Partners
Una porta socchiusa in uno studio radiofonico americano, un lampo rosso e nero su uno schermo, una frase che spiazza: «Possedere una squadra come il Milan è la cosa più difficile che abbia mai fatto». L’ammissione arriva da Gerry Cardinale, fondatore di RedBird Capital Partners, nel corso di una conversazione al podcast statunitense The Varsity. È l’incipit di un ragionamento più ampio, che non si limita all’epica sportiva: parla di modelli economici, di gap con la Premier League, di sostenibilità industriale e, soprattutto, di una gestione che negli ultimi tre esercizi ha portato il club a essere “cash flow positive” per la prima volta in 17 anni, con profitti interamente reinvestiti nella squadra e un progetto stadio pensato per cambiare la traiettoria dei ricavi. Parole che trovano riscontro nei numeri e nelle decisioni dell’ultimo biennio rossonero.
Lontano dai luoghi comuni, il racconto di Cardinale è soprattutto un dato di realtà: per competere, il Milan deve chiudere il gap con chi incassa molto di più, riorganizzare il proprio profilo finanziario e spingere sugli asset strutturali. La scaletta è chiara: continuità nei conti, investimenti tecnici, infrastrutture. Il tutto dentro un ecosistema – quello italiano – che, parole sue, è «resistente al cambiamento» e che a livello di diritti televisivi resta schiacciato dal predominio inglese. Il risultato? Una proprietà che, per statuto e storia, punta a coniugare ambizione sportiva e disciplina economica, senza scorciatoie.
«È una sfida, lo ammetto. E un livello di stress che non avevo mai sperimentato». L’affermazione di Cardinale fotografa il crinale su cui si muove ogni investitore che opera in un campionato con regole, governance e redditività diverse da quelle statunitensi. Ma il fondatore di RedBird inquadra la difficoltà dentro una “tesi d’investimento”: cercare dislocazioni di valore, intervenire dove il capitale può risolvere problemi, riscrivere processi. In altre parole, portare criteri industriali – e la cultura del ritorno sul capitale – in un settore che in Europa è spesso rimasto ancorato a logiche novecentesche. È qui che si inserisce il parallelo, suggestivo ma pragmatico, con i grandi innovatori proprietari del passato: «Voglio innovare, come fecero Silvio Berlusconi e George Steinbrenner», ha spiegato. Un’ambizione che, però, si misura nei fatti.
In data 28 ottobre 2024, il Milan ha annunciato il secondo utile consecutivo: +€4,1 milioni con ricavi record a €457 milioni per il bilancio chiuso al 30 giugno 2024. È la base che conferma una traiettoria di risanamento e crescita inaugurata con l’utile di €6,1 milioni dell’esercizio 2022/23 (primo utile in quasi due decenni). Questi risultati sono coerenti con la strategia RedBird: rafforzare i ricavi e reinvestire nel progetto sportivo, con oltre €100 milioni netti investiti nei due mercati successivi, al netto delle cessioni.
Quando Cardinale parla di essere “positivi sul flusso di cassa per la prima volta in 17 anni”, la frase si allinea a questo percorso: non solo conto economico in utile, ma capacità di generare cassa e di reimpiegarla nella squadra. È un cambio di paradigma per un club che, tra 2019 e 2021, aveva visto perdite molto più profonde. La differenza la fanno l’aumento dei ricavi commerciali e matchday, le competizioni europee e – non ultimo – una gestione attenta del costo del lavoro all’interno di una rosa ringiovanita.
«La nostra concorrenza non sono le altre 19 di Serie A, ma la Premier League». Qui la diagnosi è netta. Il campionato inglese incassa un multiplo dei diritti TV domestici e internazionali rispetto agli altri tornei top europei, creando un differenziale che impatta su salari, cartellini, staff tecnici e attrattività globale. Cardinale arriva a definirla un «buco nero economico» che drena ricchezza dal continente. Per riequilibrare il quadro, il proprietario rossonero indica due leve:
È una lettura coerente con quanto Cardinale ripete da anni: non basta mettere soldi, serve aumentare la produttività dell’“IP calcistico” – l’evento live più potente dell’entertainment globale.
Se i conti sono la spina dorsale, lo stadio è la leva che moltiplica la muscolatura commerciale. Il dossier milanese ha svoltato nell’autunno 2025: il Consiglio comunale ha approvato la vendita dell’area e dell’impianto di San Siro ai due club cittadini per €197 milioni, un passaggio che apre la strada alla sostituzione del vecchio impianto con una nuova arena da circa 71.500 posti, disegnata da Foster + Partners e Manica, e a un più ampio progetto di rigenerazione urbana.
I tempi ipotizzati: avvio lavori nel 2027, completamento per l’inizio della stagione 2030/31. Resta un’opposizione civica e politica che mira a tutelare il valore storico del Meazza, con l’ipotesi di preservarne una porzione. Ma la direzione – per ora – è tracciata, e la proprietà rossonera assicura da tempo il proprio impegno nella realizzazione di un impianto moderno, vero generatore di ricavi matchday e hospitality. È la differenza tra subire il mercato e governarlo.