Serie A
28 Ottobre 2025
TORINO SERIE A - Alberto Paleari, portiere classe 1992, ha iniziato la carriera nei campionati giovanili Regionali in Lombardia giocando anche per Seregno e Aldini
Il copione dell’ottava giornata all’Olimpico Grande Torino è il più classico dei romanzi granata: andare sotto, soffrire, correggere la rotta e ribaltare. Il Genoa parte meglio, trova il vantaggio con Thorsby, conclusione imparabile per chiunque, e prova a incanalare la partita nei propri binari: duelli aerei, densità centrale, ripartenze verticali. Il Torino, però, non si scompone. Il tecnico Marco Baroni mantiene il canovaccio della sfida col Napoli: stessa struttura, stessi principi, due sole correzioni. La più evidente è tra i pali: Alberto Paleari prende il posto di Israel, non al meglio.
SERATA DA PROTAGONISTA
La reazione granata cresce minuto dopo minuto. Le catene laterali iniziano a produrre superiorità, il ritmo del possesso si alza e il baricentro si stabilizza oltre la metà campo. Arriva il pari, poi il sorpasso: 2-1, stadio acceso e inerzia dalla parte del Torino. Ma il finale è una corda tesa, esattamente quando le gare vanno difese con lucidità, letture e nervi saldi. È qui che Paleari entra nella foto di copertina. Prima scena: recupero abbondante, Genoa tutto avanti, cross profondo sul secondo palo; il portiere granata legge la traiettoria, esce con tempi da manuale e respinge di piede, scelta non scontata che accorcia i tempi di intervento e «spegne» la seconda giocata. Seconda scena: l’azione più pericolosa dei liguri. Thorsby stacca e fa da sponda, Cornet è liberissimo al centro: sembra gol scritto. Paleari, invece, resta alto sulla linea, compie mezzo passo d’anticipo, si compatta e tira giù la saracinesca con un riflesso da portiere «caldo». Palla in angolo, braccia al cielo dei compagni e fotografia della serata: il dettaglio che separa i tre punti da un pari amaro.
DALLO SPOGLIATOIO AL CAMPO: UN LEADER CHE FUNZIONA
Al secondo anno in granata, Paleari è considerato un riferimento. La sua leadership, raccontano dentro il gruppo, passa da atteggiamenti quotidiani: puntualità, lavoro nei dettagli, relazione costante con i giovani. Essere «secondo» non significa essere di passaggio: significa farsi trovare pronto, accettare una gerarchia, ma anche insidiarla con prestazioni come questa. Non a caso, è già la seconda volta che il Torino si appoggia su di lui in stagione: in Coppa Italia contro il Pisa, al 95’, ha tenuto in piedi la qualificazione agli ottavi con un intervento a partita praticamente finita. Due crocevia, due risposte.
LA PARABOLA DI UN TARDIVO
La storia personale aiuta a capire il giocatore. Cresciuto nel vivaio del Milan (ma prima ancora era stato tra i Dilettanti all'Aldini), Paleari non ha svoltato immediatamente. La carriera è decollata a Cittadella, dove si è affermato fino a essere considerato il miglior portiere della Serie B 2018-2019: non un’etichetta romantica, ma la certificazione di un percorso tecnico. Da lì la chiamata del Genoa e il debutto in Serie A a 28 anni: tardi, secondo i canoni, ma con una solidità che i «precoci» spesso faticano a costruire. Dopo il passaggio al Benevento, l’approdo al Torino ha rimesso in asse ambizioni e contesto. Tre presenze complessive fin qui, due interventi «copertina» proprio contro l’ex Genoa: il destino ha una memoria ironica.
VERSO BOLOGNA: LA TENTAZIONE
La settimana si accorcia: mercoledì sera trasferta a Bologna. Israel ha ripreso confidenza col campo già nel post-partita, allenandosi sul prato del Grande Torino, ma non è ancora al 100%. Per Baroni si apre una finestra tecnica e psicologica: confermare chi ti ha appena blindato una vittoria oppure rimettere il titolare se offre garanzie fisiche complete. Per Paleari potrebbe essere, sarebbe la prima volta da quando è al Toro, il bis consecutivo in campionato. E la sua prestazione rende la scelta meno scomoda: qualunque decisione, il livello della porta resta alto.
COSA RESTA (OLTRE AI 3 PUNTI)
Resta l’idea di un Torino capace di cambiare pelle a gara in corso, di reggere psicologicamente il colpo dello svantaggio e di avere risorse in panchina pronte all’impatto. Resta la percezione di un gruppo che ha interiorizzato i principi dell’allenatore: densità in zona palla, aggressività controllata, utilizzo dei corridoi esterni per risalire il campo. E resta un portiere che, quando la partita si è ristretta in pochi istanti chiave, ha allungato la coperta.