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La fede calcistica non paga più: 320 milioni per liberarsi di un’altra cattedrale storica

Vendere il Maracanã per risanare il debito statale, ma Flamengo e Fluminense restano legati fino al 2044

Il prezzo dei templi del calcio accende il dibattito: 320 milioni per un’altra cattedrale

BRASILE • A sinistra il Maracanã, a destra Lionel Messi dopo la finale persa nel 2014

Gli stadi storici cominciano a pesare come fardelli d'oro. In Italia è un tema all'ordine del giorno, ma ora la questione ha varcato l'oceano e si è seduta anche sulle scrivanie delle istituzioni brasiliane. Chi avrebbe mai il coraggio di mettere in vendita un tempio del calcio mondiale? A Rio de Janeiro l'idea non è più un sussurro, ma un progetto nero su bianco: il governo statale vuole cedere il Maracanã. Il teatro che vide il dramma di un intero Paese, le lacrime più amare della Pulga, Lionel Messi, e che dà il titolo a quella traccia di Emis Killa tanto suonata dalle radio italiane, capace di riaccendere ricordi rimasti nell'ombra di un'intera generazione.

UN TEATRO STORICO

Il Maracanã venne inaugurato il 16 giugno 1950 a Rio de Janeiro per il Mondiale del celebre Maracanazo — la tragica partita fra Uruguay e Brasile che consegnò al calcio una delle sue leggende più nere. Davanti a oltre 170 mila persone, i Charrúas ribaltarono il vantaggio dei padroni di casa e conquistarono l'unica Coppa del Mondo non decisa da una finale secca. I cronisti dell'epoca parlarono di decine di morti: c'era chi si accasciò per un infarto al triplice fischio, e chi non resse al dolore nelle ore successive. L'italo-uruguaio Alcides Ghiggia, protagonista di quel match e futuro giocatore della Roma, ricordò in un'intervista a ESPN Argentina: «Aspettavamo e aspettavamo, ma nessuno entrava per darci la coppa».

Da allora, il Maracanã ha ospitato alcune delle pagine più iconiche del calcio mondiale. La finale del Mondiale 2014, dove la Pulga Lionel Messi conobbe l'amarezza più grande della sua carriera. Il suo primo rappresentante, Fabián Soldini, rivelò che nel 2015 lo stesso Messi gli confessò di «non dormire da un anno», tormentato dal ricordo di quella gara. Poi i Giochi Olimpici del 2016, l'ultima disfatta del Boca Juniors nella tanto agognata settima Copa Libertadores, e più recentemente la semifinale d'andata tra Racing e Flamengo, vinta da quest'ultimo per 1-0. Non è solo uno stadio: è una cattedrale. Il luogo dove il calcio brasiliano ha messo radici e dove il mondo ha imparato a celebrare l'amore verde-oro per il pallone.

IL PIANO ECONOMICO E LA TRINCEA LEGALE

Perché vendere? Perché i conti non tornano. «Il Governo investe una fortuna nella manutenzione del Maracanã, circa 160.000 euro per partita», ha spiegato Rodrigo Amorim, presidente della Commissione di Costituzione e Giustizia dell'Assemblea Legislativa di Rio de Janeiro, difendendo il progetto di legge del governatore Cláudio Castro (Partido Liberal), che punta a dismettere trenta immobili pubblici per tagliare la spesa. Secondo Amorim, la cessione dello stadio potrebbe generare circa 320 milioni di euro. Ma il vero nodo è un altro: lo Stato di Rio de Janeiro ha un debito di 1,89 miliardi di euro con il Governo federale e deve mettersi in regola entro il 2026. Amorim aggiunge un passaggio chiave: «L'iniziativa non mira principalmente a generare entrate, ma a evitare i costi dell'abbandono e a riattivare quelle strutture con un uso più produttivo». In altre parole: meno emorragia di denaro, più efficienza. Tutto, però, ancora sulla carta.

C'è infatti un avversario ingombrante di cui Amorim sembra non tener conto: la concessione in essere. Il Maracanã è affidato fino al 2044 al consorzio Fla-Flu (Flamengo e Fluminense), che vi gioca le gare casalinghe. Il gruppo ha già chiarito che il contratto dovrà essere rispettato fino all'ultimo giorno previsto dai termini. Come si vende un bene in concessione fino al 2044? Semplice: non si vende. O, almeno, non senza cambiare le regole prefissate. E qui la partita si fa delicata. Non parliamo di due semplici club, ma di vere e proprie potenze macroeconomiche del continente. Il Flamengo, in particolare, è ormai un modello di gestione “europea”: basta dare un'occhiata a nomi come Danilo, Jorginho o l'ultimo acquisto da big, Samuel Lino, prelevato per 22 milioni dall'Atlético Madrid.

L'ultima mossa del governatore Castro è però chiara. Ha approvato il Projeto de Lei Complementar 40/2025, che autorizza il governo a vendere beni pubblici anche se attualmente in concessione ai privati, tramite bando. Una privatizzazione totale del teatro più iconico del Brasile. È davvero possibile?  La palla ora rimbalza tra banchi e commissioni dell'Assemblea Legislativa, ma lo scenario è aperto: il Maracanã potrebbe finire nelle mani del consorzio Fla-Flu — o, peggio ancora, di chiunque possa permettersi di comprarlo.

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