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31 Ottobre 2025
Alfie Whiteman oggi è un fotografo e regista, solamente a maggio alzava l'Europa League con gli Spurs
La stanza è buia, il solo bagliore arriva dallo schermo della camera: un autoritratto dopo l’altro, oltre seicento scatti realizzati in un appartamento svedese durante un infortunio. Lì, lontano dal clamore della Premier League, Alfie Whiteman capisce che il suo futuro non è soltanto tra i pali. Passano pochi anni e succede l’impensabile: 21 maggio 2025, Bilbao, San Mamés. Il suo club, il Tottenham, solleva l’Europa League. E lui, 26 anni, un trofeo europeo appena vinto con la squadra della vita, sceglie di dire basta al calcio professionistico. Una decisione controcorrente, maturata in silenzio e annunciata senza fanfare, che oggi lo vede lavorare dietro l’obiettivo come fotografo e regista. Un addio che contiene un messaggio più grande del pallone: la libertà di scegliere chi essere davvero.
Cresciuto a due passi dal vecchio White Hart Lane, Whiteman entra nell’Academy del Tottenham a 10 anni, percorre tutta la trafila e diventa un prezioso elemento, utile nelle liste UEFA vista la lunga trafila fatta nelle giovanili del club londinese. Una di quelle storie da calcio inglese che profumano di fedeltà e fatica: campi d’allenamento, trasferte con l’Under 18, il salto nell’Under 21 e poi in prima squadra. Esordisce ufficialmente con gli Spurs il 26 novembre 2020: Europa League, Tottenham–Ludogorets 4-0, entra al posto di Joe Hart. È l’unica presenza ufficiale in maglia Spurs, ma segna un confine netto: ce l’ha fatta. Almeno una volta.
Intanto la trafila nelle nazionali giovanili inglesi: Inghilterra Under 17 (anche ai Mondiali U17 del 2015 in Cile) e Under 19. In quelle settimane si fa notare per reattività e personalità; i report federali lo citano tra i protagonisti in gare ad alta tensione. Non il predestinato di cui si scrive a caratteri cubitali, ma il portiere affidabile che sa tenere la porta chiusa nelle notti difficili.
Il 12 agosto 2021 arriva il primo vero strappo con la comfort zone: prestito al Degerfors IF, Allsvenskan, Svezia. Va via per giocare, per togliersi la ruggine di un ruolo che vive di minuti e non di promesse. In Svezia para, sbaglia, impara, e soprattutto riflette. Torna nel dicembre 2021, poi riparte a febbraio 2022 per una seconda parentesi al Degerfors. È lì che l’infortunio e la solitudine diventano crepe da cui entra luce: gli autoscatti, le fotografie, la curiosità per il cinema e il suono prendono forma concreta. Non è un passatempo: è una necessità.
Nel frattempo con il Tottenham il filo non si spezza: nuovo contratto nel febbraio 2023, ruolo di “homegrown” utile alle liste UEFA. Nell’estate 2023 un problema alla caviglia ne rallenta la marcia; rientra, chiede un prestito per giocare nel 2024/25, ma resta perché il club ha bisogno di lui in lista per l’Europa League. Gli Spurs andranno fino in fondo. Lui non sarà in campo, ma sarà parte del gruppo che il 21 maggio 2025 batte il Manchester United a Bilbao con un gol di Brennan Johnson. Quell'1-0 riempie bacheche e cuori: è il primo trofeo europeo Spurs dopo 41 anni. Anche Whiteman riceve la sua medaglia.
Dieci giorni dopo la notte basca, il 31 maggio 2025, il Tottenham ufficializza gli aggiornamenti di rosa: Alfie Whiteman lascia il club a fine contratto. È una nota sintetica, come si usa nel calcio moderno. Quello che la nota non dice è che l’ex portiere ha già preso una decisione anomala: rinunciare alle offerte (si parlerà di interessamenti fino alla Championship) e passare dall’altra parte dell’obiettivo, come fotografo e regista. Poche settimane, e il suo nome spunta in Somesuch, una delle case di produzione più premiate della scena londinese: set, progetti, storie da raccontare. La sua nuova partita si gioca lì.
Nelle interviste rilasciate Whiteman racconta senza rancore un mondo che lo ha formato, ma non completato: la sensazione di insularità culturale nel calcio d’élite, il ritmo ripetitivo delle giornate, l’idea che il valore di una persona non coincida col suo mestiere. Quando si è accorto che dietro la macchina da presa provava una felicità piena, la scelta è diventata logica. “Era ora”, sembra dirsi. E non è un caso che continui a suonare e a condurre un programma mensile su NTS Radio (“Sweet Tooth”), dove miscela jazz, new wave, dream pop e derive sperimentali. Il filo che unisce tutto è la curiosità.
Qui sta il paradosso. Per chi guarda il calcio da fuori, vincere un trofeo europeo a 26 anni è l’inizio, non la fine. Per Whiteman è stato un punto e a capo. Non c’è alcuna polemica con gli Spurs – la squadra di cui è tifoso da bambino – e nessuna rivincita con chi lo ha considerato “solo” un terzo portiere. Semplicemente, dopo Bilbao, ha capito che il suo “perché” abitava altrove. E quando trovi il perché, il come è una conseguenza. Lui, che aveva debuttato in una notte tranquilla di coppa (4-0 al Ludogorets, 26/11/2020), ha chiuso il cerchio nella notte più importante della recente storia Spurs. Sembra scritto da un narratore ironico: al traguardo c’è una medaglia, e insieme alla medaglia c’è una porta aperta. La attraversi? Whiteman l’ha attraversata.
Nell’era dei social e dei numeri, misuriamo tutto: presenze, clean sheet, trofei. Ma le carriere non sono obiettivi fotografici grandangolari buoni per tutti. Per qualcuno, la messa a fuoco è altrove. Whiteman non è stato il portiere che cancella domeniche all’avversario; è stato, nel calcio, un professionista rigoroso e un compagno affidabile, capace di attraversare le stagioni più pesanti degli Spurs e di prendersi il suo momento in una notte europea.
In un passaggio che ha fatto discutere, Whiteman ha evocato l’idea che attorno al calcio, a volte, si pensi più a “borse e auto” che alla sostanza. È una sintesi brutale di un malessere culturale più ampio: l’industria calcistica può risultare stretta a chi cerca orizzonti diversi. La sua non è una condanna: è una dichiarazione di identità. Il che spiega perché, appena liberato dal vincolo psicologico del “devo restare perché è il sogno di tutti”, abbia scelto la strada che lo metteva davvero in movimento. Lungo il percorso, sono arrivate occasioni bizzarre e formative – come un lavoro di riprese ai World Toe Wrestling Championships, punto di aggancio con un’industria, quella creativa, che di strade ne sa aprire.
Il passaggio non è stato improvvisato. In parallelo al calcio, Whiteman ha coltivato una cultura cinematografica fuori dal comune per un calciatore di alto livello: quasi 200 recensioni su Letterboxd, un cineclub a Londra, incursioni nella teatralità immersiva, DJ set per brand e spazi culturali, progetti di fotografia di moda. È una seconda carriera con fondamenta, non un ripiego.