Ho letto una interessante intervista a Renzo Ulivieri, presidente dell'associazione allenatori da tempo immemore - dal tema: Panchine ai vecchi o panchine ai giovani, più esperienza o più entusiasmo. L'ex ottimo allenatore ha subito fatto una distinzione: «Ci sono i maestri, i “copini”, e in un prossimo futuro ci saranno i meticci. Ai miei tempi i maestri erano Zeman, Sacchi, attualmente c'è Gasperini. Anch'io sono stato un grande copino, ho cercato di prendere tutto quello che potevo dai maestri». Lo stesso grande Luciano Spelletti, vincitore in Italia e all'estero, ha detto più di una volta di essere stato un attento copino. Ulivieri poi ha aggiunto: «Non dobbiamo avere timore dei troppo giovani, degli stranieri, questi portano novità, qualcosa di diverso. L'allenatore del domani, sarà un meticcio, un ibrido capace di assemblare più culture calcistiche».
Credo che le novità sul calcio di oggi siano più che altro nella comunicazione, dove si gareggia a chi riesce a inventare termini nuovi per sembrare un esperto. Invece di concentrarsi sul gioco vero e proprio dove novità non ce ne sono, si dà importanza alla retorica e al linguaggio tecnico per impressionare. Ma nel calcio non si vince con le parole, si vince facendo gol. I montaggi televisivi danno un'impressione interessante ma ingannevole in quanto le azioni veramente spettacolari di tutte le partite di campionato vengono concentrate nell'arco di pochi minuti, mentre il resto delle gare è spesso un susseguirsi di falli, proteste, passaggi all'indietro ai portieri - i quali dovrebbero essere puniti, se volontari, con l'espulsione. Questa sì che sarebbe una grande novità che darebbe più spettacolarità al calcio. Il portiere non può toccare più palloni del regista di metà campo! Un 'altra novità inutile sono i dati statistici. L'analisi tecnologica è ormai una parte integrante dell'area tecnica di una società, ma per capire se questi dati sono veramente indispensabili nel calcio moderno, basterebbe chiederlo ai tifosi delle squadre retrocesse. Scommetto che la loro risposta sarebbe un sonoro “no grazie, non ci sono serviti a niente. Al posto di pagare un data analyst, aumentate la rosa con un giocatore in più”.
ll calcio del passato, del presente e del futuro appartiene solo ed esclusivamente a due elementi che non passeranno mai di moda: il pallone l'attrezzo più vecchio e più nuovo allo stesso tempo, e il risultato, sostantivo che decide il destino di tutto e di tutti. ll pallone e il risultato: due verità ineluttabili. Il risultato può ingannare, premiare, condannare. Il pallone può far divertire o annoiare in funzione della bravura dei giocatori, ma restano le sole verità nel calcio.
Josè Bordolas, allenatore spagnolo - di cui ho già parlato in un mio precedente articolo - alla guida del Getafe, la quarta squadra di Madrid, è un uomo di grande onestà. Pur amando il bel gioco e ammirando le squadre di vertice come Real Madrid, Barcellona e il Manchester City di Guardiola, Bordolas afferma di avere un solo obiettivo: salvare il suo Getafe per i suoi tifosi appassionati, e definisce il suo metodo innovativo, che dovrebbe essere studiato e analizzato nei minimi dettagli, nonostante pratichi in Spagna il peggior calcio di cui va orgoglioso.
Qui da noi, i commentatori, gli esperti, tendono a sovra-analizzare le azioni e a vedere schemi e strategie dove in realtà c'è solo improvvisazione e talento individuale. Schemi, schemi ovunque, basta un giocatore che alza un braccio su un calcio d'angolo e voilà, il cronista esclama: “<Schema!”. Ah certo, schema nella confusione totale in area di rigore tra spintoni e trattenute dove invece si spera solo che l'incaricato non lo calci fuori. Poi c'è la famosa frase “Si vede la mano del tecnico”, pronunciata sempre dopo il risultato. Una squadra gioca per un tempo con la formazione "giusta" poi subisce un gol, si sbilancia in avanti, perde gli equilibri, inserisce fantasisti o attaccanti, altera totalmente la formazione di partenza, gioca il finale del match con la formazione "sbagliata”, a volte recupera e vince. Qual'è allora il calcio che vince, quello giusto o quello sbagliato?
Quando l'analisi tattica lascia il posto all'incertezza, l'allenatore abbandona il suo sapere, la teoria, subentra la paura della sconfitta, e si affida alla freschezza dei cambi, spera nella rivalsa dei calciatori meno utilizzati, quelli seduti in panchina con il broncio. Spera anche nella fortuna confidando nelle parole del grande Vujadin Boskov: «La palla entra in rete quando il Dio del calcio vuole». E allora perché non affidarsi anche a essa, lasciando che il destino giochi a favore. Le sostituzioni sono la liberazione da tutto ciò che si è detto e provato in settimana, l'ultima carta da giocare per ribaltare la partita. Non si deve pensare di essere giudicati bravi, preparati, moderni se si sostituiscono certe parole come settori in catene. Esse sono zone laterali, centrali, diagonali del campo dove si individua una frequente combinazione di passaggi e di azioni. Oppure coperture in preventive che tatticamente, allora come adesso, vogliono dire: occhio al contropiede o occupare gli spazi vuoti, o in passato smarcarsi. Hanno tutti e due lo stesso significato tattico, così come i due principali movimenti del così detto “gioco moderno”: 1) In fase difensiva, pensare alla transizione offensiva, ossia passare velocemente dalla difesa all'attacco, il classico contropiede 2) In fase offensiva pensare alla transizione difensiva, ossia passare velocemente dall'attacco alla difesa. Tutta uguale, niente di nuovo. Concludo: sogno che le mie riflessioni raggiungano il bravo Renzo Ulivieri, personaggio dei miei tempi, di cui ho una grande stima, e che possano incontrare il sì o il no del suo consenso.