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Prima giocatore, ora tecnico: il Wolverhampton sceglie Rob Edwards per tentare una salvezza disperata

L'ex difensore lascia il Middlesbrough da secondo in classifica e prende i Wolves ultimi con 2 punti in 10 partite

Rob Edwards

I Wolves ripartono da Rob Edwards per cambiare rotta

Su un tavolo della sala stampa del Molineux finisce una maglia consumata dal tempo: il numero era il 3, le pieghe raccontano quasi vent’anni di scaffali e traslochi. È la maglia con cui Rob Edwards difendeva l’area di Wolverhampton. Oggi la scena si ribalta: la maglia resta un cimelio, ma l’uomo è di nuovo al centro del progetto. I Wolves gli hanno affidato la panchina con un contratto di tre anni e mezzo e una missione semplice solo sulla carta: ricompattare un club ferito e accompagnarlo fuori dalla zona d’ombra che vede la squadra ultima in Premier League, con la miseria di 2 punti in 10 partite e una situazione societaria confusionaria. Nel mezzo, una certezza: la scommessa è identitaria prima ancora che tecnica.

UN RITORNO, 4 CAPITOLI

Il legame tra Rob Edwards e Wolverhampton Wanderers non è un semplice filo di memoria. È una trama fitta, fatta di quattro capitoli: da calciatore dell’Old Gold tra il 2004 e il 2008 (oltre 110 presenze), da tecnico dell’Under-18, da allenatore ad interim per due gare nel 2016, e adesso da head coach della prima squadra. In mezzo, una crescita manageriale che ha portato l’allenatore nato a Telford a vincere la League Two con il Forest Green Rovers nel 2022, a guidare il Luton Town alla promozione in Premier League nel maggio 2023 e a rimettere in moto un progetto ambizioso in Championship al Middlesbrough, lasciato nelle posizioni di vertice prima della chiamata di Molineux. Questo ritorno non è nostalgia: è un investimento sull’identità.

La scelta dei Wolves arriva dieci giorni dopo l’esonero di Vítor Pereira, sollevato dall’incarico il 2 novembre 2025 dopo un avvio di stagione segnato da 0 vittorie e appena 2 punti in 10 giornate di Premier League, con un passivo difensivo pesante e umore della piazza in caduta. Una sconfitta per 3-0 a Craven Cottage contro il Fulham ha fatto da detonatore, preceduta dall’eliminazione in Carabao Cup contro il Chelsea. Il club ha riconosciuto il lavoro svolto dal tecnico portoghese nella passata stagione, quando la squadra si era rialzata e aveva centrato la salvezza, ma ha preso atto dell’evidenza: serviva una scossa. Nel frattempo, gli allenamenti sono stati guidati dallo staff dell’Academy, mentre la dirigenza lavorava alla soluzione definitiva.

LA FINE AL MIDDELSBROUGH E LA TRATTATIVA

Il profilo di Edwards era in cima alla lista già nelle ore successive all’esonero. La dirigenza, con l’executive chairman Jeff Shi e il director of football Matt Jackson, ha costruito un’operazione rapida e coerente: contratto di tre anni e mezzo, ritorno “a casa” e apertura di un ciclo nuovo. Per liberarlo dal Middlesbrough, squadra che lascia al secondo posto in Championship, seconda divisione del calcio inglese, è stato necessario un accordo di compensazione che, secondo fonti inglesi attendibili, si attesta attorno ai 3 milioni di sterline. Con lui arriva l’assistente Harry Watling, tecnico con esperienze fra l’Academy inglese e una parentesi negli Stati Uniti con l’Hartford Athletic, già parte dello staff di Edwards nell’ultima esperienza. Altri innesti nello staff tecnico verranno confermati a breve, con l’obiettivo di dare continuità a metodi e linguaggio di campo sin dai primi allenamenti.

PERCHÈ PROPRIO ROB EDWARDS

Ci sono scelte che parlano ai numeri, e scelte che parlano alle persone. Questa fa entrambe le cose.

  1. Continuità culturale: Edwards conosce il club, la città, i tifosi. Sa cosa significa portare la maglia Old Gold, sa cosa pretende il Molineux: aggressività misurata, coraggio con la palla, compattezza senza, e la capacità di leggere l’emozione di una curva che si accende e pretende risposte immediate.
  2. Upgrade tattico: negli ultimi anni ha dimostrato di saper costruire una struttura riconoscibile. Al Forest Green ha imposto un gioco proattivo, palla a terra e pressione organizzata; al Luton ha tradotto il concetto in Premier League alzando l’intensità, valorizzando principi semplici ma ripetuti con rigore: ampiezza funzionale, catene laterali, attacco dell’area con più uomini; al Middlesbrough ha rifinito la fluidità tra 3-5-2 e 4-3-3, con particolare attenzione al pressing sui primi passaggi avversari.

Il messaggio della proprietà è chiaro: serve un modello prima ancora di una scorciatoia. E Edwards, con la sua biografia, è un ponte tra il passato e il futuro.

LA SITUAZIONE: CLASSIFICA DEFICITARIA E CALENDARIO TOSTO

L’allarme classifica è reale. Con 2 punti in 10 partite, la zona salvezza è distante e il calendario non ha regalato tregue. Il calendario a breve termine non concede troppa poesia. Serviranno punti “sporchi” e partite “da risultato”:

  1. Trasferte contro squadre fisiche? Linea alta solo a palla coperta, altrimenti metà campo e densità centrale.
  2. Scontri diretti: qui conta il dettaglio, il set-piece e la gestione dei minuti caldi dopo gol fatti/subiti.
  3. Big Six: identità senza suicidi. Blocchi compatti, ripartenze con 3 uomini e ambizione di attaccare la profondità, non solo di “uscire” dalla pressione.

Il piano non è rinunciatario, ma intelligente: crescere senza cedere altri metri alla classifica. Ma non sarà facile visto gli impegni: esordio casalingo con il Crystal Palace il 22 novembre, poi le sfide a chi lotta per un posto in Europa come Aston Villa e Manchester United, chi lotta per il Titolo come Liverpool e Arsenal, o ancora il delicati appuntamento con un'altra attuale avversaria nella lotta salvezza: il Nottingham Forest. Tutto questo in un mese, chiama Edwards a dare subito una scossa.

DIMENSIONE PSICOLOGICA E DI MERCATO

La parte più difficile, a volte, non è tattica ma sonora. Quando una squadra raccoglie 2 punti in 10 gare, il rumore fuori diventa assordante. Un compito di Edwards sarà trasformare quel rumore in ritmo: allenamenti corti e intensi, messaggi chiari, scalette quotidiane uguali per tutti. La prevedibilità delle routine riduce l’ansia da risultato e restituisce ai calciatori un luogo sicuro dove “tornare” ogni giorno.

Un club che ha cambiato allenatore a novembre ragiona necessariamente anche a gennaio. Il tema non è comprare, ma comprare bene. Con Edwards la priorità, salvo sorprese, riguarda: Un esterno capace di garantire sprint e cross a ripetizione, una mezzala “elastica”, per alzare la corsa e la lettura degli half-spaces, un difensore “aggressivo” in anticipo, se i numeri sulla prima palla lunga avversaria continueranno a essere negativi. Il tutto senza stravolgere, perché il primo innesto è l’idea. Nel mare di internazionalizzazione della Premier League, la scelta dei Wolves rimette al centro un tecnico cresciuto nel sistema inglese: dalla base ai vivaio, dal “fare” quotidiano alla gestione dell’intensità come competenza. È un messaggio di fiducia alla scuola che costruisce allenatori a partire dall’attenzione ai dettagli. Non è un ritorno al passato, ma la conferma che le idee contano più del passaporto.

UNA PANCHINA, UNA MAGLIA E UNA CITTÀ

Quella vecchia maglia col 3 resterà una cornice di memoria nello studio del nuovo allenatore. Ma non sarà il feticcio del passato. Sarà un promemoria: si può cambiare tutto — ruolo, staff, lavagne tattiche — senza smarrire il senso del luogo. È su questo che i Wolves hanno scommesso: che un uomo cresciuto qui, che ha già vinto altrove, possa riportare qui la cosa più difficile da misurare in punti ma determinante per farli: la connessione. Il resto verrà dal campo: dai duelli vinti, dalle corse in più, da quelle palle inattive che finalmente troveranno il tempo giusto. Nel frattempo, Wolverhampton ha ritrovato un volto familiare. E a volte, per ricominciare, basta guardarsi negli occhi e dirsi: bentornati noi.

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