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12 Novembre 2025
Oscar sviene al test da sforzo con il San Paolo, ricoverato all’Einstein
La stanza dei test è silenziosa, si sente solo il fruscio delle ventole e il ritmo regolare della cyclette ergometrica. A un certo punto il flusso si interrompe: il corpo di Oscar si affloscia, il monitor smette di “raccontare” un esercizio come tanti. In circa due minuti la luce si spegne e si riaccende: abbastanza per far scattare il protocollo d’emergenza, per chiamare un’ambulanza e per riempire di apprensione un’intera tifoseria. Ieri, al SuperCT del San Paolo. Il trequartista brasiliano, ex Chelsea, viene trasportato al Hospital Israelita Albert Einstein. La diagnosi provvisoria parla di “alterazioni cardiologiche” emerse durante i test. Le sue condizioni sono “clinicamente stabili”, ma la degenza continua in osservazione, tra esami e domande che vanno oltre il calcio.
Secondo la nota ufficiale diffusa dal San Paolo, l’episodio si è verificato durante i controlli di routine previsti in vista della pre‑stagione 2026. Il club parla di un’“intercorrência com alterações cardiológicas” e sottolinea che l’intervento dei medici del club e della squadra del Einstein Hospital Israelita, presente sul posto per la batteria di esami, è stato immediato. Successivamente il giocatore è stato trasferito in ambulanza all’ospedale, dove è rimasto in osservazione per ulteriori accertamenti. Stabile il quadro clinico, in attesa di chiarimenti diagnostici.
Fonti convergenti riportano che il malore è avvenuto su una bicicletta ergometrica, durante un test a intervalli; Oscar avrebbe perso conoscenza per un lasso di tempo stimato in uno‑due minuti prima di riprendersi. Alcuni media brasiliani e internazionali, citando ambienti vicini al club, riferiscono di aritimia cardiaca riscontrata in sede d’esame e di un percorso di diagnosi che comprende anche esami avanzati (tra cui una possibile risonanza e un cateterismo diagnostico), nel massimo rispetto della privacy del calciatore. Il club ha promesso aggiornamenti congiunti con il giocatore.
Il caso non nasce dal nulla. Già ad agosto 2025, durante gli approfondimenti successivi alla frattura vertebrale rimediata in un derby con il Corinthians, nei controlli su Oscar era emersa un’“anomalía” a carico dell’apparato cardiaco. All’epoca, dopo ulteriori valutazioni, il giocatore aveva comunque ricevuto l’idoneità a proseguire l’attività agonistica. L’episodio di questa settimana riapre però ogni scenario, al punto che il trequartista starebbe valutando — con famiglia e staff medico — la possibilità di interrompere la carriera in via precauzionale.
Al momento, il bollettino condiviso dal San Paolo e rilanciato dai principali media brasiliani parla di situazione “clinicamente stabile” e di permanenza in ospedale per osservazione. Nei casi come questo, il percorso standard prevede una batteria di esami: monitoraggio cardiaco continuo, ECG seriati, esami ematici, imaging (fino alla risonanza magnetica cardiaca) e, quando indicato, cateterismo a scopo diagnostico per chiarire la natura delle aritmie o di eventuali anomalie strutturali. Le testate che seguono da vicino il club riferiscono di accertamenti in corso in UTI (terapia intensiva) a scopo prudenziale e di decisioni sul rientro completamente subordinate al responso dei medici.
In questo quadro, l’episodio che ha coinvolto Oscar non è un “fulmine a ciel sereno” in termini procedurali: è proprio durante l’ergoespirometria e i test progressivi che possono emergere aritmie o “alterazioni” non sempre evidenti a riposo, e per cui gli staff medici prevedono protocolli di gestione immediata.
Classe 1991, cresciuto nel settore giovanile del San Paolo e poi passato all’Internacional, Oscar ha scritto una parte della sua carriera in Europa con il trasferimento al Chelsea nel 2012 (operazione da circa 25 milioni di sterline), vincendo in Inghilterra prima dell’avventura in Cina con lo Shanghai Port dal 2017. È rientrato in patria a inizio 2025, firmando con il San Paolo un contratto fino a fine 2027. Numeri e palmarès raccontano di un trequartista creativo, decisivo tra linee e palle inattive, con 48 presenze nella Seleção maggiore. La sua annata brasiliana, però, è stata segnata da problemi fisici: lesioni muscolari, una frattura a tre vertebre in luglio, quindi uno stop al polpaccio nelle scorse settimane. L’idea, fino a pochi giorni fa, era di rivederlo in lista per il derby del 20 novembre contro il Corinthians alla Neo Química Arena. Gli eventi degli ultimi giorni hanno naturalmente rimesso in discussione tempi e obiettivi.
Nel comunicato diffuso, il San Paolo ha mantenuto una linea di comunicazione sobria, centrata su due messaggi: prudenza medica e rispetto della privacy del calciatore. La nota ribadisce che aggiornamenti saranno diffusi “in comune accordo con Oscar”. Nel frattempo, il processo decisionale resta saldamente in mano al team sanitario dell’Einstein e a quello del club, con una timeline che non forzerà rientri né annuncerà scelte definitive fino al completamento degli esami. È una cornice in cui la priorità dichiarata è una sola: la salute.
L’eventuale ritorno in campo di Oscar non è una questione di settimane sul calendario, ma di parametri clinici. In casi come questo la letteratura e le linee guida indicano percorsi individualizzati: stabilizzazione, identificazione del meccanismo aritmico, valutazione del rischio in esercizio, eventuale terapia (farmacologica, ablazione transcatetere, impianto di dispositivi, se necessario) e soltanto dopo un fit‑to‑play condiviso e documentato. A livello di sistema, va ricordato che la triade — anamnesi, visita, ECG basale — è la base della pre‑partecipation evaluation in numerosi contesti, cui si aggiungono esami mirati in presenza di segni o sintomi. Anche per questo gli staff sono presenti in forze durante i test pre‑stagionali: perché è proprio lì che si intercetta ciò che a riposo non si vede.
Per il San Paolo, che aveva programmato una finestra di test allargata in vista della nuova stagione, l’episodio suona come un promemoria brutale sull’importanza della medicina dello sport. La presenza del team dell’Einstein direttamente al SuperCT ha consentito un tempo‑risposta pressoché immediato: un dettaglio che, in scenari cardiaci, fa la differenza. In termini di gestione, il club ha già dovuto ricalibrare i carichi e rinviare ogni discorso sull’impiego del giocatore, evitando dichiarazioni affrettate sulle tempistiche. Nel frattempo lo spogliatoio, i tecnici e la dirigenza — in pubblico e in privato — mantengono una linea di unità e protezione intorno al calciatore e alla sua famiglia.
Storie come quella di Oscar ricordano al sistema che la prevenzione è un investimento, non una voce di costo. In Sudamerica le federazioni e i club hanno rafforzato i propri protocolli anche alla luce delle esperienze internazionali e degli standard condivisi nelle sedi scientifiche: la mappatura recente delle pratiche di screening tra le 211 federazioni affiliate FIFA fotografa un mondo che, pur con differenze, si muove nella stessa direzione: più screening, più formazione, più integrazione tra club e strutture ospedaliere.
Sul piano sportivo‑amministrativo, Oscar ha un accordo in essere con il San Paolo fino a dicembre 2027. Ogni ipotesi di risoluzione consensuale o di sospensione delle attività è subordinata al riscontro medico e alla volontà del giocatore. Al momento, le ricostruzioni più attendibili parlano di un confronto aperto tra calciatore, famiglia e società, con l’eventualità di una decisione drastica — come l’addio al calcio — presa in considerazione se venisse confermato un rischio inaccettabile per la salute. Qui, più che altrove, il tempo non lo decide il calendario delle competizioni ma la scienza.