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13 Novembre 2025
Zinedine Zidane ai microfoni di RMC apre le porte al ritorno in panchina
La scena è insolita. Non il Bernabéu, non un palco di gala, ma lo stadio Mayol di Tolone: al “Match des Légendes”, evento di beneficenza organizzato dall’associazione “Un Sourire, un Espoir pour la Vie”, Zinedine Zidane non gioca, osserva, consiglia, indica movimenti come in un allenamento. E quando RMC gli chiede del futuro, lui sdrammatizza — «adesso farò l’allenatore per un po’» — poi affonda: «bientôt», “presto”. Un avverbio che, pronunciato da Zizou, pesa più di un comunicato. Che il campione francese stia per tornare?
Quel “presto” non è episodio isolato. Da mesi, tra interviste e comparsate pubbliche, Zidane ha scelto parole misurate per dire che i tempi si stanno accorciando: «Spero di poter allenare rapidamente», aveva confidato in TV; a Tolone il registro si è fatto più esplicito e il contesto — un evento popolare, non una passerella — ha amplificato il segnale. Nessun nome, nessuna data, ma la certezza di un countdown. E di una platea che attende.
Ma è impossibile discutere il presente senza ripassare il palmarès. In due cicli al Real Madrid, Zizou ha costruito un record: 3 Champions League consecutive (2016, 2017, 2018), 2 Supercoppe europee, 2 Mondiali per Club, 1 Liga, 1 Supercoppa di Spagna. Numeri che lo collocano in una nicchia che comprende pochi eletti e che certificano una competenza spesso sottovalutata: quella di governare lo spogliatoio nei contesti di massima pressione.
Più che uno “stratega da lavagna”, il tecnico francese è stato il grande normalizzatore dell’eccezionale. Ha trasformato stelle in collettivo, protetto i leader più esposti, gestito risorse come Cristiano Ronaldo, Sergio Ramos, Modric, Benzema, valorizzando i comprimari. E lo ha fatto con un tasso di efficacia europeo che le statistiche della UEFA hanno messo in chiaro: percentuali di vittoria nelle competizioni continentali d’élite tra le più alte della sua era, e l’unicità del “three-peat” moderno in Champions.
L’ultima partita ufficiale da tecnico risale alla stagione 2020/2021. Poi l’addio al Real Madrid nell’estate 2021, con una seconda esperienza chiusa senza trofei ma con l’aura intatta di chi ha ridefinito la gestione delle grandi notti europee. Da allora, per Zidane, è stata un’altra partita: tempo per la famiglia, per iniziative imprenditoriali, per il padel e per il marchio Z5. Ma anche per filtrare proposte, dire “no” a panchine prestigiose, aspettare il progetto giusto. Quattro anni fuori dal frastuono, in un calcio che brucia allenatori in quattro mesi: una scelta controcorrente che oggi rende il ritorno ancora più atteso.
E il nodo, oggi, ha un nome e una data: Francia 2026. A gennaio 2025, Didier Deschamps ha annunciato che lascerà il ruolo di commissario tecnico dopo il Mondiale 2026: una scelta che, pur nel rispetto dei tempi federali, ha reso più nitido lo scenario della successione. È fisiologico che il nome di Zidane torni a giganteggiare: la convergenza tra ambizione personale e “timing” istituzionale è evidente.
Non è un mistero che, in questi anni, Zidane abbia sempre evitato di vincolarsi a medio termine con club prestigiosi - si ricordino Juventus, Bayern, Manchester United e PSG - proprio perché l’orizzonte Bleus si stava delineando. Di recente, tra Festival dello Sport e interviste, ha ribadito che allenare la nazionale resta un obiettivo “naturale”. Ma attenzione: nessuna investitura ufficiale, e la FFF ha già ricordato che i nomi si faranno a tempo debito.