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14 Novembre 2025
Foto instagram @zinhovanheusden
Al minuto 58, con il tabellone del Banus Football Center inchiodato sull’1-1, Zinho Vanheusden guarda la panchina e scuote la testa. Si appoggia al fisioterapista, saluta i compagni uno a uno e lascia il campo tra gli applausi. L’AD Alcorcon vincerà 2-1 a Marbella, ma il risultato è un dettaglio. Il referto degli esami, arrivato nei giorni successivi, è una sentenza: rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro. Per la terza volta in carriera. A 26 anni, chi ha vestito il nerazzurro nell’orbita dell’Inter e sognato la Nazionale, si ritrova davanti a un bivio che assomiglia terribilmente a un’uscita di scena.
Domenica 9 novembre 2025, il Marbella FC ospita l’AD Alcorcon in Primera Federacion (la terza serie spagnola). Vanheusden rientra tra i convocati, gioca titolare, poi alza bandiera bianca dopo un’ora. L’azione incriminata non ha nulla di epico: un contrasto, un appoggio, la sensazione inconfondibile di “qualcosa che cede”. Pochi giorni più tardi, la diagnosi conferma il peggiore degli scenari: crociato anteriore del ginocchio sinistro rotto. E con questo fanno tre, in soli otto anni.
A complicare la traiettoria, negli ultimi anni si sono sommate altre noie fisiche: un’ernia inguinale recidiva tra 2024 e 2025, una frattura del piede ai tempi dell’AZ Alkmaar, diversi stop di condizione. Tasselli che spiegano perché il suo contachilometri professionale si sia riempito più di soste che di partenze.
Cresciuto tra Standard Liege e Inter, Vanheusden è stato per anni inserito nelle liste dei migliori prospetti difensivi europei: fisico, letture preventive, qualità nell’uscita palla. Nel 2019 lo Standard lo riporta a casa con un’operazione importante, l’Inter conserva opzioni e lo riabbraccia nel 2021, salvo mandarlo in prestito al Genoa in Serie A. Poi la parentesi AZ Alkmaar in Eredivisie, il ritorno allo Standard, un passaggio al KV Mechelen e infine la scelta controcorrente dell’estate 2025: rescissione con i nerazzurri e firma fino al 30 giugno 2026 con il Marbella FC, realtà ambiziosa della terza serie spagnola. Una “B” travestita da “C” per livello di organizzazione e bacino, un contesto dove rimettersi in vetrina senza pressioni asfissianti.
Il suo impatto andaluso, però, è stato già punteggiato da allarmi: a settembre 2025 il club aveva escluso lesioni gravi dopo un problema alla stessa zona, diagnosticando un edema osseo. La ricaduta di novembre ha cancellato quelle caute rassicurazioni.
Scatto amarcord per Venheusden ai tempi dell'Inter: qui con Pinamonti, oggi centravanti del Sassuolo
Una rottura del legamento crociato anteriore comporta in genere tempi di recupero tra i 6 e i 9 mesi, con variabilità legata a stabilità articolare, lesioni associate (menisco, cartilagine) e qualità del percorso riabilitativo. Con tre interventi alle spalle sullo stesso distretto, la prognosi spesso si allunga e il ritorno al livello precedente diventa statisticamente più complicato. È un percorso che richiede decisioni condivise tra atleta, chirurgo e staff: tipo di innesto, gestione delle tappe della fisioterapia (range di movimento, rinforzo, propriocettiva), criteri di rientro (test isocinetici, salto, cambi di direzione). In sostanza: ogni rientro “frettoloso” è un rischio moltiplicato.
Il dato clinico non racconta tutto. Il terzo crociato non è solo una traiettoria chirurgica; è soprattutto un tema di identità sportiva. Vanheusden aveva confidato in passato di aver pensato al ritiro. Parole che oggi, dopo l’ultimo responso, ritornano con una potenza diversa. Il confine tra ostinazione e tutela di sé è sottile: a 26 anni, riflettere su un addio non è una sconfitta ma una possibilità concreta di scegliere il proprio futuro prima che lo scelgano i legamenti. Inter, Standard, Genoa, AZ, Mechelen, Marbella: sigle che, nell’immaginario del difensore di Hasselt, avrebbero dovuto comporre una mappa verso l’élite e che invece restituiscono una traiettoria sincopata.
L'8 ottobre 2020, in Belgio–Costa d’Avorio (1-1), Vanheusden ha collezionato l’unica presenza con la Nazionale maggiore, entrando nel gruppo dei difensori monitorati per il futuro. Tanti allora intravedevano un percorso “alla Alderweireld”: centrale elegante, cresciuto in un vivaio importante, pronto al salto internazionale. Quel gettone resta oggi un punto esclamativo isolato in un curriculum con troppe virgole.
È difficile raccontare un addio quando forse non è ancora scritto. Ma se anche la carriera professionistica dovesse fermarsi qui, l’immagine che resta è quella di un ragazzo che, dopo l’ennesimo “crack”, trova la forza di uscire con la testa alta e ringraziare il pubblico. In un calcio che spesso misura tutto in minuti, presenze, valutazioni di mercato, c’è qualcosa di più grande che si chiama dignità. E Zinho Vanheusden, comunque vada, non l’ha mai persa.
Per ora restano i fatti: tre rotture del crociato in otto anni, un futuro da riscrivere. E una storia che racconta perché il calcio, a volte, è più onesto delle favole.