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Serie A

Apparve dal nulla a 17 anni parando subito ogni cosa, il debutto del più forte del Mondo è storia di 30 anni fa

Il giorno in cui un ragazzo all'esordio fermò il Milan dei Campioni e cambiò la storia del ruolo iniziando una scalata incredibile

PARMA SERIE A 1995-1996 GIANLUIGI BUFFON

Gianluigi Buffon, classe 1978, debuttò in Serie A il 19 novembre 1995 in Parma-Milan al Tardini tenendo la porta inviolata

Il ragazzo ha i guanti troppo grandi e lo sguardo di chi non ha intenzione di restare sullo sfondo. È il pomeriggio di domenica, il cielo di Parma è di un grigio metallico, lo stadio «Tardini» vibra: di fronte c’è il Milan di Fabio Capello, una formazione da figurine Panini animate, con Franco Baresi, Paolo Maldini, Marcel Desailly, Zvonimir Boban, Roberto Baggio, George Weah. Sulla panchina del Parma siede Nevio Scala, che quella mattina ha bussato alla porta del più giovane dei suoi: «Te la senti?». Il ragazzo, Gianluigi Buffon, 17 anni appena, risponde senza tremare: «Eccome». È il 19 novembre 1995 e all'epoca molti italiani seguono le loro squadre preferite allo stadio o sono sintonizzati su Rai3 per vedere «Quelli che il calcio» condotto da Fabio Fazio. Un'epoca fa. Tra pochi giorni 30 anni fa. Il resto è diventato un pezzo di lessico familiare del mondo del pallone italiano.

LA SCELTA DI BUFFON E NON DI NISTA
La partita nasce da un’urgenza: il titolare, Luca Bucci (anche nel giro della Nazionale e terzo portiere a Usa '94), è ai box per un problema alla spalla; il secondo, Alessandro Nista, già titolare in Serie A ai tempi dell'Ancona nella stagione 1992-1993, non ha convinto pienamente nell’uscita precedente. Scala e lo staff, incluso il preparatore dei portieri Enzo Di Palma, vedono in allenamento un adolescente parare tutto. La tentazione di «bruciarlo» contro i più forti è grande, il rischio pure. Ma quelle mani sembrano magnetiche: la decisione matura tra giovedì e sabato, e alla vigilia il tecnico compie il passo che cambierà la carriera di un portiere e il modo di intendere il coraggio. Buffon parte quindi titolare. 0-0 il punteggio finale, ma per chi c’era quello è un risultato di contorno.

IL RACCONTO DELLA GARA: 4 INTERVENTI CHE SONO UN MANIFESTO
1) Al 7’ una palla a campanile di Boban piove in area: Buffon si arrampica in aria e la stringe in presa alta. È il gesto con cui un debuttante prende le misure al palco. 2) Al 13’ Weah inventa per Eranio: l’uscita bassa del ragazzo è tempismo e istinto. Rischio calcolato, pallone sradicato dai piedi dell’avversario. 3) In chiusura di primo tempo, sullo sviluppo di un filtrante, la sponda di Weah diventa un invito a nozze per Roberto Baggio: incornata dal limite dell’area piccola, riflesso e mano forte di Buffon. 4) Al 78’ il capolavoro: sugli sviluppi di un corner, il neoentrato Marco Simone si gira in un fazzoletto a pochi passi; Buffon si distende e ci arriva con una parata da fotografia. Quattro interventi decisivi, la differenza tra una sconfitta probabile e una resa dei conti rinviata. Il Milan fa la partita, ma il ragazzino abbassa la saracinesca e regala al Parma un punto pesante e una certezza: quel cognome non passerà inosservato. Clean sheet all’esordio, contro i futuri campioni d’Italia.

LE PAROLE CHE FECERO IL GIRO D'ITALIA
Nel dopopartita, la sintesi più precisa la offre Fabio Capello: «Avremmo meritato di vincere, ma in porta c’era Buffon». Un tributo che vale un’investitura. Dalla parte opposta, Nevio Scala ricorda il dialogo della vigilia: bussa alla porta, chiede se se la senta, e riceve un «Qual è il problema, mister?» pronunciato con la naturalezza di chi non vede l’ora. Lo stesso Buffon, anni dopo, racconterà quel turbine di emozioni: l’ansia buona, la consapevolezza dell’occasione, la spavalderia del 17enne. È la retorica? No: sono i dettagli che aiutano a capire perché quel debutto sia rimasto un archetipo. Il Parma della metà degli anni ’90 è un laboratorio di eccellenze: in difesa Fabio Cannavaro e Néstor Sensini, sugli esterni Antonio Benarrivo, in mezzo sostanza e geometrie, davanti la fantasia di Gianfranco Zola e la potenza di Hristo Stoichkov. È una squadra che sa stare bassa e colpire, capace di resistere alla pressione e ribaltare il campo.

OLTRE L'ESORDIO: 7 PARTITE FINO A NATALE, POI LA SCALATA
Non fu un lampo isolato. In quello scorcio di autunno-inverno, Buffon giocò altre gare di peso, contro Juventus e Napoli, confermando la tenuta psicologica e la qualità nella gestione dell’area. Quegli interventi decisivi contro il Milan gli spalancarono la fiducia del gruppo e il rispetto della stampa. Il Parma capì di avere tra le mani un progetto di portiere diverso: aggressivo nello «spazio corto», dominante nelle prese alte, freddo nelle uscite basse. Il pubblico, abituato ai fuoriclasse di movimento, cominciò a riconoscere nel numero 1 un fattore di risultato. Quattro anni dopo quell’esordio, nel 1999, Buffon alzò con il Parma un triplete italiano: Coppa Italia, Coppa UEFA e Supercoppa Italiana. Nel luglio 2001 passò alla Juventus e il resto è storia ben conosciuta da tutti. Le gioie con la Nazionale Italiana con la vittoria del Mondiale 2006, l'esperienza al PSG, il ritorno alla Juventus e la chiusura del cerchio proprio con il Parma.

IL SENSO DI QUELLA DOMENICA PER IL CALCIO ITALIANO
Quella domenica 19 novembre 1995 è diventata una chiave di lettura. Per gli allenatori, un invito ad avere coraggio con i giovani quando i segnali sono chiari; per gli osservatori, la prova che la personalità può essere un asset misurabile tanto quanto il salto, l’apertura delle braccia o il tempo di reazione. Per chi guarda, un ricordo nitido: una grande squadra che spinge, un portiere sconosciuto che dice «no» le volte che bastano, il pubblico che si alza a capire che sta succedendo qualcosa. Il fatto che l’avversario fosse il Milan di Capello, destinato a vincere lo scudetto, amplifica l’effetto. Una parata su Baggio non è una parata qualsiasi; negare il gol a Weah, Pallone d’Oro, non è mestiere da esordienti. Quel 19 novembre 1995 si saldarono due piani: il talento che si afferma e la scenografia che lo consacra.

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