Mondiali 2026
20 Novembre 2025
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Un portellone che si chiude, il ronzio dell’illuminazione che cala e, in un angolo del La Cartuja, il silenzio sospetto di uno spogliatoio ormai vuoto. Poco prima, in campo, Dani Olmo aveva acceso la notte di Siviglia e Mikel Oyarzabal aveva messo il punto all’ennesima qualificazione mondiale della Spagna; dall’altra parte, Deniz Gul e Salih Ozcan avevano graffiato l’imbattibilità delle Furie Rosse, consegnando alla Turchia il biglietto per i playoff. Poi, la coda inattesa: un orologio stimato inizialmente in circa 200.000 euro e due anelli da oltre 60.000 euro ciascuno risultano mancanti nello spogliatoio degli ospiti. Inizia così un caso che, nel giro di 24 ore, passa dall’allarme furto al ritrovamento degli oggetti, con una indagine aperta e un quadro informativo non privo di contraddizioni.
Nela serata di martedì, al termine di Spagna–Turchia 2-2 valido per le qualificazioni europee a USA‑Messico‑Canada 2026, la delegazione turca segnala la scomparsa di tre preziosi dal proprio spogliatoio nel settore ospiti dello stadio La Cartuja di Siviglia. Le prime ricostruzioni, rilanciate da media sportivi internazionali, parlano di un orologio di circa 200.000 euro e di due anelli stimati in oltre 60.000 ciascuno. In quel momento l’ipotesi prevalente è il furto, con contestuale presentazione di una denuncia e l’apertura di un fascicolo da parte della polizia.
Nelle ore successive arrivano aggiornamenti: la Policia Nacional individua e recupera gli oggetti e, secondo alcune testate, procede ad almeno un fermo per chiarire come sia stato possibile accedere all’area degli spogliatoi, zona normalmente “sterile”, filtrata da badge, liste accrediti e personale di sicurezza. In parallelo, altre fonti accreditate di stampa spagnola riferiscono che gli oggetti sarebbero stati semplicemente “dimenticati” dal calciatore proprietario e recuperati dopo la segnalazione della squadra, con valori stimati più bassi: 90.000 euro per l’orologio e 60.000 ciascuno per i due anelli (totale 150.000 euro). Due narrazioni diverse che condividono però il punto chiave: i preziosi sono stati ritrovati.
La versione “furto”: testate sportive internazionali e di settore riportano l’apertura di un’indagine per la scomparsa di beni per “oltre 300.000 euro” dallo spogliatoio turco, sostenendo il recupero dei gioielli e un primo fermo, con accertamenti su un possibile accesso interno o su un’intrusione non autorizzata. La versione “dimenticanza”: agenzie e quotidiani spagnoli di cronaca (con citazioni dirette della Policia Nacional) parlano invece di oggetti “olvidados” dal calciatore, notati soltanto quando la squadra era già al San Pablo Airport. Da qui, la chiamata alla sicurezza e il successivo recupero. La discrepanza non è banale e suggerisce prudenza: la notizia nasce come presunto furto, si evolve nel ritrovamento e poi si biforca tra chi parla di arresto e chi racconta un semplice recupero di beni dimenticati.
Il rumore mediatico cresce perché non si tratta di una serata qualsiasi: la Spagna blinda la qualificazione diretta al Mondiale 2026 e mantiene l’imbattibilità nel girone, mentre la Turchia di Vincenzo Montella archivia un prezioso 2-2 esterno che vale il secondo posto e il pass per gli spareggi. Una gara intensa, aperta dal guizzo di Dani Olmo al 4’, pareggiata dal primo sigillo in nazionale di Deniz Gul poco prima dell’intervallo, ribaltata da un gran destro di Salih Ozcan al 54’ e infine rimessa in equilibrio dal tocco di Mikel Oyarzabal al 62’. In altre parole: una partita “pesante”, alla quale si somma un retroscena di cronaca che, inevitabilmente, catalizza l’attenzione. La Spagna di Luis de la Fuente era padrona del girone e aveva bisogno soltanto di evitare un tracollo per blindare il pass diretto. La Turchia, invece, inseguiva un’impresa aritmeticamente proibitiva per prendersi il primo posto ma, con il 2-2, ha consolidato il secondo e il conseguente playoff. Il confronto ha segnato la fine della “perfezione” numerica di una Spagna che fin lì non aveva subito gol nel cammino qualificazione, mentre ha ribadito la crescita della Turchia sotto la guida di Vincenzo Montella. La cornice di una partita di questo peso spiega perché qualsiasi anomalia extra‑campo diventi immediatamente notizia globale.
Cosa sia avvenuto in quei minuti nello spogliatoio turco di La Cartuja è materia che verrà definita solo da atti e verbali. Nel frattempo, i punti fermi sono il ritrovamento dei preziosi e l’assenza di ulteriori conseguenze sportive o disciplinari. Se le indagini confermassero un accesso indebito, si aprirebbe un fronte delicato per la gestione della sicurezza in uno stadio che, negli ultimi anni, è divenuto “casa” delle Furie Rosse. Se invece prevalesse la ricostruzione della dimenticanza, l’episodio resterebbe come monito sulla gestione dei beni personali in contesti ad alta pressione temporale. In entrambi i casi, l’onda d’urto mediatica è stata amplificata dalla valutazione economica dei gioielli e dalla tempistica immediatamente successiva a una partita di primo piano.
L’eventuale fermo è destinato a sfociare in imputazione o si è trattato di un atto dovuto per verifiche? I log di accesso e le telecamere dei corridoi confermano presenze non autorizzate nell’area spogliatoi della Turchia? Qual è la quantificazione ufficiale dei valori, al netto delle stime giornalistiche divergenti (150mila o 300mila euro)? Finché la Policia Nacional non archivierà il fascicolo con una versione definitiva, resterà un cono d’ombra che solo i documenti di indagine potranno illuminare. Nel frattempo, una certezza: gli oggetti sono tornati al legittimo proprietario e la Turchia è già concentrata sulla prossima partita che vale un Mondiale.