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Serie C

Si sono fatti le ossa con pioggia orizzontale e fango, ora ricevono applausi in Serie A: i portieri paura non ne hanno

Dalla gavetta ai riflettori: dati, storie e strategie che spiegano come la terza serie continui a plasmare i numeri 1 attuali

PORTIERI SERIE A CRESCIUTI IN SERIE C - ALBERTO PALEARI MICHELE DI GREGORIO LORENZO MONTIPÒ

Alberto Paleari (Torino), Michele Di Gregorio (Juventus)e Lorenzo Montipò (Verona) sono alcuni dei portieri ora in Serie A passati per la Serie C

Una porta scrostata, uno stadio da 5mila posti, pioggia orizzontale e palloni che scivolano come saponette. È un venerdì sera di Serie C. A distanza di pochi anni, quei pali diventano lo Stadium, San Siro o l’Olimpico. Non è una fiaba: è la cartografia nascosta del ruolo più esigente del calcio italiano. Oggi in Serie A ben 25 portieri su 60 hanno un passato tra i Professionisti di terza serie: oltre il 40% dell’intero contingente. Un dato clamoroso che racconta molto più di una statistica: descrive un modello formativo, una cultura tecnica e una rete di club che alla gavetta chiedono di essere scuola, non soltanto palcoscenico. La rilevazione più recente, confermata da un’analisi di settore, aggiunge un’altra immagine potente: tutte le squadre di Serie A, tranne la Fiorentina, hanno almeno un estremo difensore con «impronte digitali» sulla Serie C. E i titolari formatisi tra i campi della C sono sempre di più: basti pensare a Michele Di Gregorio alla Juventus, Alberto Paleari al TorinoElia Caprile al Cagliari, Wladimiro Falcone al Lecce, Lorenzo Montipò all’Hellas Verona. Non sono eccezioni: sono la prova che la terza serie italiana è diventata, a tutti gli effetti, l’anticamera naturale del ruolo.

IL NUMERO CHE ABBINA PROSPETTIVA: 25 SU 60
L’osservazione chiave è semplice e spiazzante: su 60 portieri tesserati nei club di Serie A, 25 hanno già giocato in Serie C. Tradotto: più di un estremo difensore su tre, vicino a un «quasi uno su due» se si scompone il dato tra titolari, prime e seconde riserve. Questo significa che, per il mestiere del portiere, l’ultimo gradino prima dell’eccellenza non è soltanto la Serie B o la Primavera d’élite, ma uno specifico habitat competitivo fatto di campi complicati, attacchi diretti, palloni sporchi, tempi di decisione «veri». In C si impara a comandare l’area, a leggere rimbalzi irregolari, a resistere alla pressione del risultato che vale la salvezza o il playoff. È una palestra che modella carattere e fondamentali.

I CASI-SCUOLA
1) Il percorso di Michele Di Gregorio è emblematico. Prima di diventare il portiere su cui la Juventus ha investito in estate 2024, operazione da circa 18 milioni di euro, e di essere premiato come «Miglior portiere» della Serie A 2023-2024, Di Gregorio ha fatto ossa vere in C con Renate e Novara, accumulando decine di partite in cui la tecnica si mescola alla sopravvivenza agonistica. Oggi è un titolare di vertice, capace di coniugare reattività e gioco coi piedi, e il suo curriculum dice che la prima catapulta è stata la terza serie. 2) Elia Caprile, attuale numero uno del Cagliari, ha cambiato la traiettoria della propria carriera grazie alla stagione 2021-2022 in Serie C alla Pro Patria: 39 presenze e 12 clean sheet, numeri che lo hanno instradato verso Bari, poi Napoli, quindi il salto in A con Empoli e la definitiva consacrazione in Sardegna. Arrivato a Cagliari nel gennaio 2025 in prestito, il club ha esercitato il riscatto in estate, blindandolo fino al 2029: la fiducia su un portiere «cresciuto» nella C è stata totale e concreta. 3) Wladimiro Falcone è l’altro volto-simbolo. La sua mappa professionale è un atlante della Serie C: Como, Savona, Livorno, Gavorrano, Lucchese. Il ciclo di apprendistato lo ha reso un titolare granitico in Serie A con il Lecce, per tre stagioni consecutive. La ripetizione di contesti e difficoltà «minori» ha forgiato un portiere da categoria superiore. 4) Lorenzo Montipò, oggi riferimento dell’Hellas Verona, difese la porta del Siena in Serie C (2015-2016) prima di risalire le categorie e stabilizzarsi in A con rendimento da leader. In questa stagione il Verona è la cartolina perfetta della «filiera C»: oltre a Montipò, il vice Simone Perilli ha un lungo passato tra Pro Patria, Reggiana e Pordenone; il giovane Giacomo Toniolo ha già accumulato minuti in C tra Legnago e Lumezzane.

UNA RETE STRUTTURALE: SECONDE SQUADRA E ASCENSORE PER LA SERIE A
C’è poi un elemento sistemico che ha accelerato il travaso di portieri dalla Serie C alla Serie A: il progetto delle «seconde squadre». La pioniera è stata la Juventus Next Gen (nata nel 2018 come Juventus Under 23), un laboratorio che ha superato quota 200 gare di regular season in Lega Pro ed è ormai un flusso stabile di professionismo per i talenti bianconeri. Nel 2023 è arrivata l’Atalanta Under 23, con ammissione deliberata dal Consiglio Federale e un progetto dichiarato di «ponte competitivo» fra Primavera e prima squadra. Nel 2024 ha debuttato il Milan Futuro, inserito nel Girone B: un altro corridoio diretto per lanciare giovani, tra cui, dettaglio non secondario, i portieri. L’impatto sull’ecosistema è evidente: allenarsi da professionisti durante la settimana, giocare partite «vere» la domenica, restare sotto lo stesso cappello metodologico del club di Serie A. Per un portiere significa replicare routine, principi di costruzione dal basso e letture difensive della prima squadra in un contesto meno mediatico ma non meno severo. È un vantaggio competitivo che nel medio periodo si traduce in minutaggio robusto e prontezza al salto.

I MOTIVI PER CUI LA SERIE C FA «SCUOLA»
Se chiedete a un preparatore dei portieri cosa rende la Serie C un passaggio prezioso, elencherà almeno cinque dimensioni decisive: 1) Fisicità delle aree: in C l’area piccola è spesso territorio conteso con palloni alti, piazzati e mischie. Uscite alte, tempi e coraggio diventano automatismi. 2) Campo e meteo: i terreni irregolari e le condizioni climatiche complicate insegnano la gestione dell’errore tecnico e del rimbalzo sporco. 3) Pressione «vera»: in C la classifica pesa. Sbagliare può significare playout, una città intera che si aggrappa alle parate del suo numero uno. È una palestra mentale che in Primavera non si replica. 4) Comando della linea: molti club difendono bassi e protetti; ciò obbliga il portiere a «dirigere» la linea, a comunicare costantemente, a leggere seconde palle e transizioni. 5) Costruzione dal basso «adattiva»: lavorare sul gioco con i piedi senza la protezione di meccanismi automatizzati da top club sviluppa creatività, tempi di gioco e «scansione dei rischi». Queste competenze, quando si sale in Serie A, fanno la differenza: è anche per questo che l’incidenza dei portieri «passati dalla C» resta così alta.

VERONA, IL MANIFESTO: 3 PORTIERI DALLA SERIE C
Se la Fiorentina rappresenta l’eccezione, l’Hellas Verona è il manifesto opposto. Tutti e tre i portieri gialloblù hanno tagli di carriera in C: Montipò con il Siena, Perilli con Pro Patria, Reggiana e Pordenone, Toniolo già in campo con Legnago e poi al Lumezzane. Un modello di profondità che consente al club di tenere alta la competizione interna, garantendo esperienza e minutaggio «vero» anche alle alternative. La prossima fotografia, tra uno o due anni, potrebbe raccontare una Serie A in cui metà dei portieri arriva davvero dalla C. E sarà un’ottima notizia: significherà che il sistema-Italia avrà rimesso al centro il tempo, la pazienza, la tecnica quotidiana. E che quel venerdì di pioggia, in uno stadio da 5mila posti, resterà per sempre la lezione più importante.

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