Serie A
28 Novembre 2025
SERIE A MILAN • Davide Bartesaghi
Una panchina che scricchiola sotto il peso dell’attesa, le mani tese al cielo di San Siro, il tabellone che si illumina su una data: 23 settembre 2023. È il minuto 75’ di Milan–Verona quando Davide Bartesaghi - classe 2005, terzino sinistro cresciuto in Casa Milan - riceve la chiamata, entra al posto di Alessandro Florenzi e si prende il suo primo frammento di Serie A. Non è il gol di una vita, non è un dribbling da copertina: è l’istante in cui il percorso dal settore giovanile alla prima squadra smette di essere una promessa e diventa una rotta praticata. Da lì in avanti, il fil rouge che lega Primavera, Milan Futuro e prima squadra ha iniziato a farsi più spesso, a volte accidentato, ma riconoscibile. E oggi - tra retrocessioni della “seconda squadra”, debutti da record e ritorni da prestiti formativi - racconta una verità: il vivaio rossonero è tornato a produrre profili che incidono.
Il percorso di Davide Bartesaghi si può leggere da due angoli. Quello “ufficiale”, che ci restituisce i passaggi chiave: trafila giovanile, esordio in Serie A il 23/09/2023 contro il Verona, firma del primo contratto da professionista con scadenza 2026 (2 ottobre 2023), convocazioni ricorrenti e un minutaggio cresciuto tra 2023 e 2025 fino a stabilizzarlo come opzione credibile nello slot di terzino sinistro del Milan. Resta, però, il valore di una lettura sul rendimento in pagella che intercetta una tendenza: Bartesaghi è percepito come affidabile e in crescita, abbastanza da diventare un profilo tenuto in considerazione dagli staff tecnici.
I fatti certificati definiscono il perimetro: debutto in A a 17 anni e 268 giorni in Milan–Verona del 23/09/2023; passaggio al professionismo con contratto fino al 30/06/2026; sviluppo continuo tra Primavera, Milan Futuro e prima squadra con presenze via via più sostanziose. È il profilo-tipo del terzino “moderno” che il vivaio rossonero prova a sfornare: stazza (oltre i 190 cm), corsa e duello aereo, con un margine di costruzione ancora da rifinire.
Per capire se Bartesaghi è un caso o l’espressione di un trend, basta guardare indietro. I nomi ci sono e pesano.
Questi percorsi raccontano tre idee-chiave: la centralità del minutaggio “vero” (anche attraverso prestiti), la forza di un contesto tecnico che protegge e rilancia, e l’utilità di una seconda squadra per costruire il passaggio adolescenza–professionismo.
Il vivaio è sano non solo se produce “titolari del Milan”, ma anche se genera patrimonio tecnico spendibile nel calcio professionistico. Qui entrano in scena i profili che hanno brillato e poi hanno trovato la loro strada altrove.
C’è infine un tema che va oltre i singoli: l’identità. Le stagioni recenti hanno visto un Milan capace di alternare grandi colpi di mercato a inserimenti homegrown. Se la prima via porta talento immediato, la seconda costruisce appartenenza e sostenibilità. Il capitano uscito dal vivaio (Calabria, dal 2022/23) è un segnale forte. I “titolari conquistati” come Gabbia sono l’altra faccia della stessa medaglia. I “ponti” come Pobega o i record di Camarda completano il quadro. In mezzo, profili come Bartesaghi che cercano di trasformare la fiducia in status.
Se c’è una lezione che il percorso degli ultimi anni consegna al presente è che i numeri - date di esordio, presenze, minuti, ma anche voti - raccontano solo metà della storia. L’altra metà è fatta di fiducia tecnica, continuità di progetto e di una cultura che non ha paura di lanciare un classe 2008 a 15 anni e 260 giorni, o di riportare a casa un centrale “cresciuto in famiglia” e renderlo il perno della difesa.
In fondo, l’equilibrio tra mercato e vivaio è il vero mestiere di chi costruisce squadre che durano. E la storia recente del Milan dice che, con tutti i suoi strappi e le sue contraddizioni, quella rotta c’è. È fatta di date incise in taccuino, di gol che non si dimenticano, di contratti che blindano scelte. E di ragazzi - Bartesaghi, Simić, Camarda, Pobega, Gabbia, Calabria - che a volte arrivano in silenzio, poi si prendono la scena con naturalezza. Quando usciranno di nuovo dalla panchina, San Siro saprà già il loro nome.