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Serie A

Il figlio d'arte debutta a San Siro con l'Inter in prima squadra, è una straordinaria storia di calcio

Una partita che vale i quarti, racconta un’idea e mette un segnalibro sulla sua storia: dietro il risultato una porta spalancata per i giovani

INTER SERIE A - LEONARDO BOVO

INTER SERIE A - Leonardo Bovo, centrocampista classe 2005, conta 9 presenze nella squadra Under 23 di Serie C

Una scena minima, quasi invisibile nel frastuono di San Siro pieno e soddisfatto. Il tabellone segna già un perentorio 5-1, il pubblico applaude, eppure l’istante che resta è un altro: al 79’, il quarto uomo alza la lavagna luminosa e il numero in rosso è l’8. Esce Petar Sucic, entra il 45. È la prima volta di Leonardo Bovo, classe 2005, dentro il proscenio che fa tremare le gambe e allunga le carriere. Pochi minuti? Sì. Trascurabili? Per niente. Debuttare nell’Inter dei grandi, a San Siro, in una serata di Coppa Italia in cui i nerazzurri dominano il Venezia è l’inizio di un racconto che parla di campo, di progetto e di metodo. Di una casa che ha deciso di aprire la porta ai suoi ragazzi e di valorizzarne il cammino, senza sconti ma con una direzione chiara.

INTER «SERIA», LA CORNICE DI UN ESORDIO
La partita dice tanto, quasi tutto, sul contesto in cui quell’esordio matura. L’Inter di Cristian Chivu gioca «serio», come ribadisce il tecnico a fine gara, e travolge il Venezia negli ottavi di Coppa Italia: 5-1. Segnano in sequenza Andy Diouf al 18’, Pio Esposito al 20’, Marcus Thuram al 34’ e poi ancora al 51’; nel mezzo il gol di Richie Sagrado al 66’ per i lagunari, prima del sigillo di Ange‑Yoan Bonny al 76’. Una gara comandata, interpretata con maturità e intensità, davanti a uno stadio che fiuta da subito serata lieta. Lo dicono i tabellini ufficiali del club e le cronache dei media: partita senza storia, performance autoritaria e qualificazione ai quarti, dove a febbraio i nerazzurri sfideranno la vincente tra Roma e Torino. E in questa sceneggiatura, con il punteggio al sicuro e il ritmo sotto controllo, c’è lo spazio per due prime volte: Matteo Spinaccè e il già citato Leonardo Bovo salgono sul palco del Meazza. È un dettaglio? No, è un indizio. Interpretabile solo se allunghiamo lo sguardo oltre i 90 minuti

IL PROGETTO COME ARCHITRAVE: COSA SIGNIFICA L'UNDER 23
La chiave per leggere l’ingresso di Bovo è nelle fondamenta: l’Inter Under 23. Una seconda squadra pensata per colmare il salto tra Primavera e prima squadra con partite vere, contro adulti, in un campionato che non perdona: la Serie C. È qui che Bovo si sporca le mani, «imparando il mestiere» nel Girone A, accumulando minuti, contrasti, responsabilità. Le cronache di categoria lo certificano: 9 presenze con l’Under 23 nerazzurra nella prima parte di stagione, dentro un percorso che sta consolidando l’esperienza competitiva dei giovani interisti. Non un jolly estemporaneo, ma un tassello coerente di una strategia: impianto tecnico, staff che comunica, e una filiera in cui allenarsi e giocare «da professionisti» tutti i giorni.

CHIVU, LA VOCE DEL PROGETTO
Il sostantivo‑guida nella notte di San Siro è «atteggiamento». Cristian Chivu lo ripete, lo sottolinea, lo lega ai nomi dei giovani. Dentro un 5-1 che non lascia appelli, il tecnico vede soprattutto un comportamento: rispetto dell’avversario, applicazione, qualità nelle scelte. C’è la soddisfazione per Diouf alla prima da titolare e in gol, per la doppietta di Thuram, per la rete di Bonny, ma soprattutto per chi «oggi ha giocato per la prima volta a San Siro». Parole misurate, che fotografano il senso dell’operazione: «gruppo forte», crescita da consolidare, e l’idea che «il merito è dei ragazzi, dei nuovi e dei giovani immediatamente integrati». È il manifesto notturno della politica nerazzurra: i debutti non sono premi fine a sé stessi, sono una tappa di un percorso. 

«SAN SIRO RESTA DENTRO», LA VOCE DI BOVO
La dichiarazione più semplice, e per questo più importante, arriva dal protagonista. Leonardo Bovo, poco dopo la gara, racconta a Inter TV quanto sia «bellissimo esordire a San Siro»: il tipo di emozione che lascia un segno. Ma la parte che colpisce è lo sguardo sul mezzo: «La Serie C ci aiuta a colmare il gap tra Primavera e prima squadra». Dentro quella parola,  gap, c’è tutto. Ritmo, fisicità, tempi di scelta, errori «che costano». Bovo aggiunge che i compagni sono «tutti disponibili» con consigli quotidiani, e confessa di aver ricoperto più ruoli: mezzala o play, «ma nasco regista». Il modello? Guardare da vicino Hakan Çalhanoğlu e rubare dettagli. È la grammatica dell’apprendimento accanto ai campioni: osservare, replicare, adattare.

DA DOVE ARRIVA: L'IDENTIKIT
Per definire Bovo servono poche categorie chiare. Figlio di Raffaello Bovo, ex centrocampista anni '80 tra i Professionisti con Venezia, Ravenna e Sassuolo, è un centrocampista moderno, alto circa 1,87, piede educato, indole da regista con licenza d’inserirsi da mezzala. Cresciuto nel vivaio nerazzurro, si è imposto in Primavera, arrivando in questa stagione al gradino intermedio della Under 23. È un profilo che l’Inter sta «nutrendo» con un pallottoliere di minuti progressivi, competizione dopo competizione. Capita spesso, nelle cronache, che i «pochissimi minuti» finiscano nel cestino delle cose irrilevanti. È un errore di prospettiva. Nel calcio dei dettagli, quei minuti sono il primo mattone di una casa che puoi scegliere se abitare. Leonardo Bovo ci è entrato la sera del 3 dicembre, con addosso il 45 e negli occhi la luce di uno stadio che non si dimentica. Una certezza c’è, ed è scritta nel formato più semplice: Inter 5‑1 Venezia, qualificazione ai quarti, debutto segnato sul taccuino. Non c’è modo migliore per iniziare a scrivere.

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