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Lutto

A 75 anni ci lascia il CT della Nazionale per la quale tutti fanno il tifo, ha fatto innamorare generazioni di italiani

Per il cantautore tante canzoni che ancora oggi resistono al rumore del tempo e l'impegno civico alla guida della selezione

NAZIONALE ITALIA CANTANTI - SANDRO GIACOBBE

NAZIONALE ITALIA CANTANTI - Sandro Giacobbe, classe 1949, ha contribuito a fondare la selezione azzurra con la quale contava 375 presenze e 4 reti

La stanza è silenziosa, il mare d’inverno a pochi chilometri. A San Salvatore di Cogorno, nella casa dove aveva scelto di ritirarsi, Sandro Giacobbe si è spento il 5 dicembre 2025, a 75 anni. La notizia ha attraversato in poche ore le radio, i social e le chat di chi è cresciuto con quelle melodie che non urlavano, ma restavano. È un addio che pesa non solo per ciò che il cantautore genovese ha rappresentato negli anni Settanta e Ottanta, ma perché chiude, con pudore, com’era nel suo stile, una stagione della musica popolare italiana capace di parlare di amore, desiderio, rimorso e tenerezza senza mai diventare caricatura.

UNA VITA TRA CANZONI E CALCIO SOLIDALE
Nato a Genova il 14 dicembre 1949, voce e penna tra le più riconoscibili della nostra canzone d’autore «popolare», Giacobbe si era costruito una reputazione di autore schivo e di interprete essenziale: pochi virtuosismi, tanta sostanza. Il suo nome è legato a brani come “Signora mia” (1974) e “Gli occhi di tua madre” (1976), oltre all’iconica “Il giardino proibito” (1975), canzone dalla doppia vita — italiana e spagnola — che lo rese familiare anche oltre confine. La sua passione parallela, il calcio, lo portò a vestire e poi a guidare la Nazionale Italiana Cantanti, la squadra che da decenni trasforma il pallone in raccolte fondi. In quell’universo di spettacolo e beneficenza, Giacobbe era considerato un riferimento: misurato, presente, concreto.

L'ULTIMO TRATTO, CON CORAGGIO
Negli ultimi 10 anni, Giacobbe aveva affrontato una lunga e complessa battaglia contro un tumore: prima alla prostata, poi, stando a sue recenti testimonianze televisive, con complicazioni alle ossa e, in alcune fasi, interessamenti più estesi. Aveva raccontato con estrema franchezza il suo percorso, dalla chirurgia alla radioterapia, fino alla necessità di muoversi in carrozzina per il rischio di fratture al bacino e al femore. In primavera, nelle interviste a Domenica In e a Verissimo, aveva scelto di mostrarsi senza difese, con quella sincerità spiazzante di chi non cerca applausi ma condivisione. «Ogni giorno è un giorno intenso, vicino a chi amo», diceva, con al fianco la moglie Marina Peroni. I funerali si terranno, secondo le indicazioni comunicate nelle ore successive alla scomparsa, il martedì 9 dicembre, alle 15, nella Cattedrale di Nostra Signora dell’Orto a Chiavari. Un congedo nella sua terra, tra la riviera e l’entroterra che aveva sempre rivendicato come parte della sua identità artistica e personale.

GIACOBBE, IL GENTILUOMO DEL POP
All’inizio degli anni Settanta, mentre la nuova canzone d’autore spingeva verso l’impegno e la sperimentazione, Giacobbe sceglieva la via controintuitiva dell’intimità. Nel 1974 irrompe con “Signora mia”, brano in equilibrio tra racconto quotidiano e sottile ironia sentimentale, che entra subito nella top ten della hit parade e lo porta all’attenzione nazionale. È la cifra di Giacobbe: melodie scolpite, voce naturale, testi che sussurrano invece di sovraccaricare. Nel 1975 pubblica Il giardino proibito, album e singolo omonimo che affronta il tema del desiderio e della tentazione con un linguaggio diretto ma privo di compiacimento. La canzone, firmata con Daniele Pace e Oscar Avogadro, diventa uno dei suoi marchi d’autore. Nella versione in spagnolo, “El Jardín Prohibido”, arriva al numero 1 in Spagna nel 1976, trasformando Giacobbe in un ponte sonoro tra Italia e mondo iberico. La scrittura resta italiana, l’emotività diventa transnazionale.

IL TERZO POSTO A SANREMO
La consacrazione definitiva arriva al Festival di Sanremo 1976, con “Gli occhi di tua madre”: canzone che tocca corde universali, gelosie, sospetti, memorie, e gli vale il terzo posto in una finale combattuta, ex aequo con gli Albatros di Toto Cutugno. La traccia entra nelle classifiche, rimane una costante delle radio e delle raccolte successive, e ancora oggi è l’istantanea più nitida del suo modo di raccontare l’amore: senza pose, con il peso specifico delle parole giuste. Nel 1982 firma “Sarà la nostalgia”, ultimo grande centro in classifica: un titolo che suona come dichiarazione estetica. La nostalgia di Giacobbe non ha odore di naftalina: è materia viva, è il racconto di ciò che resta quando l’innamoramento si fa memoria. È in questa stagione che il cantautore intensifica i concerti e lega sempre più spesso la sua agenda a iniziative solidali, un legame che sfocerà nell’impegno pluriennale con la Nazionale Italiana Cantanti, dove sarà non solo protagonista in campo, ma anche allenatore.

IL CALCIO COME GESTO CIVICO: LA NAZIONALE CANTANTI
Chi ha incrociato Giacobbe allo stadio racconta un uomo disponibile, concentrato sul risultato che conta davvero: raccogliere fondi. Con la Nazionale Italiana Cantanti, la sua presenza è stata lunga e operosa, in campo e a bordo campo, anche come allenatore. In un ambiente che rischia talvolta di fermarsi ai riflettori, Giacobbe ha ricordato che lo spettacolo può essere anche servizio. La sua Liguria, in particolare, lo ha visto spesso protagonista di partite e iniziative nel segno della solidarietà. Nel salutarlo, l’invito più onesto è tornare alle canzoni. Non serve un altarino di parole, bastano quattro minuti di musica per ritrovare quella umanità senza sovratoni che era la sua firma. Riascoltare “Signora mia” o “Gli occhi di tua madre” oggi non è esercizio di nostalgia: è ricordare che la musica leggera italiana ha avuto, e ha ancora, il coraggio di stare vicino alla vita normale, quella fatta di piccoli gesti, paure concrete e grandi affetti.

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