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Lutto

A 76 anni ci lascia una leggenda del calcio dei bei tempi, vinse una Coppa e allevò il portiere del Napoli di Maradona

Significativa la sua esperienza in Serie B con la maglia granata, fu anche idolo dei tifosi del club dello Stretto

AREZZO - EZIO MUSA

Ezio Musa aveva iniziato con il Baracca Lugo, il salto nei Professionisti arrivò con la Solbiatese nel 1970 e nell'autunno 1973 si trasferì ad Arezzo diventando amatissimo dalla tifoseria locale

Il calcio italiano perde uno dei suoi interpreti più genuini e affascinanti: Ezio Musa, morto il 4 dicembre all’età di 76 anni dopo una lunga malattia. Un’ala sinistra come non se ne vedono quasi più tra Serie B e Serie C: estrosa, sfrontata, istintiva, capace con una sola accelerazione di spaccare una partita e di trascinare una curva in piedi. Musa apparteneva a un calcio che viveva di emozioni immediate, di folle che si accendevano per un dribbling o un cross ben pennellato, di stadi provinciali che diventavano teatri popolari. E lui, quel teatro, lo ha illuminato ovunque sia andato. Dunque un giocatore la cui carriera è stata semplicemente qualcosa di notevole in un periodo calcistico in cui per emergere era doveroso dimostrare tutto il proprio valore sul campo senza doversi aspettare aiuti da chissà chi. E non era neanche scontato che lo si potesse fare conquistando promozioni o vincendo campionati. Ben diversamente dunque dai tempi attuali in cui nel mondo del Professionismo circolano molti giocatori inadeguati, contrattualizzati solo perchè in prestito da club di Serie A e Serie B per meccanismi di scambio o di altro genere.

LE ORIGINI E IL CARATTERE DI FUNAMBOLO DI PROVINCIA
Nato a Castelguelfo, nel Bolognese, Musa crebbe calcisticamente in un contesto che gli permise di liberare la sua fantasia. Chi lo ha conosciuto ricorda un ragazzo sorridente, spiritoso, con un amore viscerale per la palla e per il gioco offensivo. Non il tipo da tatticismi o calcoli: il suo calcio era libertà. Prima di farsi conoscere a livello nazionale, mosse i passi tra le squadre locali partendo dal Baracca Lugo in Serie D, per poi approdare alla Solbiatese e al Rovereto, entrambe in Serie C, dove iniziò a far parlare di sé per la rapidità e per la capacità di saltare l’uomo in ogni situazione. Da ala vecchio stampo proprio come andava di moda all'epoca.

L'ESPLOSIONE AD ALESSANDRIA
L’estate del 1972 segnò un punto di svolta. L’Alessandria, alla ricerca di un esterno di talento per dare imprevedibilità alla squadra, lo portò in Piemonte. Fu un colpo rivelatosi decisivo. Con Pippo Marchioro in panchina, un allenatore moderno, ideale per valorizzare un calciatore creativo, Musa trovò l’ambiente perfetto per esprimersi. Il pubblico del Moccagatta se ne innamorò subito. Nei suoi due anni in maglia grigia regalò spettacolo, firmando 21 gol in 47 presenze tra campionato e Coppa. Ma i numeri raccontano solo una parte della storia: ciò che rimarrà nella memoria collettiva sono le sue serpentine, le progressioni brucianti sulla sinistra, le conclusioni improvvise che facevano esplodere lo stadio. Fu protagonista della storica conquista della prima Coppa Italia di Serie C dell’Alessandria (in finale battuto l'Avellino) nella stagione 1972-1973, un trofeo che ancora oggi i tifosi ricordano con orgoglio. In quel gruppo Musa era l’anima artistica: quello che, quando toccava palla, faceva trattenere il fiato.

IL PASSAGGIO ALL'AREZZO E UN DERBY ENTRATO NELLA LEGGENDA
Nell’autunno del 1973, quando il calciomercato era ancora aperto a stagione in corso, l’Arezzo decise di scommettere su di lui per rinforzare il reparto offensivo in Serie B. Il debutto di Musa in maglia amaranto fu immediatamente iconico: il derby contro il Perugia, uno dei più sentiti dell’Italia centrale, terminò con un roboante 4-1, e lui firmò subito un gol su rigore. Quel momento fu il suo biglietto da visita: Arezzo capì di aver accolto un giocatore capace di cambiare volto alle partite. Il campionato 1973-74 fu uno dei più esaltanti della storia del club. Musa realizzò 9 reti in 27 partite, contribuendo a formare, insieme a Mujesan e Marmo, un tridente d’attacco ricordato ancora oggi come uno dei più forti mai visti in amaranto. Le sue discese sulla fascia sinistra erano un incubo per i difensori avversari e un motivo di orgoglio per la tifoseria, che vedeva in lui un simbolo di coraggio calcistico.

IL RITORNO IN AMARANTO E LA COINCIDENZA CON L'ESORDIO DI GIULIANI
Dopo altre esperienze, Musa tornò ad Arezzo nella stagione 1976-77, questa volta in Serie C. Anche se con un ruolo più maturo, seppe farsi valere contribuendo con 24 presenze e 3 gol. L’ultimo di questi lo segnò a Reggio Emilia contro la Reggiana in un match vinto 2-1: una partita che entrerà negli almanacchi non solo per la sua rete, ma anche perché fu l’esordio ufficiale di Giuliano Giuliani, futuro portiere scudettato con il Napoli di Diego Armando Maradona. A dirigere l'incontro c’era un giovane Ermanno Pieroni, destinato a diventare una figura nota come dirigente sportivo: un’altra coincidenza che rende quella giornata quasi simbolica della ricchezza di storie del calcio italiano. In quell'Arezzo stava muovendo i primi passi anche un difensore promettente come Massimo Quercioli, anch'egli purtroppo scomparso recentemente nel mese di ottobre.

MESSINA, LA PASSIONE DEL SUD E UN AMORE MAI SPENTO
Tra le due parentesi aretine, Musa visse una delle esperienze più intense della sua carriera: quella al Messina. Sbarcò in riva allo Stretto nel 1974, trovandosi subito a suo agio in una città calorosa, innamorata del calcio e pronta a idolatrare chi dimostrava cuore e talento. In giallorosso disputò le stagioni 1974-1975 e 1975-1976 in Serie C e vi tornò nel campionato 1977-78 in Serie D. In totale mise insieme 62 presenze e 17 reti, ma soprattutto conquistò un affetto che negli anni non si è mai affievolito. La sua prodezza più ricordata rimane il gol decisivo nel derby dello Stretto contro la Reggina nel 1974-75: una di quelle vittorie che a Messina vengono tramandate da una generazione all’altra. Quel giorno Musa divenne, per i tifosi peloritani, qualcosa più di un semplice calciatore.

UNA STORIA CHE VA OLTRE I NUMERI
La carriera di Musa potrebbe essere raccontata snocciolando partite, gol e trasferimenti. Ma la verità è che il suo contributo al calcio va ben oltre le statistiche. Rappresentava l’essenza del giocatore che vive per emozionare, che non ha paura di rischiare una finta di troppo, che sa conquistare un pubblico con un gesto tecnico improvviso. Era un uomo capace di creare un legame speciale con le città in cui giocava: Alessandria, Arezzo e Messina non lo hanno dimenticato, e la notizia della sua scomparsa ha fatto riaffiorare ricordi e affetto in migliaia di tifosi. Perché Musa era questo: un calciatore che segnava, sì, ma soprattutto lasciava un segno.

IL RICORDO
Con la sua morte scompare una figura che appartiene a un calcio romantico, fatto di bandiere, di calciatori che diventavano eroi locali, di stadi che si infiammavano al primo tocco. Un calcio che forse non esiste più, ma che vive nei ricordi di chi ha avuto la fortuna di vederlo giocare. Ezio Musa non era una star delle copertine, ma è stato un protagonista autentico, capace di legarsi a più città e generazioni con la forza del suo talento. E questo, nel tempo, vale quanto un titolo o una promozione: vale l’immortalità nel cuore della gente.

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