In un precedente articolo, avevo proposto una scala di valori all'interno di una società di calcio, che vedeva al primo posto la proprietà, seguita dal presidente, i calciatori, i tifosi, gli sponsor, il direttore generale, il direttore sportivo, l'allenatore e il suo staff, medici e fisioterapisti, fino ai magazzinieri. Tuttavia, la realtà è che in mancanza di risultati, questa scala di valori si ribalta: l'allenatore che occupava l'ottavo posto, passa improvvisamente al primo, e l'esonero diventa una certezza.
È un destino che accomuna tutti gli allenatori indipendentemente dalle loro capacità e del loro operato: il risultato è tutto, e la colpa è sempre loro. Ed è proprio per questo che gli allenatori della nostra Serie A, partendo dai più vincenti in Italia e all'estero, dovrebbero prendere l'iniziativa e stabilire delle regole chiare per le interviste post-partita. Ai giocatori dovrebbe essere solo permesso di parlare al singolare, descrivendo la loro prestazione individuale e non della squadra o del sistema di gioco, il plurale dovrebbe essere riservato solo al loro mister, che è l'unico responsabile del comportamento tecnico-tattico del suo gruppo. In questo modo, si garantirebbe il rispetto dei ruoli e si eviterebbe che i giocatori si sostituiscano al coach, parlando di questioni che non sono di loro competenza. Una proposta semplice, ma efficace, per migliorare la comunicazione all'interno delle squadre di calcio.
Rispondere al singolare davanti ad un microfono descrivendo la propria prestazione individuale, è non solo più semplice, ma anche - e lo ripeto - più rispettoso nei confronti del proprio allenatore. Dire: - oggi nei momenti decisivi ho deluso - o - ho perso tutti i contrasti - è più onesto e autentico che nascondersi dietro ad un - abbiamo deluso - o - non abbiamo reso come al solito -. Parlando al singolare, il giocatore assume la responsabilità delle proprie azioni e lascia al proprio allenatore la disamina della squadra e della tattica. In questo modo, si garantisce il rispetto dei ruoli e si evita di confondere le acque. Inoltre, parlare al singolare permette al giocatore di essere più sincero e trasparente, senza dover ricorrere a frasi fatte o a giustificazioni. È un piccolo cambiamento, ma può fare una grande differenza nella comunicazione e nel rispetto all'interno della squadra.
Il presidente degli allenatori Renzo Ulivieri, una figura storica del calcio Italiano, con numerose promozioni all'attivo, dovrebbe maggiormente prendere a cuore la tutela dei diritti dei suoi assistiti e garantire loro che non vengano sostituiti dai propri giocatori nelle interviste. Lo stesso Ulivieri, conoscendo il suo carattere, non avrebbe mai accettato una simile situazione. Basterebbe una semplice regola per cambiare le cose…
Quelli che fanno diventare i giocatori degli allenatori a fine partita sono i giornalisti e gli opinionisti - quelli da studio e quelli dal campo - i quali per paura di fare domande scomode ed essere contestati o addirittura ridicolizzati dagli allenatori vincenti, le riservano invece ai calciatori. Nella nostra Serie A la fascia a rischio per i nostri giornalisti-opinionisti sono: Allegri-Conte-Spalletti. Poco sotto metterei l'amico Gasperini e Sarri, con loro sembrano tutti molto gentili e rispettosi, e non fanno domande troppo difficili per non rischiare di essere "puniti" con una risposta secca o un'uscita infelice. Poi quando si tratta di allenatori ancora senza trofei, spuntano i teorici che, con il risultato in tasca, cercano di mettere in difficoltà il perdente di turno. Poi incredibile, le domande più velenose non fatte ai tecnici pluriscudettati con i quali è meglio non esagerare, le riservano ai calciatori che con un certo imbarazzo cercano di spiegare la sconfitta recitando a memoria le solite frasi.
In conclusione: calciatori, se intervistati parlate al singolare, è il modo più onesto e rispettoso di raccontare la vostra prestazione. Allenatori, solo voi potete rispondere della squadra parlando al plurale, è il vostro mestiere e la vostra responsabilità. Giornalisti e opinionisti, più coraggio nei faccia a faccia con chi ha fatto man bassa di titoli, le domande difficili non si fanno solo ai perdenti, si fanno a tutti, soprattutto a chi ha vinto. Solo così sarà resa giustizia a tutti i professionisti del calcio.