Cerca

News

L'ultimo trofeo del 2025 è da pelle d'oca: i campioni d'Europa sfidano chi sta dominando in Brasile

A Doha la sfida che chiude l’anno del calcio: in palio un titolo mondiale e due narrative opposte

 Ousmane Dembélé pronto a decidere un'altra finale

Ousmane Dembélé (INSTAGRAM @o.dembele7)

Da una parte il Paris Saint‑Germain, che nel 2025 ha già impilato coppe fino a sfiorare la vertigine e stasera può mettere la sesta tessera al mosaico; dall’altra il Flamengo, che ha scritto l’anno con l’inchiostro del Maracanã e ora può chiuderlo con un triplete da tramandare. In mezzo, una tensione quasi tattile: la finale della Coppa Intercontinentale 2025 a Doha, mercoledì 17 dicembre (calcio d’inizio alle 20:00 locali, 17:00 GMT), direzione arbitrale affidata allo statunitense Ismail Elfath.

IL CONTESTO: PIÙ CHE UN TROFEO

Per il PSG, l’Intercontinentale è la possibilità di alzare il sesto titolo nell’anno solare 2025: dopo Trophée des Champions (vinto il 5 gennaio), Ligue 1 (titolo certificato il 5 aprile con sei giornate d’anticipo), Coupe de France (finale del 24 maggio, 3-0 al Reims), la prima storica UEFA Champions League (5-0 all’Inter a Monaco di Baviera il 31 maggio) e la UEFA Super Cup (trionfo ai rigori sul Tottenham il 13 agosto). Un percorso che ha coronato Luis Enrique come miglior allenatore ai FIFA The Best 2025 e Ousmane Dembélé come miglior giocatore dell’anno, fotografia di una supremazia tecnica e mentale consolidata.

Per il Flamengo, l’Intercontinentale è la porta dell’impresa: dopo la Copa Libertadores conquistata a Lima il 29 novembre (1-0 al Palmeiras, colpo di testa di Danilo) e il Brasileirão certificato quattro giorni dopo (1-0 al Ceará, Samuel Lino), la squadra di Filipe Luís può accendere il terzo fiammifero e completare un triplete che nella storia recente del calcio brasiliano è sinonimo di autorità e continuità. Non è solo un trofeo: è l’atto finale di due racconti. Il PSG cerca anche un contrappunto emotivo a una ferita fresca: la sconfitta 3-0 subita dal Chelsea nella finale del Mondiale per Club 2025 giocata al MetLife Stadium di East Rutherford il 13 luglio. Perdere il titolo globale dopo aver dominato l’Europa ha lasciato un graffio. L’Intercontinentale, per i parigini, è quel punto e a capo capace di restituire equilibrio alla narrazione di un anno comunque gigantesco.

DOVE E COME SI GIOCA: TUTTO SU FORMAT, LUOGO E ORARI

La Coppa Intercontinentale FIFA nuova versione concentra la fase finale in Qatar: tre partite in una settimana all’Ahmad bin Ali Stadium di Al Rayyan. Il format 2025 ha proposto il “Derby delle Americhe” tra i campioni Concacaf (Cruz Azul) e i campioni Conmebol (Flamengo) e la successiva “Challenger Cup” contro i campioni CAF (Pyramids FC). Chi vince queste due gare sfida, nella finalissima, i campioni UEFA (il PSG) qualificati di diritto. L’ultimo atto è fissato a Doha, mercoledì 17 dicembre 2025, alle 20:00 locali (17:00 GMT, 14:00 a Brasília).

Il cammino verso Doha

  1. Il Flamengo ha piegato il Cruz Azul (2-1) con una doppietta di Giorgian de Arrascaeta, quindi ha battuto il Pyramids FC (2-0) con due colpi di testa su palla inattiva, firmati Léo Pereira e Danilo, entrambi su architettura da fermo dello stesso de Arrascaeta. Un percorso pulito, pragmatico, maturato nella gestione delle transizioni e nei dettagli dei calci piazzati, già arma ricorrente in stagione.
  2. Il PSG è atterrato direttamente in finale in quanto campione d’Europa, sfruttando la clausola che premia la qualità del continente UEFA ma, nel contempo, porta con sé la responsabilità di presentarsi pronto “al primo colpo”.

LE PAROLE DELLA VIGILIA TRA ASSENZE E EQUILIBRI

Alla vigilia Luis Enrique non ha mascherato la sua preferenza: “Avrei voluto evitare il Flamengo: è una squadra fortissima, con giocatori esperti e un allenatore preparato come Filipe Luís. Conosciamo il loro valore, li abbiamo seguiti anche al Mondiale per Club”. Non è piaggeria: è la fotografia di un underdog pericoloso, definizione che non stona nemmeno davanti a un club gigantesco come il Mengão, perché il contesto (gara secca, neutralità del campo, tempi di preparazione compressi) tende a ridurre i divari. Dalla sponda carioca, Filipe Luís ha restituito complimenti e misura: “Il PSG è la miglior squadra del mondo oggi: ha vinto la Champions. Ma noi abbiamo identità, umiltà e ambizione. Proveremo a scrivere un’altra pagina”. La notizia più pesante per il PSG riguarda l’assenza di Achraf Hakimi. Il terzino marocchino è fuori per una grave distorsione alla caviglia sinistra riportata il 5 novembre contro il Bayern Monaco in Champions League (intervento di Luis Díaz, rosso dopo on-field review). La prognosi comunicata allora oscillava tra le 6 e le 8 settimane, proiezione che lo tiene ai box anche a Doha e mette in discussione la sua presenza perfino all’Africa Cup of Nations (21 dicembre-31 dicembre fase a gironi).

Per Luis Enrique significa dover reinventare il lato destro: opzioni con Mukiele a passo più difensivo, oppure soluzione ibrida con Marquinhos scivolato fuori, lasciando dentro coperture preventive e licenza più offensiva a Nuno Mendes sul lato opposto. Non è l’unica gestione: nell’autunno parigino sono transitati anche gli stop di Ousmane Dembélé (polpaccio) e momenti di cautela su Nuno Mendes stesso; tuttavia la profondità di rosa e il rientro graduale dei big hanno consentito di mantenere integro il livello competitivo. Il Flamengo arriva con la fiducia di chi ha appena alzato due trofei in quattro giorni, ha recuperato pedine importanti (rientro progressivo di Pedro) e soprattutto ha trovato una piattaforma tattica precisa: linea difensiva esperta (con Danilo e Léo Pereira cardini), regia di Erick Pulgar, creatività verticale e da fermo di de Arrascaeta, ampiezza e strappi di Samuel Lino e Everton Cebolinha.

IDENTITÀ TECNICHE A CONFRONTO: I POSSIBILI XI

  1. PSG: la grammatica di Luis Enrique è rimasta fedele a alcuni dogmi – controllo del ritmo, occupazione razionale degli half-spaces, aggressione immediata al contropressing – ma ha saputo alternare trame interne a attacchi diretti quando l’avversario forzava il campo corto. La crescita esponenziale di Dembélé (MVP a Doha ai FIFA The Best) ha dato imprevedibilità tra le linee; la presenza di un nove capace di legare e attaccare (come Gonçalo Ramos) ha completato l’impalcatura. La gestione emotiva post Club World Cup è stata un banco di prova superato con lucidità: la Supercoppa UEFA vinta rimontando due gol in 5 minuti a Udine è diventata manifesto di resilienza.

PSG: Donnarumma; Mukiele (o Marquinhos largo), Skriniar, Marquinhos (se non esterno), Nuno Mendes; Vitinha, un mediano di rottura, un interno di connessione; Dembélé, Lee Kang‑in/rifinitore, Gonçalo Ramos. Senza Hakimi si perde ampiezza “a spinta” a destra e l’uscita a catena tipica delle partite parigine: da qui l’importanza del palleggio interno e dei cambi lato su Mendes

  1. Flamengo: Filipe Luís ha traslato in panchina il mestiere del grande terzino europeo: squadra corta, linee strette, principi di uscita pulita anche sotto pressione, valorizzazione maniacale dei calci piazzati. A Lima il titolo è arrivato su corner, a Doha l’accesso alla finale è maturato ancora su palla inattiva. In questo, la capacità aerea di Danilo è un’arma che il PSG conosce – e teme – perché i parigini difendono spesso a zona e hanno sofferto le seconde palle sui cross tagliati.

Flamengo: Rossi; Varela, Danilo, Léo Pereira, Alex Sandro; Pulgar in regia, mezzali di governo (da Jorginho a un profilo di gamba) e de Arrascaeta a cucire; ali in grado di attaccare sia dentro che fuori (Samuel Lino, Everton Cebolinha), con Pedro alternativa o spalla per una ripartenza più verticale. Le palle inattive sono una parte del piano, non un ripiego: la qualità del piede di de Arrascaeta e la tecnica di stacco dei centrali sono state la chiave dell’autunno.

PSICOLOGIE INCROCIATE

Nel calcio di fine anno contano anche i sottotesti. Il PSG ha attraversato un 2025 straripante in patria e in Europa, impreziosito da riconoscimenti individuali e collettivi, ma il ko nel Mondiale per Club contro il Chelsea ha lasciato un irrisolto. Qui entra la dimensione mentale: la Coppa Intercontinentale è insieme chiosa e risarcimento, l’occasione di dire “siamo i migliori, anche quando si entra in un’arena diversa dal nostro habitat”. Il Flamengo, al contrario, porta in dote un’energia entusiasta, quella tipica delle squadre che vincono giocando bene e “si sentono” dentro la propria idea: lo si è visto dall’ottobre 2024 (data della promozione di Filipe Luís alla prima squadra) a oggi. Il peso della storia qui grava più sui parigini; i brasiliani possono permettersi il ruolo del “pericoloso underdog” evocato da Luis Enrique: liberi di provare la spallata, certi di avere già scolpito il proprio anno.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Sprint e Sport

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter