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Lutto

A soli 64 anni ci lascia un protagonista del calcio dei bei tempi, giocò in Serie A con Paolo Rossi e fu idolo sull'Isola

Una carriera ai margini dei riflettori, una vita nel pallone: il ricordo di un estremo difensore che ha attraversato l’Italia per 2 decenni

VERONA - STEFANO VAVOLI

Stefano Vavoli in carriera aveva giocato in Serie A nel Verona nella stagione 1986-1987 scendendo in campo 2 volte come riserva di Giuliano Giuliani

La luce d’inverno entra a tagli netti dalle vetrate della chiesa di San Giovanni Evangelista a Quartu Sant’Elena. È un martedì pomeriggio denso di maestrale e silenzi. Alle ore 16 del 23 dicembre 2025 una comunità si ritroverà per l’ultimo saluto a Stefano Vavoli, che due giorni prima, il 21 dicembre 2025, ha chiuso a 65 anni una vita cucita addosso al calcio. Pochi chilometri più in là, i campi che lo hanno visto lavorare come preparatore e uomo-spogliatoio; più lontano, sul continente, la città dov’è nato, Terracina, e quella che gli ha dato la Serie A, Verona. Nel mezzo, un’Italia pallonara fatta di corriere, spogliatoi di cemento grezzo e domeniche di provincia, dove la memoria non sbiadisce perché si regge su rapporti umani, più che su almanacchi.

DALLA LIGURIA ALLA SERIE A: LA TRAIETTORIA INATTESA
Prima di diventare il portiere che la Serie A ha incrociato per due domeniche, Stefano Vavoli è un ragazzo che si fa le ossa alla scuola del Genoa. È l’ultimo anno dei Settanta quando, complici gli infortuni contemporanei ai portieri Sergio Girardi ed Enrico Cavalieri, al diciannovenne Vavoli si spalanca la porta della prima squadra: 3 apparizioni in Serie B nel 1979-80 gli bastano per capire la durezza del mestiere e il peso del salto. Da lì, la strada che imbocca è quella dei campionati che insegnano a resistere: Pergocrema (1980-1981), un passaggio sfortunato al Civitavecchia (1981-1982), il ritorno a respirare minuti con l’Entella Bacezza (1982-1983), quindi la Sardegna con il Sant’Elena Quartu (1983-1984) e soprattutto il Sorso (1984-1986), dove mette insieme 32 presenze e un titolo di Interregionale 1984-1985, una stagione che resta nella bacheca sarda e nella memoria di chi c’era.

LA STAGIONE DI VERONA
È l’estate 1986 quando il filo si annoda a Verona. Il club campione d’Italia nel 1985 ha ancora un’aura speciale, il tecnico è Osvaldo Bagnoli e tra i compagni ci sono nomi che suonano come un piccolo romanzo: Roberto Tricella, Antonio Di Gennaro, Preben Elkjær, Paolo Rossi. Vavoli arriva da secondo alle spalle di Giuliano Giuliani. Sembra destinato a imparare senza giocare, invece la Serie A gli apre uno spiraglio preciso: 12 ottobre 1986, Udine, Udinese–Verona 2-2. Debutto dal primo minuto,due reti subite (una doppietta di Ciccio Graziani) e la prontezza di restare nel flusso. Sette giorni dopo tocca di nuovo a lui: 19 ottobre 1986, Verona–Avellino 2-2. Due partite, quattro reti al passivo, ma anche la dignità di chi si fa trovare pronto quando la stagione, lunga e spietata, chiede una mano. Al termine di quell’annata, chiusa dall’Hellas al 4° posto e con l’Europa in tasca, il percorso di Vavoli riprende la sua rotta naturale, lontano dalle grandi luci: la Massese (1987-1988), poi Jesi (1988-1989), quindi Afragolese e Turris tra 1989 e 1991, la Campania Puteolana (1991-1992). Nell’estate 1992 il fallimento dei granata lo lascia svincolato: un altro tornante che lo riporta in Sardegna, dove ritroverà casa e famiglia.

SARDEGNA, IL RITORNO CHE DIVENTA CASA
È nella parte finale della carriera che Stefano Vavoli consolida il suo legame con l’isola: Monteponi Iglesias (1993-1995) e poi il ritorno alla vita dilettantistica tra Muravera e Dolianova, con un’appendice «di cuore» quando, a 37 anni, si rimette i guanti in Prima Categoria per dare una mano dove serve. Non è solo un giro d’onore: è la fotografia di un Professionista abituato a riempire gli spazi, a farsi utile, a conoscere le persone oltre le partite. In parallelo, inizia la strada del preparatore dei portieri e del collaboratore tecnico: ruoli che nelle realtà di provincia significano tutto e il contrario di tutto, dal lavoro sul campo alla mano data in sede, dal consiglio al ragazzo in difficoltà alla telefonata al dirigente per trovare un campo libero. Negli ultimi anni, questo impegno si è intrecciato con l’esperienza nel Monastir, la società che oggi milita in Serie D, dove di Vavoli ricordano soprattutto l’uomo, prima del portiere: «un grande amico», sottolineano dal club. È un passaggio che dice molto, forse tutto, della cifra umana del personaggio. La Sardegna lo aveva accolto, e lui l’aveva scelta.

UN UOMO SPOGLIATOIO E NON SOLO UN EX
C’è un aspetto che i numeri non raccontano: Stefano Vavoli non è mai stato un ex «sparito». Chi l’ha incrociato in Sardegna lo descrive come collaboratore prezioso e presenza affidabile. Questo vale ancora di più dove il calcio è sostanza di territorio: la figura del preparatore dei portieri non è solo tecnica, è anche educativa. Correggere la postura, allenare il passo d’uscita, insegnare la lettura del corpo dell’avversario: il mestiere si fa anche con parole giuste, dette nel momento giusto. In questo, dicono, Vavoli aveva tempi perfetti.

LE CONDOGLIANZE E L'ULTIMO SALUTO
La notizia della scomparsa ha attraversato molti addetti ai lavori del calcio Professionistico e ha trovato riscontro immediato nel mondo dilettantistico sardo. Il Comitato Regionale Sardegna della FIGC ha espresso il proprio cordoglio, così come ambienti vicini al Monastir hanno sottolineato, in una nota, l’eredità umana lasciata dal portiere. Il funerale è stato fissato per martedì 23 dicembre 2025 alle 16, nella chiesa di San Giovanni Evangelista a Quartu Sant’Elena: un dato di servizio che diventa tassello simbolico, perché dice dove il suo nome ha scelto di restare. In un calcio dove spesso il racconto separa i campioni dagli altri, la strada di Vavoli tiene insieme i piani: da Terracina alla Liguria, dalla Veneta Verona all’isola che lo ha abbracciato fino alla fine. Alla fine, quello che resta non è solo un tabellino con date, presenze e club; è l’impronta lasciata in chi lo ha avuto accanto. È la funzione silenziosa dei portieri di provincia: ultimi a sbagliare, primi a rientrare.

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