Serie A
22 Dicembre 2025
MILAN-COMO SERIE A - Il gioiello lariano Nico Paz e i suoi compagni non sfideranno più il Milan a Perth in Australia, ma in Italia
Un numero colpisce più di ogni slogan: servivano almeno 4 settimane solo per spedire dall’Italia a Perth le attrezzature necessarie a una gara di Serie A. Un mese di container, permessi, assicurazioni, collaudi. E nel mezzo, le richieste «aggiuntive» della Confederazione calcistica asiatica (AFC), il pressing politico in Western Australia, i tifosi in rivolta in Italia, gli incastri televisivi e il calendario di un campionato che non perdona. Alla fine, il castello è crollato: la sfida tra Milan e Como dell’8 febbraio non si giocherà a Perth. La decisione l’ha presa la Lega Serie A, chiudendo un percorso iniziato mesi fa e rimbalzato, tra annunci e smentite, fino al verdetto del 22 dicembre 2025.
UN PROGETTO SENZA PRECEDENTI (E PIENO DI INCOGNITE)
L’idea era potente: disputare una gara ufficiale di campionato fuori dall’Europa per la prima volta nella storia recente delle leghe top. Un «unicum» giustificato – spiegava la Lega Serie A – dall’indisponibilità di San Siro nel fine settimana dell’8 febbraio 2026, quando lo stadio dovrà servire la macchina organizzativa di Milano-Cortina 2026 dopo la cerimonia inaugurale del 6 febbraio. Da qui la proposta: spostare Milan-Como a Perth, nell’Optus Stadium, agganciandosi alla spinta turistica e commerciale del governo del Western Australia. Nel corso dell’autunno erano arrivati i via libera «in linea di principio» di FIGC, UEFA e delle autorità australiane, mentre la FIFA manteneva un cauto attendismo normativo. In parallelo, l’UEFA aveva comunicato la sua «apertura riluttante» a due gare domestiche all’estero in questa stagione: Barcellona-Villarreal a Miami e, appunto, Milan-Como a Perth, precisando che si trattava di un’eccezione e non di un precedente. L’operazione, però, non è mai uscita davvero dalla zona grigia regolamentare: le norme internazionali sui cosiddetti «incontri internazionali» sono in revisione, e il quadro dei poteri tra federazioni nazionali, confederazioni e FIFA resta scivoloso. È in questo contesto che, a metà dicembre, il progetto ha iniziato a scricchiolare.
IL NODO DECISIVO: LE CONDIZIONI DELL'AFC
La frattura si è aperta sulle condizioni poste dalla AFC per autorizzare la partita in territorio sotto la sua giurisdizione. Tra i punti contestati: l’uso di una terna arbitrale designata dall’AFC e, secondo ricostruzioni emerse in Australia, vincoli di branding e di organizzazione che avrebbero snaturato l’identità di una gara di Serie A. Il presidente della Lega Serie A, Ezio Simonelli, ha parlato di richieste «non praticabili» per una partita che resta, a tutti gli effetti, un match del campionato italiano. Il governo del Western Australia ha definito «estremamente difficili da soddisfare» alcune condizioni arrivate «tardi nel processo», lasciando intendere rischi finanziari e amministrativi non sostenibili per la controparte pubblica. In parallelo, la stessa UEFA – pur avendo concesso l’eccezione – ha ribadito di considerare «deplorevole» la necessità di autorizzare gare di campionato all’estero e ha confermato l’impegno a «chiudere la falla regolamentare» insieme alla FIFA. Una posizione che ha alimentato il pressing politico e mediatico per un ripensamento.
LE RAGIONI DEL NO
Nel comunicare il dietrofront, ambienti della Lega Serie A hanno richiamato due ordini di motivi. 1) Identitari-regolamentari: una gara di Serie A deve poter essere organizzata, promossa e arbitrata secondo standard e governance del campionato italiano. Accettare in blocco i paletti AFC avrebbe significato, per la Lega, rinunciare a elementi-cardine dell’“italianità” della competizione. 2) Tecnico-organizzativi: l’operazione Perth richiedeva una catena logistica straordinaria per un singolo evento in piena stagione. Dalle attrezzature TV alla Goal Line Technology e al V.A.R., dai sistemi di comunicazione alla sicurezza, fino alla connettività certificata per il protocollo IFAB: spostare tutto dall’Italia all’Australia, collaudare, omologare e testare con anticipo adeguato avrebbe significato bloccare materiali e personale per circa un mese. Con l’8 febbraio già dietro l’angolo, la finestra non era più compatibile. A complicare il quadro, il fattore «rischio finanziario» per il governo del Western Australia, che ha esplicitamente evocato la necessità di «tutelare il contribuente» e di garantire un ritorno adeguato in termini di turismo e promozione della destinazione. In assenza di certezze regolamentari piene, il rischio era giudicato «inaccettabile».
COSA SUCCEDE ORA: LE NUOVE DATE POSSIBILE
La partita vale punti pesanti in un campionato compresso e l’8 febbraio resta la tacca cerchiata in rosso: con San Siro coinvolto nella macchina olimpica, la Lega Serie A dovrà definire a stretto giro la soluzione più praticabile. Le ipotesi al vaglio includono lo slittamento di Milan-Como a una finestra utile di metà febbraio, quando l’impianto tornerà gradualmente nella disponibilità calcistica, o l’utilizzo di una sede alternativa in Italia compatibile con standard TV e sicurezza. Nessun dettaglio ufficiale, al momento, sulle date: l’indicazione che trapela è che si procederà «alla prima opportunità utile» senza forzare sovrapposizioni con Coppa Italia ed eventuali impegni internazionali. È plausibile che la Lega Serie A accompagni la riprogrammazione con una comunicazione di principi sul tema «gare all’estero»: la sequence di via libera e ripensamenti, culminata nel no del 22 dicembre 2025, ha confermato quanto il terreno sia scivoloso dal punto di vista regolamentare, economico e reputazionale.
UNO SGUARDO AVANTI: REGOLAMENTO E MERCATO
Il caso Milan-Como potrebbe accelerare il cantiere normativo internazionale. La FIFA ha da tempo avviato una revisione del framework sui match internazionali, mentre la UEFA ha rivendicato la necessità di «blindare» l’integrità dei campionati nazionali. Che cosa cambierà, e quando, resta da vedere. Di certo, il mercato globale, diritti TV, sponsor, attivazioni, continuerà a spingere i confini. Ma se l’eccezione non diventa regola, a prevalere sarà la prudenza. E il caso di Perth, con il suo mosaico di condizioni AFC, limiti logistici e costi pubblici, resterà un promemoria su quanto sia complesso esportare una gara «vera» a 15.000 chilometri da casa. Al netto degli annunci incrociati dei giorni scorsi, oggi c’è un fatto chiaro: la gara tra Milan e Como dell’8 febbraio non si disputerà a Perth. Si attende la riprogrammazione ufficiale della partita, verosimilmente in Italia e in una data compatibile con la riapertura di San Siro post impegni olimpici.