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Serie C

Parte con 11 punti in 6 partite, poi ne fa 10 nelle successive 12: Juventus, è un campionato da montagne russe

Dall’ottimo avvio al crollo di novembre, passando per l’esordio in A dell'allenatore: quello che i numeri dicono sulla stagione bianconera

JUVENTUS SERIE C - ALESSIO VACCA

JUVENTUS SERIE C - Alessio Vacca, attaccante classe 2005, ha realizzato il 1° gol in campionato dei bianconeri lo scorso 23 agosto in casa del Carpi

C’è un’immagine che spiega la stagione della Juventus Next Gen meglio di cento analisi tattiche: il cronometro segna il 5° minuto di recupero al «Cabassi», il 23 agosto 2025, quando il destro di Alessio Vacca bacia la rete e trasforma uno 0-1 in un 1-1 che vale un punto, ma soprattutto una sensazione. La sensazione che questa squadra, giovanissima e competitiva, potesse sfruttare l’onda lunga di un avvio brillante per scalare posizioni e fiducia. Pochi giorni più tardi, il 30 agosto, i bianconeri ribaltano il Livorno al «Moccagatta» con un gol al 49’ della ripresa di Lorenzo Anghelè: è il manifesto di una partenza a «benzina alta», con personalità e coraggio. E infatti, nelle prime 6 giornate, il bottino fa testo: 11 punti su 18 disponibili, una media di quasi 2 punti a partita. Una base solida, costruita su reazioni, dettagli e un’identità già riconoscibile.

L'INVERSIONE DI ROTTA
Poi accade qualcosa. L’ago, da positivo, comincia a tremare. Il 27 settembre arriva il brusco 2-4 a San Benedetto. Il 5 ottobre il Ravenna passa 4-2 ad Alessandria. Il 25 ottobre il Pontedera espugna 1-0 il «Moccagatta» con un destro da fuori. E il 3 novembre, in notturna, la Vis Pesaro sbarra la porta e vince 1-0. In mezzo, il 29 ottobre, la Coppa: fuori ai rigori a Meda contro il Renate dopo l’1-1 dei tempi regolamentari. Se si osserva la sequenza nell’arco di poco più di un mese, la lettura è netta: un tratto di calendario scivoloso e un calo di lucidità nelle due aree. In campionato, fra la 7ª e la 12ª, la Next Gen incassa 4 ko su 5 gare giocate (Sambenedettese, Ravenna, Pontedera, Vis Pesaro), con la sola parentesi «positiva» del 2-0 esterno a Rimini del 19 ottobre: una vittoria che sembrava il vaccino contro la spirale, ma che sarà riscritta dai regolamenti a fine novembre.

IL CONTESTO CHE PESA: L'ESORDIO DI BRAMBILLA E L'ELASTICO TRA SQUADRE
In parallelo a questo tratto a ostacoli, c’è una notizia che fotografa la fiducia del club nel percorso della Next Gen: l’esordio di Massimo Brambilla sulla panchina della prima squadra. Dopo l’esonero di Igor Tudor il 27 ottobre 2025, il tecnico della seconda squadra guida la Juventus in Serie A contro l’Udinese, vince 3-1 e racconta di aver portato soprattutto «serenità» e «fiducia» a un gruppo in difficoltà. Un episodio dal forte valore simbolico: la filiera tecnica bianconera è corta e permeabile, e quando serve, il know-how del vivaio sale di piano. Per la Next Gen, però, questo significa anche fisiologica turbolenza: sedute modificate, attenzioni condivise, qualche giocatore «tirato» fra due gruppi, staff che si adatta ai carichi. È la natura, virtuosa, ma anche impegnativa, delle seconde squadre. Non è un caso che proprio attorno a quelle settimane la curva della Next Gen, già in discesa, non cambi immediatamente pendenza. Il tempo per riassestarsi serve sempre, e non si misura solo con le statistiche. 

LA RIPARTENZA: IL SENSO DEL PRAGMATISMO
Dopo il colpo basso regolamentare legato a Rimini, la Next Gen torna al pragmatismo. L’1-0 casalingo al Forlì del 9 novembre (gol di Pedro Felipe) non fa rumore ma vale come una medicazione ben fatta. Il 26 novembre a Gubbio arriva un 1-1 in inferiorità numerica, agguantato su punizione da Faticanti: è un punto che dice identità e resistenza. Il 30 novembre, altra iniezione: 1-0 al Perugia firmato Puczka. Tre partite diverse, tre segnali in comune: compattezza, produttività dei quinti, palla inattiva come risorsa concreta. È la lingua della Lega Pro quando il vento è contrario.

CHE SQUADRA È OGGI LA JUVENTUS NEXT GEN
1) Un gruppo giovane con età media poco sopra i 21 anni, valore tecnico interessante e una batteria di under che sta accumulando minuti ad alta intensità. 2) Un impianto base riconoscibile: 3-4-2-1 modulabile, pressione coraggiosa sul primo passaggio avversario, rotazioni costanti sugli esterni per aprire il campo a Deme e ai trequartisti. 3) Personalità nei finali: i gol «pesanti» oltre il 90’ nelle prime uscite dicono che la squadra regge gli stress test mentali. 4) Due fragilità da mettere a dieta: a) la difesa della propria area sui piazzati laterali; b) la gestione dell’inerzia dopo il vantaggio. Le seconde squadre sono un moltiplicatore di domande, più che di risposte. Valgono sul campo, per i punti, e fuori dal campo, per il progetto. Gli alti e bassi della Juventus Next Gen sono il laboratorio in cui si misura: 1) la capacità dei giovani di reggere il ritmo degli adulti; 2) la coerenza della filiera tecnica dal settore giovanile alla prima squadra; 3) la permeabilità delle idee: quando Brambilla sale in A, porta con sé principi e linguaggio condivisi; quando torna, riaggancia un gruppo che sa cosa fare.

UNA SQUADRA CHE VALE LA PENA ASPETTARE
La Juventus Next Gen ha già dimostrato di saper competere quando le gambe sono fresche e la testa è leggera. Gli 11 punti nelle prime 6 giornate non sono un caso: raccontano una base di qualità e idee. Il crollo di ottobre-inizio novembre, con 4 sconfitte di fila in campionato intorno allo spartiacque di Rimini e l’uscita ai rigori in Coppa Italia, è stato un test di maturità non ancora superato del tutto. Gli ultimi segnali, però, dicono che il gruppo sta rimettendo benzina e ordine, con una difesa più attenta, un contributo crescente dei quinti e un uso più furbo dei piazzati. La strada per i playoff è ancora praticabile: la classifica corta del Girone B lo consente, e l’esperienza «ibrida» di Brambilla, salito e sceso dall’ascensore tra Next Gen e prima squadra, può diventare un vantaggio competitivo in termini di letture e leadership. La lezione di questi mesi è chiara: questa squadra ha bisogno di continuità, non di scintille. Ma se alle scintille saprà affiancare una base di abitudini «da adulti», gestione dei momenti, attenzione ai dettagli, concretezza, allora la seconda parte di stagione potrà riassomigliare a quel gol di Vacca al 50’ del recupero: una scelta di tempi, una questione di carattere.

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