Lutto
26 Dicembre 2025
Jean-Louis Gasset ha giocato per il Montpellier dal 1975 al 1985 e in seguito ne è stato allenatore a più riprese, l'ultima proprio nella stagione 2024-2025
Un uomo con una casquette tirata bassa, lo sguardo che scruta il campo come fosse una lavagna vivente. È così che molti ricordano Jean‑Louis Gasset: non con un trofeo alzato al cielo, ma con la postura di chi sta per correggere un dettaglio, aggiustare una linea di pressione, parlare piano ma chiaro a un calciatore in difficoltà. Il 26 dicembre 2025, a 72 anni, se n’è andato l’allenatore che più di altri ha cucito il proprio destino su quello del Montpellier: prima calciatore, poi educatore, quindi tecnico in tre periodi distinti, infine simbolo di una cultura del lavoro che in Francia ha lasciato segni profondi, anche lontano dall’Hérault. La notizia della morte è stata confermata dallo stesso Montpellier HSC, che ha ricordato Gasset come «figlio del club» e figura emblematica della sua storia.
UN «FIGLIO DEL CLUB» NEL SENSO LETTERALE DEL TERMINE
La biografia calcistica di Gasset comincia prima ancora del suo esordio: il padre, Bernard Gasset, è tra i co‑fondatori della società pailladine insieme a Louis Nicollin. Non è un dettaglio d’atmosfera: spiega perché il Montpellier non sia stato soltanto il suo club, ma la sua grammatica di riferimento. Tra il 1975 e il 1985 Gasset gioca da centrocampista con la maglia arancio e blu sommando, secondo i conteggi più diffusi, 231 presenze ufficiali e 10 gol, con un numero complessivo che in alcune ricostruzioni supera le 260 partite includendo tutte le competizioni. In ogni caso, resta l’idea di un decennio di appartenenza piena. E non è un caso che, appesi gli scarpini, il passaggio al ruolo di tecnico avvenga senza cambiare spogliatoio.
L'APPRENDISTATO E IL PRIMO GIRO DA CAPO ALLENATORE
Dal 1985 Gasset entra nello staff del Montpellier. È un apprendistato lungo, prezioso, che sfocia nella promozione ad allenatore della prima squadra nel 1998‑1999 e poi, a cavallo con l’annata successiva, nella conquista della Coppa Intertoto UEFA del 1999, un titolo «minore» soltanto per chi non ricorda quanto quella via d’accesso all’Europa contasse per i club francesi dell’epoca. In finale, il Montpellier supera l’Hamburger SV ai rigori, guadagnandosi il biglietto per la Coppa UEFA. Nel frattempo, la carriera di Gasset comincia a prendere la forma che diventerà la sua cifra: alternanza tra la guida in prima persona e il lavoro da vice di peso. Dopo il Montpellier, passano sotto le sue mani il SM Caen (2000‑2001) e, qualche anno più tardi, l’Istres (2005‑2006). In mezzo, una parentesi catalana come vice all’Espanyol (2003‑2004), accanto a Luis Fernandez: esperienze diverse, che alimentano un bagaglio tattico e umano sempre più ricco.
L'OMBRA DI LUSSO: IL DECENNIO CON LAURENT BLANC
Il vero scatto di carriera arriva però quando Laurent Blanc decide che quell’uomo con la casquette sarà il suo alter ego in panchina. Dal 2007 al 2016 formano un tandem che marchia a fuoco tre esperienze: Girondins de Bordeaux, nazionale francese e Paris Saint‑Germain. Con il Bordeaux arriva un titolo di campione di Francia e una doppietta nelle coppe nazionali nel 2009; con il PSG, sotto la guida di Blanc e la regia silenziosa di Gasset, il club costruisce il suo dominio interno collezionando campionati, Coupe de la Ligue, Trophée des Champions e Coupe de France. È la stagione in cui l’ex centrocampista di Montpellier affina una competenza manageriale rarefatta: la capacità di portare in campo idee chiare, gestire spogliatoi pieni di grandi personalità, tradurre il pensiero dell’allenatore principale in soluzioni pratiche. Non si tratta solo di medagliere. In quei quasi 10 anni Gasset diventa un riferimento per i calciatori, un mediatore naturale tra lo spogliatoio e chi guida. È quell’abilità relazionale, unita alla sua competenza di campo, a renderlo più tardi il tecnico ideale per i contesti in crisi, le cosiddette «cause perse» di cui parleranno i giornali.
IL RITORNO IN PRIMA LINEA
Al termine del binomio con Blanc, Gasset torna a prendersi una panchina sua. Il Saint‑Étienne lo richiama nel 2017: l’ASSE ritrova equilibrio, e nel 2018‑2019 chiude al quarto posto, una delle migliori stagioni del club nel nuovo millennio. Nel 2020 lo chiamano i Girondins de Bordeaux, un’avventura più complicata che si chiude nell’estate 2021. In quei mesi si consolida la percezione di Gasset come «aggiustatore»: il tecnico capace di dare ordine a sistemi fragili, pur sapendo che non sempre basterà. Poi la svolta internazionale: nel maggio 2022 la Federazione ivoriana lo nomina commissario tecnico con un obiettivo esplicito e pesante: giocarsi in casa la Coppa d’Africa 2023 (disputata a inizio 2024). La fase a gironi, però, è un saliscendi che esplode nella sconfitta per 4‑0 contro la Guinea Equatoriale, la più pesante subita da un Paese ospitante nella storia del torneo. Il 24 gennaio 2024 la FIF lo esonera per «risultati insufficienti». E qui il destino sceglie la via del paradosso: subentrato il suo vice Emerse Faé, la Costa d’Avorio rimonta il suo torneo impossibile e, l’11 febbraio 2024, vince la Coppa d’Africa in finale contro la Nigeria. Lo sport, a volte, racconta così.
MARSIGLIA, 4 MESI A TUTTA
Un mese dopo quell’uscita di scena, il telefono di Gasset squilla di nuovo. Il 20 febbraio 2024 l’Olympique de Marseille lo chiama al posto di Gennaro Gattuso. Il compito è doppio: ridare un’identità a una squadra scossa e tentare una corsa europea che, giornata dopo giornata, prende forza. In Europa League, l’OM elimina lo Shakhtar, poi il Benfica ai rigori al Vélodrome e approda in semifinale. L’Atalanta di Gasperini però è più solida: 1‑1 all’andata, 0‑3 a Bergamo al ritorno. Gasset ne sottolinea la longevità del progetto avversario rispetto alla tempesta tecnica attraversata dal Marsiglia in quella stagione. A fine primavera saluta, ma lascia un percorso europeo che i tifosi non dimenticano.
LA TENTAZIONE DEL «PER SEMPRE», IL 3° RITORNO A MONTPELLIER
Sembrava la cornice giusta per appendere la casquette al chiodo. E invece no. Il 22 ottobre 2024 Gasset accetta di rientrare nella casa di sempre, il Montpellier, subentrando con la squadra in coda alla Ligue 1. È una scelta di cuore e di responsabilità: provare ancora una volta a raddrizzare la barra, a costo di mettere in gioco il proprio nome. Nei mesi successivi però la caduta non si arresta: 9 sconfitte di fila, una classifica che diventa una sentenza. Il 7 aprile 2025 il club annuncia la separazione «di comune accordo». La stagione si concluderà con la retrocessione in Ligue 2, l’anno del cinquantenario del club. Anche questo, nella trama di una vita calcistica, è un finale che racconta qualcosa: la difficoltà di fermare certe spirali, anche per chi le ha invertite più volte.
IL SALUTO DEL CALCIO FRANCESE
Il giorno della sua scomparsa, le reazioni hanno attraversato la Francia: dal Montpellier, che per primo ha diffuso la notizia, ai media nazionali che hanno ripercorso carriera e carattere; fino alle voci internazionali che hanno ricordato la sua figura, l’esperienza ivoriana e il legame con la panchina del Marsiglia. Un filo comune: la definizione di «figura emblematica» del calcio francese, destinata a restare nella memoria di chi ha lavorato con lui e contro di lui. Al netto dei risultati, di numeri e date, di Coppe e retrocessioni, resta l’immagine di un uomo che il calcio l’ha abitato. Uno che ha visto da vicino la grandezza e la fragilità dei progetti, che ha saputo vincere in prima persona e da spalla, che ha preso per mano i gruppi quando serviva calma, che ha sopportato il rumore di fondo senza smarrire la bussola. In un’epoca di narrazioni urlate, Jean‑Louis Gasset ha lasciato un’eredità controcorrente: la forza della misura.