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L'eroe del triplete con l'Inter davanti al destino: torna dove tutto è iniziato e sfida la sua storia

Rui Costa lo richiama alla guida dei lusitani: alla prima in Champions sarà ritorno a Stamford Bridge per Mourinho

Josè Mourinho

JOSÈ MOURINHO

Chi meglio di José Mourinho per recitare la parte dell’uomo del destino a Stamford Bridge? E chi, se non lui, per trasformare una panchina bollente in un palcoscenico mondiale? La trama è di quelle che profumano di notti europee: Mourinho torna a Stamford Bridge guidando il Benfica, proprio contro il suo ex club, il Chelsea, per una partita di Champions League che sa di crocevia. A 62 anni, sul prato dove ha vissuto alcuni dei suoi trionfi più memorabili come il triplete vinto con l'Inter nel 2010, il portoghese si rimette al centro del ring per dimostrare, una volta per tutte, di poter ancora competere ai massimi livelli dopo sette anni tormentati.



FINE BURRASCOSA IN TURCHIA


Sembrava scritto nei corridoi del tempo: l’epilogo al Fenerbahçe con il quarto esonero consecutivo - il settimo totale nella carriera dello "Special One" - aveva il sapore amaro del “fine corsa”. Al triplice fischio della gara dei preliminari di Champions League del mese scorso contro il Benfica, l’aria era già cambiata. Il giorno dopo? Polemiche nell’aria, tempesta mediatica, il solito magnetismo di Mourinho per tutto ciò che fa discutere. Due giorni dopo la sconfitta per 1-0 a Lisbona, il 29 agosto, è arrivato il taglio: il Fenerbahçe lo esonera ritenendo che il tecnico, schietto come sempre, causasse più problemi di quanti ne risolvesse. Un congedo freddo come una doccia negli spogliatoi.

Manchester United nel 2018, Tottenham nel 2012, Roma nel 2024 e in ultimo proprio il Fenerbache. Questo lo score del tecnico portoghese per quanto riguarda gli esoneri nelle ultime cinque avventure della sua carriera, ma in mezzo anche tanti trofei: la storica Europa League con la Roma nel 2022 a Tirana e quella sollevata con lo United nel 2017 a Stoccolma. Solo l'avventura inglese con gli Spurs e in ultimo quella turca non hanno portato trofei.



IL RITORNO DOVE TUTTO È COMINCIATO

Eppure il calcio, si sa, è un pendolo. Meno di tre settimane dopo, la porta dell’Estadio da Luz si è riaperta. Il presidente del Benfica, Rui Costa, ha fatto la scelta che ha sorpreso mezza Europa: per sostituire Bruno Lage - esonerato dopo la clamorosa sconfitta contro il Qarabag nella prima giornata di Champions League il 16 settembre scorso - ha chiamato proprio l’allenatore che, da avversario, aveva appena sbarrato la strada europea ai turchi.

Altro che sliding doors: qui è un tornello che gira all’impazzata. Mourinho torna al Benfica 25 anni dopo quell'avventura nel 2000 e, per quanto lo riguarda, torna nel luogo che sente di potersi meritare. Le sue parole alla UEFA sono una dichiarazione d’intenti, ma anche un testamento di carriera: «Nella mia carriera ho avuto la fortuna di allenare molti grandi club: Real Madrid, Inter, Manchester United e Chelsea. Anche il Benfica è un grande club e un grande club comporta grandi responsabilità, grandi aspettative: è tutto grande. É il tipo di sfida di cui ho bisogno».


LA STORIA SCRITTA E RISCRITTA A STAMFORD BRIDGE

Stamford Bridge: basta pronunciare quel nome perché la pellicola si metta da sola in movimento. Per Mourinho è stato teatro di trionfi, cornice di vittorie, stanza dei trofei. La prima volta dal 2004 al 2007 coronata dalla storica vittoria della Premier League cinquant'anni dopo l'ultima volta, la seconda dal 2013 al 2015 e anche in questo caso il campionato inglese in bacheca.

Ma lo Stamford oggi è anche un tribunale sportivo dove si entra solo con le prove: gioco, personalità, risultato. Il ritorno con il Benfica non è nostalgia, è prova del nove. Come reagirà il pubblico? Come risponderà la squadra a un tecnico che vive di pressione, che si nutre di responsabilità e che brandisce la parola “aspettative” come si brandisce un trofeo? Sono domande che pesano quanto un pallone al novantesimo.


CHE PARTITA SARÀ?

Una gara così non si gioca, si interpreta. Il Benfica arriva a Londra con un allenatore che ha fame e che è riuscito a dare subito una scossa alla squadra con 7 punti nelle prime tre gare con i lusitani, un tecnico che sente l’odore del sangue sportivo e si carica dello scetticismo come fosse carburante. Mourinho lo sa bene: stavolta non basta essere “grande”, bisogna essere efficace. Davanti c’è il Chelsea, lo stesso nome che nel suo curriculum ha un posto d’onore, reduce da un punto nelle ultime tre partite di campionato e dalla sconfitta all'esordio con il Bayern Monaco.

Se c’è un bilancio che conta, non è quello del mercato ma quello della reputazione. A 62 anni, José Mourinho è di nuovo a pagina uno. La sfida non è solo “vincere”: è rimettere al centro il metodo, l’identità, la disciplina. È dimostrare che la sua mano può ancora cambiare l’inerzia di una stagione e la temperatura di uno spogliatoio. In Europa non c’è tempo per i lavori in corso: o impatti, o scivoli. E qui arriva il fascino della storia: chi meglio di lui per scendere in campo quando il cronometro del destino corre?




IL FISCHIO CHE RIAPRE IL ROMANZO

Insomma, dove si gioca la partita vera? Nella testa di Mourinho. Il resto è contesto. Stamford Bridge non è solo un indirizzo sulla mappa, è una lente di ingrandimento sulla sua figura. Lui l’ha detto: “È il tipo di sfida di cui ho bisogno”. La Champions League non aspetta nessuno. È il torneo dei colpi secchi, dei dettagli chirurgici, del coraggio misurato. Se José saprà rimettere in campo il magnetismo, la lucidità e quel fiuto per i momenti che lo hanno reso un’icona, allora la notte londinese potrà diventare una dichiarazione di esistenza. Altrimenti, la storia sarà spietata come il tabellone elettronico al 90’.

Quando l’arbitro alzerà il braccio a Stamford Bridge, non partirà solo una partita: si riaprirà un romanzo che sembrava vicino all’ultimo capitolo e che invece ha appena svoltato pagina. Mourinho al Benfica, contro il Chelsea, dopo il 29 agosto e dopo Lisbona. Tutto torna al punto di partenza, ma su un livello più alto di pressione e aspettativa. È questa la grandezza del calcio: può togliere il fiato, ma restituisce sempre una scena in cui rimettersi in gioco.

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