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Lavoro Sportivo, una rivoluzione che sta mettendo in crisi le società (1ªparte)

Per i "lavoratori" quali benefici? Veramente si potrà maturare una pensione?

Lavoro Sportivo, una rivoluzione che sta mettendo in crisi le società (1ªparte)

Chi è l'avvocato Daniele Perrucca

Iscritto all’Albo presso il Foro di Torino, mi occupo di diritto civile, con specifico focus in ambito societario e contrattuale, nonché di diritto del lavoro, oltre a prestare assistenza e consulenza in materia di Protezione dei Dati Personali e con riguardo alla normativa Antiriciclaggio. Sono cultore della materia di diritto amministrativo dello sport e giustizia sportiva presso l’Università degli Studi di Torino, e docente presso la Scuola dello Sport del CONI Piemonte. Faccio parte di A.I.A.S., l’Associazione Italiana Avvocati dello Sport, in qualità di socio e componente del coordinamento regionale del Piemonte.

La disciplina del lavoro sportivo in Italia è stata recentemente al centro di una vera e propria rivoluzione. A partire infatti dal 1° luglio 2023 è entrata in vigore quella che è comunemente definita come la “Riforma dello Sport” proprio in materia di lavoro sportivo, mettendo la parola fine (almeno nelle intenzioni, quanto agli effetti sarà il tempo a darcene prova) a buona parte delle criticità che affliggevano il settore da questo punto di vista.

Come sempre accade dopo una rivoluzione, c’è chi rivendica quanto ottenuto come una conquista e chi, invece, rimpiange il tempo che fu o, quantomeno, ritiene eccessivamente invasive alcune delle novità introdotte. 

Ma andiamo con ordine. Infatti, per comprendere appieno la portata dell’odierna disciplina, occorre soffermarsi, pur senza pretese di esaustività, su ciò che è stato fino a poco tempo fa.

A norma della L. 91/1981, il Legislatore di allora aveva definito “lavoratori sportivi” gli atleti, i tecnici ed i direttori tecnici che prestavano attività sportiva esclusivamente a livello professionistico.

Restavano quindi esclusi da tale disciplina normativa tutti gli sportivi dilettanti, inclusi i c.d. “professionisti di fatto” o “falsi dilettanti” che, tuttavia, svolgevano attività a titolo oneroso e con un livello di impegno a tempo pieno a tutti gli effetti equiparabile ad un professionista. 

Quale disciplina dunque applicare a tali soggetti? Il riferimento normativo veniva sostanzialmente individuato nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), e nello specifico nell’art. 67, co. 1, lett. m), D.p.r. 917/1986, il quale disciplinava i c.d. “redditi diversi” e che fino all’avvento della Riforma è stato essenzialmente l’unico punto di riferimento normativo per gli operatori del settore dilettantistico. 

È evidente che, non rivestendo la qualità di “lavoratori”, i dilettanti erano sguarniti di qualsiasi tutela tipica riconosciuta dall’ordinamento in ambito giuslavoristico, e così anche in materia assistenziale e contributiva.

Questo sistema, che ha retto per oltre quarant’anni, era stato messo in discussione dalla stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione che, con ben 37 sentenze emesse a cavallo tra gli anni 2021 e 2022, si è pronunciata a sfavore dell’applicazione del citato art. 67, co. 1, lett. m) del TUIR nell’ambito di rapporti – anche a livello dilettantistico – caratterizzati dalla prestazione resa nei confronti di un sodalizio sportivo verso un corrispettivo. 

Veniamo quindi ai giorni nostri. Dopo un lungo percorso, intrapreso circa cinque anni addietro con la Legge delega 86/2019, il Legislatore ha infatti cambiato decisamente rotta, introducendo una nuova disciplina organica che abbraccia tutti i soggetti che operano nel mondo sportivo. 

Chi è dunque oggi il “lavoratore sportivo”? A dircelo è l’art. 25 del D.lgs. 36/2021 – decreto attuativo che disciplina pressoché interamente la materia del lavoro sportivo – che lo definisce come l'atleta, l'allenatore, l'istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l'attività sportiva verso un corrispettivo. È inoltre lavoratore sportivo ogni altro tesserato che svolge mansioni necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, verso un corrispettivo, con esclusione di coloro che prestano mansioni di carattere amministrativo-gestionale. A tal proposito, merita una particolare menzione il “Mansionario dei lavoratori sportivi”, pubblicato il 21 febbraio 2024 dal Ministero per lo Sport e che al suo interno contiene l’elencazione delle figure rientranti tra i lavoratori sportivi, diversi da quelli espressamente indicati dal predetto articolo 25 e che ad essi si aggiungono, riconosciuti dall’ordinamento.

La norma appena citata può ritenersi a pieno titolo come “rivoluzionaria”, proprio perché sancisce il definitivo superamento di ogni discriminazione di genere nonché della storica distinzione tra il professionista ed il dilettante. 

Alla luce della Riforma, infatti, lo sport femminile acquisisce (finalmente) un nuovo status cosicché la lavoratrice donna viene equiparata, in quanto a diritti e tutele, al “collega” uomo. Anche i dilettanti sono adesso a pieno titolo lavoratori sportivi e hanno diritto ad accedere a tutte le tutele prescritte dall’ordinamento, in particolar modo quelle richiamate espressamente dal D.lgs. 36/2021.

La distinzione tra professionista e dilettante, tuttavia, permane, seppur confinata unicamente all’ambito della disciplina applicabile. 

Infatti, l’art. 27 del D.lgs. 36/2021 stabilisce che nell’ambito del professionismo il rapporto di lavoro si presume subordinato. L’art. 28 del medesimo decreto prescrive invece che per i dilettanti il rapporto deve presumersi autonomo, nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, al ricorrere di due requisiti cumulativi: 1) la durata delle prestazioni oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non devono superare le 24 ore settimanali, escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive; 2) le prestazioni oggetto del contratto devono essere coordinate (esclusivamente) sotto il profilo tecnico-sportivo, in osservanza dei regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate e degli Enti di promozione sportiva.

Il collaboratore autonomo dilettante, per essere tale, non può quindi mai superare le 24 ore settimanali? Quali sono gli oneri di ASD e SSD? È possibile fare ricorso al lavoro occasionale? E per i giovani atleti è prevista qualche misura particolare? Chi sono i “volontari”? 

La risposta a queste e altre domande verrà trattata nell’approfondimento della prossima settimana.

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