Cerca

Regolamento

Guida pratica alla fiscalità nelle associazioni sportive dilettantistiche

Per guidare una società o sei Superman oppure ti servono tre studi professionali che sicuramente non lavorano gratuitamente

Guida pratica alla fiscalità nelle associazioni sportive dilettantistiche

Chi è l'Avvocato Paolo Rendina. Avvocato del Foro di Torino, membro Tavolo lavoro Ministero del lavoro e delle politiche sociali su sport e terzo settore, Giudice Sportivo FITW, responsabile formazione Consulenti dello Sport, coordinatore formazione Unione Nazionale Camera Avvocati Tributaristi Piemonte, Associato AIAS Piemonte. 

La fiscalità nello sport

Uno dei principi alla base della nostra bellissima carta costituzionale è che, per il bene comune, tutti i Cittadini siano chiamati a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva, precisando, poi, che il sistema tributario è informato a criteri di progressività. Sistema dal quale il mondo dello sport non ne è esente. Dalle Associazioni ai singoli istruttori, passando per ogni singolo tesserato. Ancora prima che la nostra Costituzione riconoscesse il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva, gli enti non profit in generale, e sportivi in particolare, hanno comunque potuto godere di un regime di particolare favore dal punto di vista fiscale. Ma, si badi bene, a chiare e precise condizioni. A volte di difficile interpretazione queste “regole del gioco” sono di fatto rimaste immutate nel tempo nonostante, la riforma dello sport prima e quella tributaria poi, abbiano imposto nuovi adempimenti a carico dell’associazione sportiva dilettantistica (ASD) nella sua figura di “contribuente”. 

Per chi, per la prima volta, si affaccia alla fiscalità associativa, bisogna innanzitutto pensare che le associazioni sportive dilettantistiche, che svolgono in via esclusiva o principale attività non commerciali, sono riconducibili, quali soggetti passivi IRES, agli enti non commerciali (art. 73, co. 1, lett. c) del Testo Unico Imposta sui Redditi (Tuir). Ai fini dell’imposta dul reddito per le ASD, in quanto enti associativi, trovano applicazione le disposizioni dell'art. 148 del Tuir, compresa la decommercializzazione dei corrispettivi specifici versati dagli associati per le attività svolte in attuazione degli scopi istituzionali. 

In pratica cosa significa? 

Che le ASD, per il solo fatto di perseguire determinate attività ritenute meritevoli di tutela e di essere valorizzate, possono “contribuire”alla spese pubblica in maniera diversa dagli altri contribuenti. Ad esempio su quanto incassato come “quote istituzionali” non viene calcolata alcuna imposta da versare e anche sulle attività di tipo commerciale la pretesa fiscale è decisamente inferiore rispetto a quanto “proporzionalmente” richiesto ad un qualsivoglia ente commerciale, società, artigiano, professionista che sia e, in ogni caso, rispetto a chi, svolgendo un’attività per esclusivo profitto (for profit), intenda anche distribuire l’utile eventualmente prodotto.

Ma quali sono i requisiti minimi per poter essere considerati enti non commerciali?

I requisiti, chiaramente enunciati dalla normativa fiscale (Tuir) e in parte rinvenibili anche nella normativa sportiva di settore, possono sinteticamente riassumersi come segue: 

A) L’Asd deve avere come oggetto sociale l'esercizio in via stabile e principale dell'organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l'assistenza all'attività sportiva dilettantistica. 

B) Le associazioni devono destinare eventuali utili ed avanzi di gestione allo svolgimento dell'attività statutaria o all'incremento del proprio patrimonio.. Il che non vuole dire, come comunemente in molti erroneamente pensano, alla fine dell’anno si deve chiuedere il bilancio a zero (tanto ho incassato e tanto ho speso), ma che alla fine dell’anno è vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominati, a soci o associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di qualsiasi altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto.

C) La gestione associativa deve conformarsi ai principi di democraticità e trasparenza. L’ente associativa non conosce il “possessivo”. E’, e dev’essere, considerata come un ente collettivo a cui si aderisce spontaneamente per il raggiungimento delle finalità statuarie e con un atteggiamento “disinteressato” al proprio tornaconto (economico) personale. E così, anche il Presidente e i membri del Consiglio Direttivo, ovvero il nucleo “operativo” di un’Asd, devono gestire l’ente non solo secondo la “diligenza del buon padre di famiglia” ma anche dando a tutti i soci informazioni sull’andamento dell’attività e permettendo a tutti, minori inclusi, la possibilità di esercitare i diritti che ad essi spettano prima di tutto come soci e poi come tesserati sportivi. Facendo un esempio noto a tutti. All’Assemblea annuale degli associati devono essere chiamati, secondo le modalità previste dallo statuto, tutti coloro i quali sono “iscritti” al libro soci. La stessa cosa avviene, ad esempio, per l’approvazione del rendiconto di un condominio dove, solitamente, sono chiamati tutti coloro che sono proprietari di una casa. Che all’assemblea associativa o del condominio si presentino pochissimi soci o condomini, nella generalità dei casi, non è di per sé un problema. Ma se il Presidente o l’Amministratore si “dimenticasse” di chiamare qualcuno o, peggio, decidesse di non convocare qualcuno? Nel mondo sportivo, semplificando, significherebbe non solo rischiare un procedimento per “responsabilità gestoria” ma, sopratutto, condurrebbe, inevitabilmente, alla decadenza da tutti i benefici fiscali. L’Art. 148 del Tuir, più tecnicamente, infatti richiede che venga dimostrata una disciplina uniforme del rapporto associativo e che le modalità associative siano (sempre) volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente, inoltre, la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e che sia prevista per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione. Il divalore del dispotismo associativo viene inoltre ribadito laddove espressamente pretende che venga dimostrata la libera eleggibilità degli organi amministrativi, secondo il principio del voto singolo, la sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri della loro ammissione ed esclusione, nonché i criteri e le idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti.

D) Altri “fondamentali” ai fini fiscali possono riassumersi, in linea molto generale, nell’obbligo di redazione e approvazione del bilancio associativo e di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe e nel divieto di trasmettere la quota e l’obbligo.

Solo e se queste clausole verranno rispettate dal sodalizio associativo ecco che allora non sarà considerata commerciale l'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali e le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorreranno a formare il reddito complessivo.

Ma per godere di queste de-commercializzazione è anche fondamentale che l’Associazione si uniformi non solo a quanto disposto dalla normativa fiscale ma anche alle regole dettate dall’ordinamento sportivo le cui disposizioni, dettate per il gioco giocato dal C.O.N.I. (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) e dal C.I.P. (Comitato Paralimpico Italiano), sono “arricchite” dalla Riforma dello Sport e dalla normativa Regionale. Dovrà infatti anche possedere e mantenere nel tempo i requisiti per il “riconoscimento” ai fini sportivi. Il riconoscimento si può ottenere solo con l’iscrizione al Registro Nazionale delle Attività Sportive che, introdotto con la Riforma dello Sport, viene definito come l’unico strumento certificatore dello svolgimento di attività sportiva dilettantistica al quale deve essere iscritto, per accedere a benefici e contributi pubblici in materia di sport, ogni ente sportivo dilettantistico riconosciuto ai fini sportivi da un Organismo sportivo.

Vedremo poi se una ASD, che svolga anche attività commerciale, possa applicare regimi particolari anche ai fini IVA e, soprattutto, cosa prevede la Riforma in tema di fiscalità e lavoratori nello sport. 

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Sprint e Sport

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter