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Regolamento

Guida pratica alla fiscalità per associazioni sportive dilettantistiche: le patologie da evitare e le opportunità da cogliere

Seconda puntata, posso svolgere attività commerciale? E se sì come mi devo comportare?

Guida pratica alla fiscalità per associazioni sportive dilettantistiche

Avvocato Paolo Rendina. Avvocato del Foro di Torino, membro Tavolo lavoro Ministero del lavoro e delle politiche sociali su sport e terzo settore, Giudice Sportivo FITW, responsabile formazione Consulenti dello Sport, coordinatore formazione Unione Nazionale Camera Avvocati Tributaristi Piemonte, Associato AIAS Piemonte. 

Nello scorso articolo abbiamo cercato di farvi comprende quanto sia oggi complessa, e per nulla banale, la gestione di un ente sportivo anche, e soprattutto, dal punto di vista tributario. Ma, vogliamo ribadirlo, con la riforma dello sport non si spostato di un solo centimetro la posizione tenuta dal legislatore che, ora come allora, impone che, a fronte dei vantaggi fiscali riconosciuti al mondo sportivo, gli enti mantengano un comportamento disinteressato, ovvero non egoistico e non profittevole, trasparente e nel rispetto dei diritti e doveri di tutti gli aderenti.

Posso svolgere attività commerciale?
La normativa prevede che qualora un’ente sportivo voglia anche esercitare attività diverse da quelle istituzionali per sostenersi possa farlo e che, limitatamente a queste, possa altresì optare per particolari regimi fiscali indubbiamente vantaggiosi. Il più noto è sicuramente il regime previsto dalla L. 398/1991 che consiste, ai fini Ires, nella determinazione forfetaria del reddito con coefficiente del 3% fino a € 400.000 di ricavi annui (come elevato dall’art. 90, co. 2, della L. 289/2002) e, ai fini IVA, in una detrazione forfetaria in misura pari al 50%. Tale regime fiscale agevolato è esteso anche alle società dilettantistiche. Tra le entrate commerciali peraltro rientrano anche le sponsorizzazioni che, come ribadito da una recentissima Ordinanza della Corte di Cassazione, sono integralmente deducibili dallo sponsor.

Il nodo dell’IVA
L’imposta sul valore aggiunto è un’imposta sul consumo retta, a livello dell’Unione Europea da una Direttiva alla quale anche l’Italia, come stato membro deve uniformarsi. Ma, sino ad oggi, in ambito associativo, siamo stati più volte “ripresi” e sanzionati per non aver adeguato la nostra normativa a quella comunitaria. Punto di partenza, e oggetto del “contendere”, era l’art. 4 comma 4) d.P.R. 633/1972 (Decreto IVA) secondo il quale le operazioni poste in essere da un ente sportivo riconosciuto, che non si considerano effettuate nell’esercizio di attività commerciali, sono escluse da IVA poiché si tratta di attività de-commercializzata (esempio: corrispettivi specifici versati da un socio per la partecipazione ai corsi di nuoto). A seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 1, comma 638, della l. n. 234/2021 e dell’art. 5, commi da 15 quater a 15 sexies, dl. 146/2021 è però stato prevista non solo l’abrogazione dell’art. 4 comma 4 del decreto IVA ma soprattutto, l’introduzione, nel successivo art. 10, tra le prestazioni di servizi esenti da imposta, quelle “strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport o l'educazione fisica ovvero nei confronti di associazioni che svolgono le medesime attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali”. Si è passati, pertanto, da un regime di esclusione dell’imposta a uno di esenzione dall’imposta e, nell’ottica di essere ancora maggiormente aderenti alla normativa unionale (art.132 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006), con il Decreto Pa-Sport Bis (d.l. n. 75 del 22 giugno 2023) e stato stabilito che tutte le prestazioni sportive a chiunque rese (quindi indipendentemente dalla qualifica di socio, partecipante, tesserato) rientrino nell’art. 10 del decreto IVA a patto che, ovviamente, il soggetto erogatore sia un organismo sportivo riconosciuto.

L’art. 36 bis, infatti, è intervenuto specificando che le prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, compresi quelli didattici e formativi, rese nei confronti delle persone che esercitano lo sport o l'educazione fisica da parte di organismi senza fine di lucro, compresi gli enti sportivi dilettantistici di cui all'art. 6 del d.lg 36/21, sono esenti dall'imposta sul valore aggiunto. Ma ciò che qui rileva è che, con il successivo comma 2, è stato “sanato” il pregresso, in quanto viene stabilito che tutte le prestazioni rese prima della data di entrata in vigore della legge dovranno comunque intendersi comprese nell'ambito di applicazione dell'art. 10, primo comma, numero 20), del d.P.R. 633/72. E pertanto esenti da IVA. Il regime di vantaggio peraltro è vincolato solo ed esclusivamente dalla qualifica del soggetto che eroga il servizio (ente sportivo dilettantistico tanto in forma associativa che societaria) e non anche dall’invio di modelli o comunicazioni. Il passaggio dall'esclusione all'esenzione, introdotto dall'art. 5, comma 15 quater, legge 215/2021, la cui entrata in vigore era già stata posticipata al 1° luglio 2024 dal d.l. 51/2023, è stato ulteriormente rinviato al 1 gennaio 2025. Da tale data, in conclusione, tutti gli enti associativi dovranno dotarsi di Partita Iva. Sicuramente un adempimento ulteriore e, con ancora tanti nodi da sciogliere, non di facile messa a terra soprattutto per le realtà che svolgono solo attività isituzionale e per il quale ci auguriamo possano intervenire almeno i dovuti chiarimenti. 

Quali sono le patologie che possono affliggere un ente sportivo?
Di patologie (di rilevanza tributaria) che possono interessare l’attività istituzionale e/o commerciale dell’Associazione tale da determinare il venir meno del trattamento di favore previsto dal legislatore ne possiamo individuare almeno due. E più precisamente: 

  • Il non assoggettamento a tassazione del risultato reddituale della c.d. attività istituzionale; 
  • Il regime agevolato per l’eventuale attività commerciale dell’Ente;

Nessun dubbio può essere avanzato sulla evidenza della patologia (per così dire principale) idonea a sanzionare l’Associazione con la perdita dello speciale favor fiscale: l’effettuazione di una attività, concretamente, di natura commerciale e finalizzata ad un lucro di uno o più soggetti o della stessa Associazione. Ciò che viene realizzato attraverso la simulazione di una attività diversa da quella rappresentata dallo Statuto e l’occultamento degli effettivi obiettivi dell’Ente.

Una tale patologia non può che riguardare, evidentemente, la pretesa attività istituzionale, poiché ciò che determina il venir meno del regime fiscale agevolato è proprio l’inesistenza di una attività istituzionale. Va da se che l’esistenza di una eventuale attività commerciale (correlata, in tale ipotesi, alla pseudo attività istituzionale) è integralmente “assorbita” - quanto ai profili di disconoscimento delle agevolazioni - dalla circostanza dell’inesistenza, a monte, dell’attività istituzionale: non vi è alcuna Associazione, ma più semplicemente, l’esercizio di una attività commerciale pura e semplice.

Diversamente da tali fenomeni elusivi e/o di vera e propria evasione possono ipotizzarsi violazioni formali (autonomamente sanzionate) per il mancato rispetto degli obblighi di legge da parte dell’Associazione che soggiacciono, evidentemente, alle conseguenze previste dal legislatore. In taluni casi, per espresso dettato normativo dette violazioni comportano la “decadenza” dal beneficio, in altri determinano un diverso trattamento sanzionatorio ( ad esempio una pena pecuniaria ). Ciò mantenendo pur sempre la netta distinzione tra attività istituzionale ed attività commerciale:

  • Se la violazione interessa l’attività commerciale può realizzarsi, laddove previsto dal legislatore, il venir meno di quel regime di favore ( nella specie quello disciplinato dalla L. n. 398 del 1991 ), ma nessuna conseguenza può riguardare l’area dell’attività istituzionale (se esistente essa è distinta da quella commerciale e non ne subisce l’inferenza ); 
  • Se, viceversa, la violazione interesse l’attività istituzionale, nessuna conseguenza può riguardare l’area dell’attività commerciale; 
  • Solo nell’ipotesi in cui venga rilevata una simulata attività istituzionale finalizzata ad occultarne una commerciale è ovvio che l’intera attività della pseudo associazione non può essere più soggetta ad alcun beneficio. 

Ovvio, infine, che violazioni formali reiterate possano costituire sintomo della più grave delle patologie descritte e quindi assumere natura di indizi (gravi, precisi e concordanti) per ritenere fittizia l’attività istituzionale dichiarata dall’Associazione. 

In definitiva le agevolazioni fiscali riconosciute dall’art. 148, comma 3, del TUIR alle associazioni sportive dilettantistiche in quanto enti non commerciali a carattere associativo, non possono essere disconosciute per mere contestazioni relative ad inadempimenti di ordine squisitamente formale ma occorre prova contraria da parte dell’amministrazione finanziaria in merito all’insussistenza in concreto delle condizioni per la realizzazione delle finalità istituzionali dell’ente.

In conclusione
Abbiamo messo tanta “carne al fuoco”, ma ci sarebbero da approfondire questi ed altrettanti argomenti. Dalla tassazione dei compensi e premi percepiti per le attivit sportive dilettantistiche alla erogazioni liberali, passando perr la fiscalità degli enti sportivi che intendano acquisire anche la qualifica di enti del terzo settore. Ma, dopo tutto, vorremo concludere con almeno una buona notizia: gli enti sportivi non devono più presentare il Modello EAS. Ovvero quell’obbligo di trasmissione che, se non correttamente assolto dall’ente sportivo, determinava la decadenza da tutti i benefici fiscali. Un adempimento di tipo squisitamente formale ma che ha mietuto più di una vittima.  Se l’obbiettivo che si era posto il fisco era quello di recuperare le informazioni sugli Enti sportivi oggi sappiamo infatti che tale compito può essere assolto dal Registro Nazionale delle Attività sportive a cui, da Gennaio 2025, si aggiungerà l’obbligo di apertura della partita iva. 

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