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Il doping non è solo sostanze proibite, anche la tecnologia può alterare il risultato di una competizione sportiva

Lo abbiamo chiesto all'avvocata Deborah Napodano consulente in ambito di diritto sportivo nonché vice coordinatrice di Aias regionale

Il doping non è solo sostanze proibite, anche la tecnologia può alterare il risultato di una competizione sportiva

All'inizio degli anni 2000 vennero introdotte tute da nuoto realizzate con materiali innovativi come il poliuretano, e furono a lungo oggetto di controversie nel mondo del nuoto agonistico. Questi costumi riducevano l'attrito con l'acqua e miglioravano la galleggiabilità, consentendo ai nuotatori di ottenere prestazioni significativamente superiori. A causa di questo impatto, molti critici iniziarono a considerarle una sorta di "doping tecnologico", poiché il vantaggio che offrivano alterava la competizione e metteva in discussione la parità tra gli atleti. Nel 2010, la FINA decise di vietare l'uso delle tute in poliuretano, ristabilendo l'uso di costumi in tessuto più tradizionali.

L’uso della tecnologia può quindi contribuire al miglioramento della prestazione sportiva di un atleta compromettendo la correttezza della competizione stessa? Esiste quindi un doping tecnologico e che differenza c’è da quello tradizionale?

Lo abbiamo chiesto all'avvocato Deborah Napodano vice coordinatrice regionale di AIAS (Associazione Italiana Avvocati dello Sport)

«Iniziamo per gradi, certamente si può affermare che il doping tradizionale è quello regolamentato e sanzionato dalla WADA, purtroppo spesso ne sentiamo parlare, in questo caso, gli atleti fanno uso di sostanze, farmaci che favoriscono fisicamente l’atleta durante la competizione sportiva, mentre nel tecnologico, la performance è migliorata attraverso l’uso di strumenti, attrezzatura usati/a dall’atleta nella singola disciplina sportiva.

Non solo la tecnologia può essere foriera di strategia, ma può anche essere fonte di ispirazione e aiutare il livello preparatorio dell'atleta alla competizione che andrà ad affrontare.

Parliamo di tecnologia "wearable" (indossabile) che ha portato grande rivoluzione nello sport, oggi più che mai utilizzata, sempre ed in continua evoluzione. Difatti, l’uso di essa, conduce all’ottenimento di risultati sportivi migliori, rispetto a chi non la utilizza».

E, così si ritorna al quesito sopra formulato, quando può incidere la tecnologia, e poi si tratterebbe di doping ? Di uso o abuso? Oppure, semplicemente uno strumento di performance migliorativo?

«Va detto che, ad oggi, non vi è alcuna disciplina o regolamentazione unitaria che stabilisca i criteri di doping tecnologico, vi sono solo regolamenti, che di volta in volta verificano i fatti e li proibiscono e sanzionano.

Certo è, che l’utilizzo sconfinato dei dispositivi tecnologici all’interno delle gare sportive ha spinto le più importanti leghe internazionali a sancire alcune regole che squadre, atleti e dirigenti devono necessariamente rispettare: la tecnologia, dunque, non è vietata, ma deve rimanere circoscritta all’interno di parametri ben determinati.

Parimenti, si può parlare di doping tecnologico. Così, FIFA (Fédération Internationale de Football Association, la federazione internazionale di calcio), NBA (National Basketball Association, la celebre lega statunitense di pallacanestro), NFL (National Football League, la lega nordamericana di football americano), MLB (Major League Baseball, la lega nordamericana di baseball) e PGA (l’organizzazione che cura il tour statunitense di golf) hanno deciso di fare fronte comune per regolamentare l’uso dei "wearable" durante le gare.

Certamente un numero rilevante di casi evidenzia come a volte l’atleta sia maggiormente avvantaggiato attraverso l’uso di strumenti o attrezzature o abbigliamenti sportivi, che gli permettono di partire da un livello superiore, rispetto agli avversari in una qualsiasi competizione sportiva».

Ma anche questo è doping tecnologico? O, invece siamo dinnanzi soltanto ad un uso calibrato della tecnologia messa a servizio dello sport, al solo fine di eccellere una prestazione sportiva già di altissimo livello?

«Occorre fare una distinzione, perché esiste una parte di tecnologia molto utile all’atleta, che ne fa uso durante la sua preparazione sportiva, e della quale, non se ne potrà più fare a meno di utilizzarla.

La capacità fisica dell’atleta ha una sua importanza nello sport, ma attorno allo stesso, vi sono una serie di figure professionali, necessarie ed indispensabili ai fini della sua preparazione, lo staff medico, il nutrizionista, il preparatore mentale, l’allenatore ed altri ancora.

Questo comporta che il team di riferimento, attraverso l’uso della tecnologia, acquisisce maggiori informazioni e dati tecnici in riferimento alla modalità di allenamento dell’atleta più adeguata, apportando, di fatto, qualità di movimenti fisici e grandi risultati sportivi.

Questa nuova metodologia, fa sì che ogni sportivo sarà in grado di superare le sue criticità, attraverso un sistema personalizzato di allenamento.

L’uso della tecnologia pone in ogni caso, su di un piano di forza, abilità, energia stato di benessere tale, che l’allenamento e la potenza, ne traggono beneficio, consentendo all’atleta di allenarsi nel modo migliore traendo un’eccellente prestazione sportiva.

In alcuni casi, in sede di allenamento gli atleti utilizzano sensori tecnologici, che trasmettono in EMG e inviano traccia dei dati all’APP di riferimento, permettendo di evitare grandi infortuni, che comporterebbero invece stati di fermo e notevole disagio emotivo-psicologico, oltre che fisico.Per quanto riguarda, invece, l’uso della tecnologia, non al “buon uso”, ma a quello, se vogliamo dire, forse di natura maggiormente “strategica/illecita”, il confine di riferimento non è sempre di facile comprensione, in tal caso, ciascun organismo sportivo, nazionale o internazionale di riferimento, ha il diritto-dovere di verificare la liceità e regolarità dell’attrezzatura/strumentazione, se lo sport praticato lo richiede.

Ad esempio, nel caso dell’automobilismo (l’uso di strumenti e tecnologie a bordo dell’auto), o del ciclismo (l’uso di motorini nascosti nella bicicletta), o piuttosto, la scherma (l’uso di giubbetti tecnici di differenti brand, che usano ad esempio tecnologie diverse quando vi sono le stoccate negli assalti), o per il tennis, (l’uso di racchette e scarpe a tenuta particolare rispetto al campo di giocata), per il basket (l’uso di scarpe che danno un vantaggio ingiusto nell’elevazione).

In definitiva, ogni organismo sportivo ha il compito di controllare, valutare quanto l’uso della tecnologia possa influire sulla prestazione sportiva, alterando e/o sfalsando il risultato di gara, ed intervenire con limitazioni, precisazioni volte a rendere equa e giusta la competizione, intervenendo, se del caso, attraverso la denuncia dei fatti agli organi di Giustizia Sportiva.

Possiamo affermare che, più lo strumento/mezzo è necessario alla competizione sportiva, maggiormente la Federazione avrà maggiore attenzione.

Un esempio, è quello offerto dall’Unione Ciclistica Internazionale, che ha ideato un nuovo sistema “anti doping tecnologico”, attraverso un tablet ed un adattatore, si appura, a bici ferma, se nel telaio di una bicicletta, ci sia o meno un motorino, il sistema crea un campo magnetico ed intercetta la presenza di materiale ferroso, come un motore o altro simile, all’interno della bicicletta».

Normare e regolarizzare in via generale e uniforme attraverso una disposizione, un precetto garantirebbe certamente maggiormente ciascuna categoria sportiva.

«L’obbiettivo principe resta unicamente quello di provvedere a regolarizzarne l’uso attraverso norme specifiche da inserirsi all’interno dei Regolamenti delle discipline sportive, che non prevedono i materiali per i quali le attrezzature devono essere realizzate, e così per ciascuna disciplina sportiva, facendo estrema attenzione agli sport, ove l’uso della tecnologia è parte integrante».

Per saperne di più Deborah Napodano vice coordinatrice regionale dell'Associazione Avvocati dello Sport sede del Piemonte

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